E poi c'era lei. Carina. Molto carina. In quel Gruppo '63. In quella foto affollata di teste che sarebbero diventate note e con il vecchio Ungaretti davanti alla torta: "Eravamo nati a un giorno di distanza l'uno dall'altra. Festeggiammo insieme i compleanni. Ungaretti era lì. Con l'immancabile basco. Non spaesato. Sordo e inguaribilmente incazzato. Mio Dio, pensai, ora prende la torta e la lancia contro qualcuno", ricorda Carla Vasio. Sì, Ungaretti poteva essere imprevedibile. Quello che non si capisce è perché delle donne che hanno partecipato al Gruppo '63 non si parla mai. La Vasio è una signora fine, con un bel libro di memorie pubblicato da poco ( Vita privata di una cultura, Nottetempo) - e ci si aspetta una risposta risentita, rancorosa. E invece è ironica: "Forse non gliela davamo. O forse pensavano di essere solo loro i protagonisti di questa scena che è durata alcuni anni e molto ha svecchiato nella cultura italiana".
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Un approfondimento, ricco di aneddoti, dedicato al lato meno noto di Cesare Pavese dove, in parallelo con la propria scrittura, lo si vede intento a organizzare quella degli altri dalla scrivania di una casa editrice, l'Einaudi degli inizi. Allora come ora, un editor di narrativa poteva avere ogni tanto la tentazione di ribellarsi. Se poi si chiamava Cesare Pavese, immensa capacità di lavoro e carattere virante al brusco, poteva anche scrivere, nel primo dopoguerra, una lettera di questo tenore a qualche incauto: “Caro signore, ricevendo noi molte proposte, abbiamo dovuto sviluppare un sesto senso, e così fiutare l’ingegno e le capacità di uno scrittore dal suo tono epistolare. Il suo ci pare non prometta nulla di buono. Per ciò non dia corso all’invio dei manoscritti”.
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Personalità eccentrica, Aldo Palazzeschi ha rappresentato uno dei primi motivi di rottura nella letteratura italiana di inizio novecento. Nonostante il suo nome sia legato prevalentemente ad opere riguardanti il filone futurista, non risulta esauriente incardinare Palazzeschi in un'unica categoria di appartenenza.
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