Presentazione del libro “Caccia al Ladro a Venezia” di Chiara Padovan all’Hotel Carlton di Venezia il 18 dicembre

Venezia, 10 dicembre 2021 – Una commedia romantica e divertente, perfetta per la trama di un film, ambientata a Venezia, che vede due amanti alle prese con un fantomatico ladro di gioielli. Dopo “Primo bacio a Venezia”, la scrittrice Chiara Padovan torna a far sognare in particolare il pubblico femminile con il libro “Caccia al ladro a Venezia”, un altro intrigante episodio della storia d’amore tra Sissi e Sergej, pubblicato da Libromania (un marchio di DeA Planeta Libri), che l’autrice verrà a presentare all’Hotel Carlton On The Grand Canal di Venezia sabato 18 dicembre alle 17.30.

La protagonista dei romanzi di Chiara è Silvia De Santis, per tutti Sissi, una quarantenne veneziana di Cannaregio, aspirante scrittrice e cuoca tremenda, che lavora in un’importante agenzia di comunicazione. Per caso (o forse no) intreccia una storia d’amore con un giovane misterioso miliardario russo con il quale, nel secondo romanzo, condividerà un’avventura sulle tracce di un ladro di gioielli. Ma anche Venezia, con i suoi palazzi e le sue fondazioni artistiche, è una co-protagonista. Il genere a cui l’autrice si ispira è “Bridget Jones” o “I Love Shopping”: una scrittura leggera, sciolta, carica di quell’ironia che rispecchia il carattere  di Chiara, ma che, al contempo, contiene riflessioni, come l’importanza delle amicizie, di sostenere i nuovi talenti, di recuperare cose che si stanno perdendo, ad esempio la scrittura a mano.

L’evento è ospitato dall’ Hotel Carlton in the Grand Canal. Affacciato sul Canal Grande, l’Hotel Carlton è la destinazione ideale per un’indimenticabile vacanza a Venezia. Proprio di fronte alla Stazione di Santa Lucia, vicino a Piazzale Roma, è facile e comodo da raggiungere. La sua eleganza sa incantare i suoi ospiti tra colori pastello, stucchi veneziani e appliques in vetro di Murano. Tutte le sue 145 stanze sono decorate in stile settecentesco veneziano e sono dotate di ogni più moderno comfort.

Il Ristorante La Cupola offre menu tipici veneziani e stagionali, preparati con ingredienti del territorio. Il Carlton Cafè offre la possibilità di degustare ottimi drink, stuzzichini e snack. Fiore all’occhiello dell’hotel è la sua splendida terrazza panoramica, la Top of the Carlton Sky
Lounge & Restaurant, situata al quarto piano, ideale per feste, concerti, eventi mondani, ma anche per una splendida
serata romantica con vista Canal Grande.

Chiara Padovan è una giornalista che vive a Bassano del Grappa (VI), già autrice di testi, anche per bambini e ragazzi, che ama incondizionatamente la città di Venezia fin da quando era bambina. A Venezia non ha mai vissuto e non vi ha studiato (ha studiato Scienze politiche all’Università Cattolica di Milano), ma non fa passare una stagione senza tornarci e visitare ogni suo sestiere.

 

INFORMAZIONI EVENTO:
Presentazione del libro “Caccia al Ladro a Venezia” di Chiara Padovan
Sabato 18 dicembre 2021 ore 17.30
Hotel Carlton On The Grand Canal – Venezia
Ingresso su prenotazione, scrivendo a ufficiostampa@extralabcomunicazione.it.

Ufficio Stampa
Extra Lab Comunicazione
Elena Ferrarese
m. +39 349 6393917
ufficiostampa@extralabcomunicazione.it

‘Il buon selvaggio’: perché l’uomo post-moderno non può riscoprirsi uomo primitivo

La figura del “buon selvaggio” è stata oggetto di moltissimi studi da parte di filosofi e letterati che hanno cercato di comprendere chi fosse realmente l’uomo primitivo protagonista del Romanticismo e dell’Illuminismo, e quale fosse il suo ruolo all’interno della società.

Il buon selvaggio, in estrema sintesi, è l’espressione vivente di un’umanità senza civiltà, e dunque felice, i cui tratti caratterizzanti sono la generosità, l’innocenza, il vivere in armonia con la natura e la saggezza spontanea. L’uomo primitivo nasce buono, conduce un’esistenza senza impedimenti e non conosce le catene della morale e i lacciuoli del progresso che tutto corrompe.

Tuttavia questo idillio, che prende il nome di stato di natura, verrà messo in discussione con la nascita della società: l’uomo d’ora in avanti non potrà più tendere all’autoconservazione ma dovrà necessariamente confrontarsi con i suoi simili all’interno di un perimetro sociale. A cosa porterà tutto ciò?

Arrivati a questo punto, filosofi e letterati si dividono: per Thomas Hobbes l’essere umano, che vive a contatto con la natura, è mosso dai più biechi istinti poiché l’unica legge esistente è quella (tacita) del più forte, e perciò è obbligato a combattere contro i propri simili per la sopravvivenza.

L’unico modo per superare il “bellum omnium contra omnes” è sottomettersi a una guida sociale e politica forte: il Leviatano. Di tutt’altro parere Rousseau, che invece esalta lo stato di natura dove libertà e uguaglianza convivono insieme, una sorta di Eldorado in Terra che però non esiste più.

Ora l’uomo “è ovunque in catene”, metafora delle costrizioni della morale e della civilizzazione di cui fa parte il progresso, e l’unico modo per spezzarle passa attraverso l’adesione a un patto sociale che lo porterà a divenire membro di quel corpo politico, fatto di persone, che sarà per lui garante di massima libertà e prenderà il nome di “volontà generale”.

La figura del buon selvaggio: l’insegnamento di Voltaire e di Sun Tzu

Anche Voltaire, autore conosciuto dal grande pubblico per l’opera intitolata “Candido”, racconto filosofico e romanzo di formazione che tratta anche tematiche disimpegnate come l’amore platonico tra il protagonista Candido e Cunegonda e il ruolo della Fortuna, si interroga su chi sia realmente il buon selvaggio arrivando alla conclusione che egli è semplicemente l’uomo libero anche se non civilizzato.

Tale considerazione lo avvicina molto a Rousseau, che può essere considerato alla stregua di un padre putativo del mito del buon selvaggio. Il contributo di quest’ultimo, come abbiamo visto, è fondamentale nel raccontare ed esaltare una figura di uomo molto lontana da quella occidentale-illuminista dei suoi tempi, dove il progresso, che tutto corrompe, è la vittoria della ragione.

Sono passati più di 200 anni dall’età dei lumi e la società odierna è molto diversa da quella di allora, eppure a distanza di così tanto tempo varrebbe comunque la pena di interrogarsi, come fecero Hobbes, Rousseau e Voltaire, sul buon selvaggio.

Dopo aver compreso il pensiero di questi grandissimi autori, ovviamente non gli unici a porsi domande fondamentali sull’uomo – per esempio Sun Tzu nella sua celeberrima opera “L’arte della guerra”, ancora oggi attualissima, descriveva l’uomo quale essere illuminato solo se consapevole della sua natura e della natura della contingenza  – è giunto il momento di vedere se c’è spazio per il buon selvaggio anche ai giorni nostri.

La società post-moderna dell’incertezza e del rischio

photo by Pixabay

L’uomo dei giorni nostri nasce e cresce all’interno di quella che potremmo definire la “società post-moderna dell’incertezza e del rischio”, i cui squilibri socio-economici lo spingono verso un’”alienante individualizzazione”, che si traduce in un isolamento forzato che lo porterebbe a desiderare di vivere un eterno passato utopico frutto della sua (fervida) immaginazione.

In questo clima di generale insicurezza, che interessa la quasi totalità degli ambiti dell’esistenza umana, dal lavoro passando per l’amore e l’amicizia, ognuno pensa solo a sé stesso, e tutto ciò è acuito da quel processo di disembedding, ovvero di sradicamento dei rapporti sociali che vengono ricostruiti lungo archi spazio-temporali indefiniti e globali, che genera ancor più smarrimento. Se questa, in breve, è l’odierna condizione dell’uomo, oggi può esistere un buon selvaggio?

La risposta è no: il buon selvaggio come definito da Hobbes, Rousseau e Voltaire oggi non esiste più, e se anche esistesse assomiglierebbe più che altro a un asceta in grado di reggere sulle proprie spalle il peso di un mondo complesso e a tratti incomprensibile. Difficile. Come è lontana l’età dell’oro in cui l’uomo aveva a che fare con la libertà!

 

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