‘Tondelli: scrittore totale’. Il saggio di Sciltian Gastaldi sul dirompente Pier Vittorio Tondelli

Secondo una periodizzazione perlopiù accettata, nell’ambito della narrativa italiana si è avuto un punto di svolta databile al 1980: di là da questo ideale spartiacque si situa la tradizione novecentesca, di qua la fase che a tutt’oggi stiamo vivendo.
Se si assume senza troppa rigidità la categoria di nuova narrativa italiana è certamente opportuna a descrivere un insieme di cambiamenti avvertibili per la prima volta, in particolare, nelle opere di giovani scrittori. Tra di essi, ha interpretato un ruolo fondamentale Pier Vittorio Tondelli (1956-1991), il cui libro d’esordio Altri libertini  (romanzo politico, manifesto di una nuova generazione) viene solitamente considerato, a ragione, come una delle opere che maggiormente ha influenzato gli sviluppi successivi della narrativa.
Acuto osservatore dei più vari aspetti della creatività giovanile, Tondelli ha tracciato con gli scritti poi raccolti in Un weekend postmoderno
una mappa dettagliata di tutte le manifestazioni estetiche dei suoi tempi (dalla letteratura alla musica, dal cinema alle arti figurative, fino ai fumetti e ai videogiochi).
Ma cosa si sa davvero di Tondelli e della collocazione delle sue opere nella storia della letteratura? Come analizzare correttamente la sua figura letteraria? La ricerca del docente e saggista Sciltian Gastaldi, docente, giornalista professionista (L’Inkiesta) e romanziere, che ha dato alla luce il saggio Tondelli: scrittore totale. Il racconto degli anni Ottanta fra impegno, camp e controcultura gay, edito da Pendragon, ha portato ad un’operazione culturale oltre che che critico-letteraria, la quale mette in atto in modo scientifico la contestazione della vulgata dei due ciclopi, la critica cattolica e la critica marxista, che hanno erroneamente visto in Tondelli il cantore del disimpegno, autore blasfemo per poi essere presentato come scrittore toccato dalla Grazia?
Sciltian Gastaldi parte giustamente dall’analisi delle opere di Tondelli, avvalendosi di una vasta ed eterogenea bibliografia per la ricostruzione del dato biografico, condotta anche mediante sopralluoghi negli ambienti tondelliani, la raccolta di testimonianze orali e dello studio della biblioteca privata di Tondelli.
La tesi proposta dall’autore è che le opere di Tondelli si distinguono in primo luogo per la caratteristica dell’impegno, giocato su diversi livelli: letterario e contenutistico, contro le omologazioni imperanti dei classici e della narrativa consumistica o edificante degli anni Ottanta; linguistico sperimentale, contro il canone delle belle lettere, facendo propria e aggiornando la lezione di Arbasino; culturale, contro il conservatorismo perbenista che avversa ogni controcultura giovanile; politico, in senso non ideologico e soprattutto sociale, contro  l’omofobia e l’emarginazione, temi di gran moda al giorno d’oggi più che mai, ma che Tondelli non voleva cavalcare.
Tondelli stesso, nelle interviste, è scettico nei confronti di categorie quali la “letteratura gay” e teme che la propria opera non venga apprezzata con il solo criterio del valore letterario. Giulio Iacoli ha parlato in questo caso di «crisi di disidentificazione», ricordando che «le dichiarazioni autoriali non possono avere per noi un mero effetto impediente, di fissazione del dicibile entro territori verificati e prescrittivi». È infatti il testo stesso, con il suo ritornare in modo così insistito sul tema, a imporre alla critica di affrontare l’omosessualità, non solo come tema, ma come fattore costitutivo di una poetica.
L’omosessualità è nei contributi critici di studiosi che vivono all’estero, il tema principale attraverso il quale l’opera di Tondelli ha suscitato interesse. Il testo più frequentato dalla critica, è l’ultimo romanzo dell’autore, Camere separate, in cui la storia d’amore tra i personaggi di Leo e Thomas è il caposaldo attorno al quale è costruito l’intreccio. Come notato da Olga Campofreda, con l’eccezione di Camere separate, vi è però, generalmente, un vuoto critico intorno alle restanti opere di Tondelli.
Vuoto critico che Gastaldi ha contribuito a colmare in modo soddisfacente e puntuale, il quale ci consegna un Tondelli nella cui formazione i suoi referenti sono stati il cinema, la televisione, il fumetto, e tutta la mitologia legata ai personaggi del pop, del rock, non tanto i discorsi intellettuali. Ci consegna un Tondelli la cui scrittura basata sulla messa in scena dei linguaggi giovanili (spesso purtroppo liquidate dispregiativamente come giovanilistiche) è stata spesso fraintesa dalla critica, con l’accusa di spontaneismo, vale a dire di un’insufficiente elaborazione stilistica che sarebbe alla base di testi privi di dignità letteraria.
Gastaldi mette anche in guardia dal pericolo che porta a credere che basti avere qualcosa da raccontare, e che non serva un lavoro sulla forma. Viceversa, urge riscrivere, analizzare, rifare, per arrivare a qualche risultato, soprattutto se si vogliono raggiungere l’immediatezza e la freschezza, obiettivi faticosi da raggiungere e non spontanei, come si può pensare nel caso di Tondelli.
Il saggio di Gastaldi ci mostra un Tondelli che è più decadente che avanguardista e ha capito che i luoghi esistono fino a quando uno scrittore li scandaglia con ostinazione: lo scrittore di Correggio infatti riusciva a scrutare la costa americana dalla riviera romagnola, “detrashizzandola”, allontanandola dall’immaginario collettivo di pellicole come Rimini Rimini e Abbronzatissimi.
L’autobiografismo di Tondelli si muove dal privato all’impegno sociale, descrivendo situazioni e sensazioni che hanno quindi valore universale e dunque letterario, e a tal proposito Gastaldi distingue almeno due livelli nel corpus tondelliano, uno “positivo” e uno “negativo”. Il primo f riferimento in particolare ad Altri libertiniPier a gennaio e Camere separate. In queste opere l’autore passa in rassegna emozioni, situazioni, sentimenti da lui vissuti, per dare loro una valenza universale.
Il secondo tipo di autobiografismo presente in Tondelli è quello che Gastaldi chiama “fisico-pedissequo” ed è utilizzato ne Il diario del soldato Acci, in Dinner Party, in Rimini e, anche se il discorso a riguardo è molto più complesso, anche in Pao Pao. In questi lavori l’autore tende a plasmare la maschera dei suoi personaggi per farla aderire alla propria, rimanendo così prigioniero delle proprie esperienze. In questo modo i personaggi risultano tutti un po’ simili tra loro.

Gastaldi presenta inoltre un Tondelli che bramava un confronto aperto tra scrittura e critica, avendo con essa un rapporto difficile. Critica che si è sempre più arroccata su se stessa incapace di un dialogo con la scrittura che l’hanno resa pressoché insignificante, faziosa e inattendibile.

Per quanto concerne la controcultura gay, è importante sottolineare come Tondelli non legga l’omosessualità in termini ideologici e neppure identitari, come oggi si tende a fare in concomitanza con la questione diritti civili, dimenticando quelli sociali. Tondelli è contrario a una riduzione della complessità della persona alla dimensione della sessualità che non può diventare l’unico elemento per cui una persona si identifica per ciò che è, rischiando l’auto-ghettizzazione.

La produzione letteraria di Tondelli è strettamente legata agli anni Ottanta: lo slang giovanile subisce trasformazioni in tempi molto rapidi, per cui il linguaggio giovanile dei tardi anni Settanta e dei primi anni Ottanta che si trova in Altri libertini o in Pao Pao non è più attuale. Tuttavia il ritmo di Tondelli è talmente incisivo, che ancora oggi Altri libertini e Pao Pao risultano comprensibili e freschi, al di là delle mutazioni linguistiche.

Gastaldi infine ci fa capire quanto la logica commerciale fosse del tutto estranea all’operazione di Tondelli, acuto osservatore sociologico mentre oggi essa sembra quella che domina gran parte dell’editoria.

Tondelli: scrittore totale rifugge dai paludati accademismi tipici di tanti saggi, e appare come un’opera al passo con i tempi rimettendo al centro del dibattito Pier Vittorio Tondelli, sia quello sbarazzino che spirituale, cercando di allargare il discorso tenendo in considerazione gli studi in precedenza svolti su Tondelli, il  cui “giovanilismo” è condizione esistenziale (tenendo anche conto che lo scrittore scomparve a soli 36 anni),  prediligendo quelli che si sono soffermati sulla dimensione impegnata di Tondelli, dinamica, vagabonda, energica. A questi elementi Gastaldi ne aggiunge uno molto importante per la piena comprensione dello scrittore emiliano, ovvero l’apporto dell‘estetica camp nelle sue opere, che hanno reso Tondelli l’iniziatore della controcultura queer, di quei giovani alla ricerca di qualcosa di diverso e dirompente per sfuggire all’omologazione borghese.

Viene da chiedersi se ci siano riusciti, cosa stia producendo la narrativa “giovanilistica” e la controcultura queer in termini di linguaggio, se non si tratti invece ad un neo-conformismo e neo-imborghesimento grottesco che non ha nulla di trasgressivo e cosa ne avrebbe pensato Tondelli.

 

 

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