La critica tematica e la sua importanza in relazione alla letteratura e ai nuovi campi di indagine

La critica tematica ha rivelato una straordinaria vitalità nella seconda metà del 900, tanto che diverse discipline come il folklore, la psicologia, la linguistica hanno manifestato un grande interesse per questo campo di indagine. L’attenzione per questo approccio critico è sempre rimasta stabile, il dibattito tra gli studiosi ha seguito due linee: da un lato si è concentrato sul tema in relazione ad altre discipline, come l’antropologia e la psicologia, dall’altro nel corso del tempo l’attenzione si è spostata sulla critica letteraria.

Un importante contributo al dibattito sulla critica è venuto dalla pubblicazione di importanti repertori tematici, come il ‘dizionario dei temi letterari’ che disegna un percorso sia di tipo cronologico, che basato un approccio tipologico, seguendo un criterio che mira ad evidenziare una serie di connessioni all’interno del quale il tema vive e si evolve.

Negli anni 90 Sollors si è fatto portavoce della necessità di un ritorno alla critica tematica, il suo interesse è dovuto all’attenzione rivolta dalla letteratura a nuovi campi di indagine con gli studi culturali e gli studi di genere. Una delle tendenze più recenti si concentra sul motivo; Cesare Segre ha suggerito il primato del motivo sul tema, per Segre tema e motivo sono presenti in un testo, essi possono essere parole, frasi o gruppi di frasi che intuiscono un significato autonomo. Ciò non vuol dire che tema e motivo sono sinonimi. tra gli anni 80 e 90 del 900, un avvicinamento tra l’estetica e la critica letteraria, che ha portato un nuovo interesse per l’autore e l’opera, si è assistito a una nuovo modo di vedere la tematica umanistica, che riprende la tradizione degli studi sul mito, il simbolo e il linguaggio. Questa nuova corrente ha sfruttato gli incontri con la semiotica, la linguistica e la biologia.

La tematica umanistica considera il tema un concetto carico di significato inserito in una rete di rapporti testuali, sociali e culturali alla quale discipline come la biologia e l’antropologia danno un contributo significativo. il discorso sulla critica tematica affonda le radici nel passato e conosce importanti sviluppi nel presente. Viene sviluppata una ricerca che ripercorre i temi e i topoi in letteratura, come il tema del Faust o le numerose riscritture di romanzi medievali, come Tristano, o la figura del demonio.

Nella seconda metà del 900 l’approccio tematico è stato al centro degli interessi degli studiosi, non si può dire che la critica tematica sia emersa soltanto in epoca moderna. La letteratura riflette sul significato del tema fin dall’antichità. Nello Ione di Platone, Socrate mette in relazione temi della poesia di Omero con la forma e lo stile della poesia in un confronto implicito con gli altri poeti. Aristotele nella Poetica parla delle tragedie e del loro motivo principale: il riconoscimento. Orazio ne nell’Arte Poetica dice che il poeta deve scegliere il tema da trattare nell’opera e dichiararlo fin dall’inizio. San Girolamo nella lettera a Eliodoro riprende il discorso sul tema e sostiene che è difficile trovare le parole per trattarlo.

Dante nell’Epistola a Cangrande introduce la Commedia con un riferimento al duplice significato, letterale e allegorico, del tema di un’opera. Nel 500 Giambattista Giraldi Cinzio elenca temi, motivi e topoi usati dall’autore Torquato Tasso sostiene che il tema della letteratura sia la vita; anche Goethe spiega l’importanza del tema, dicendo che la materia del poeta viene dal mondo, mentre il contenuto nasce dalla sua mente. Baudelarie sostiene che i temi servono a risvegliare l’attenzione del pubblico.

Distinzione tra critica tematica e tematologia. La tematologia si occupa del raggruppamento analitico dei temi, mentre la tematica riguarda lo studio dei temi. La tematologia ha a che fare con la metamorfosi del tema in testi diversi, la seconda analizza temi che possono rivelare il carattere unitario di un testo. molte difficoltà emergono nei tentativi di dare una definizione di tema, soprattutto per la mancanza di proposte metodologiche omogenee, inoltre a complicare il dibattito si aggiungono tutti i termini imparentati con il tema: motivo, topos, soggetto, simbolo. Ad esempio la distinzione tra tema e motivo è decisamente confusa. La discussione sull’argomento deve molto all’analisi teorica di Tomasevskij che sostiene che il tema di un testo è formato da tanti elementi minori, che a loro volta presentano altri elementi di dimensioni inferiori: i motivi.

Dante Isella e la filologia d’autore

Il critico letterario e filologo Dante Isella nasce a Varese l’11 novembre 1922, da una famiglia della nascente borghesia imprenditoriale, impegnata attività nei primi tempi circoscritta e pionieristica poi, dal dopoguerra, accresciuta nelle dimensioni e nel volume degli affari. Compie gli studi superiori presso il liceo ginnasio Cairoli di Varese e iscrivendosi successivamente alla facoltà di lettere di Milano. Ben presto la guerra lo conduce lontano: va in Svizzera e poi a Friburgo. Qui incontra Gianfranco Contini, il suo unico riconosciuto maestro, che gli lascerà il ricordo di un’esperienza esplosiva e fondamentale. A Friburgo incontra anche gli amici che furono poi i compagni di tutta una vita: Giorgio Orelli, Luciano Erba, Romano Broggini, Adriano Soldini e Giansiro Ferrata; durante l’anno passato in Svizzera lavora alla tesi di laurea su la lingua e lo stile di Carlo Dossi.

Il lavoro di Dante Isella sul poeta dialettale Carlo Porta non è circoscritto alle sole splendide edizioni: la valutazione letteraria del dialetto milanese rimane forse l’acquisizione più importante di questa stagione di studi. Il dialetto portiano non ha nulla di ‘naturale’, non è mimetico della realtà ma la interpreta: esistono vari livelli al suo interno, sovrapposizioni fra lingua e dialetto, fra latino e dialetto, fra francese e dialetto. È un vero e proprio universo stilistico che il critico definisce pastiche portiano.
Isella approda alla carriera universitaria con un incarico al magistero di Parma; nel 1966 inizia a insegnare a Catania come ordinario e nel 1967 è alla facoltà di lettere e filosofia di Pavia. Nel 1972 assunme un incarico presso il Politecnico federale di Zurigo. È accademico della Crusca dal 1988 e dei Lincei dal 1997. Nel 1962 coadiuvato da Niccolò Gallo, Geno Pampaloni e Vittorio Sereni fonda Questo e altro. Dirige inoltre, sin dagli esordi, assieme a Maria Corti, d’Arco Silvio Avalle e Cesare Segre, la rivista Strumenti critici. Nel 2001 fonda I quaderni dell’Ingegnere. Testi e studi gaddiani. Ha diretto anche i Classici italiani di Mondadori dal 1961 al 1993 e, dal 1978, la collana di Testi e strumenti di filologia italiana della Fondazione Mondadori; con Giorgio Manganelli dà vita, nel 1987, presso la casa editrice Guanda, alla collana di classici della Fondazione Pietro Bembo.

Gli interessi culturali di Isella sono molteplici: filologo testuale, prima di tutto, sulle orme di Contini. Ma anche storico della lingua, commentatore raffinato di classici e storico della letteratura. Le linee di ricerca fondamentali nella sua attività possono essere individuate nella particolare attenzione ai processi variantistici, all’interno di ricostruzioni filologiche di tipo stemmatico; un interesse definito e metodologicamente strutturato che arriva a costituirsi in una disciplina autonoma, quella filologia d’autore di cui Isella è stato riconosciuto maestro. L’altro polo centrale dei suoi studi fu la cultura lombarda, la letteratura in italiano e in dialetto nel senso di ‘lombardità’ in accezione più ampia di quella geografica, come valore culturale e soprattutto etico. I nomi che si possono ricordare, oltre a Manzoni e Parini sono quelli di Carlo Dossi, Carlo Emilio Gadda e Vittorio Sereni e in più un milanese d’adozione come Eugenio Montale.

Alla ‘linea lombarda’ dedica i tre fondamentali volumi di storiografia letteraria, pubblicati presso Einaudi I lombardi in rivolta: da Carlo Maria Maggi a Carlo Emilio Gadda (Torino 1984), L’idillio di Meulan: da Manzoni a Sereni e Lombardia stravagante: testi e studi dal Quattrocento al Seicento tra lettere e arti. Carlo Maria Maggi.

Fondamentale anche la tensione etica che Dante Isella individua nei testi di Maggi anche qui il dialetto rappresenta l’espressione autentica di un mondo di profonda moralità. La “lombardità” non è veicolata solo dal dialetto e Isella si dedica anche a scrittori in italiano. Parini e Manzoni fino al Novecento. Nomi grandi ma anche autori minori, funzionali all’individuazione di una linea culturale alternativa a quella dominante “fiorentino centrica” della nostra letteratura. I caposaldi della filologia di Isella su testi lombardi in italiano sono indubbiamente i lavori su Parini su Manzoni e su Gadda.

Lo studio gaddiano soprattutto sugli inediti segna un vero punto di svolta; le dinamiche testuali hanno consentito a Isella di elaborare un modello di apparato mai sperimentato: allo sviluppo del testo narrativo si intrecciano di continuo, sulle stesse pagine, riflessioni di carattere strutturale. Un critico che non abbandona mai la sua ricerca.
Nel 2007 in occasione del conferimento del Premio alla carriera Dante Isella ci tiene a sottolineare che la filologia è un’attività che sarà sempre necessaria pur restando sempre nell’ombra. E così come la filologia lavora restando nell’ombra, sceglie lo stesso per sé quando dice: «Fa anche parte del mio gusto non scrivere più nulla che porti alla disperazione di gente frettolosa. La filologia è lesinare tempo, divenire silenzioso, divenire lento. Non si raggiunge nulla se non lo si raggiunge lentamente. Leggere bene è leggere lentamente, in profondità, lasciando porte aperte, con dita e occhi delicati».

Di Michela Iovino.

Il formalismo russo: l’importanza del linguaggio all’interno di un testo

Sviluppatosi tra il 1914 e il 1915 a Mosca e a Pietroburgo, il formalismo russo rappresenta un’importante ed influente scuola di critica letteraria, inizialmente coniato con intenti denigratori, in quanto volto ad indagare solo l’aspetto formale dell’opera letteraria, non avendo il linguaggio una funzione pratica. In questo senso la letteratura serve esclusivamente a mostrare le cose da un punto di vista diverso, senza badare al contenuto e alla dimensione metatestuale, anticipando cosi le istanze dello strutturalismo. Anzi, è l’artificio, la forma che genera il contenuto, ciò che rende letterario un testo non è la storia della cultura, ma il linguaggio.

I saggi “La Resurrezione della parola” di V. Šklovskij e “Dostoevskij e Gogol” di  Rozanov e J. N. Tynjanov a gettare le basi della scuola futurista che rivendica la funzione creativa della parola che esprime concetti puri. Aspetto centrale della riflessione dei formalisti russi è la contrapposizione tra fabula ed intreccio, la prima indica la storia cosi come è avvenuta, rispettando l’ordine cronologico, l’intreccio, al contrario, è uno degli strumenti più importanti della letteratura e riorganizza la fabula, la rielabora attraverso descrizioni , digressioni, anticipazioni.

Si riscontrano quindi nei testi il protagonista che deve superare molte avversità, l’antagonista, la proibizione, la trasgressione, la conseguenziale punizione  (colpa da espiare), l’estraniamento (concetto proprio di Tolstoj, quando gli avvenimenti non vengono chiamati con il loro nome ma è come se fossero visti e trattati per la prima volta) e di nuovo una trasgressione che porta ad una nuova punizione.

L’intreccio poi ha un “motivo”, come lo ha definito Tomashevsky, che può essere rappresentato da una singola azione; i motivi poi possono essere liberi e legati; i primi non sono essenziali ai fini della storia in sé, dovuti allo stile adottato dall’autore, mentre i secondi sono obbligatori, richiesti dalla storia.

Anche Propp nella sua “Morfologia della fiaba” si occupa  della scissione tra fabula ed intreccio, definendo il concetto di Funzione in riferimento ai personaggi, ovvero l’operato, le azioni del personaggio definite dall’autore stesso. Si distinguono cosi degli elementi variabili, come le caratteristiche fisiche , psicologiche , le qualità morali, gli aspetti caratteriali, e quelli invariabili, ovvero la funzione del personaggio stesso. Propp individua 31 funzioni che saranno poi analizzate anche dal filologo e critico Cesare Segre (la famosa analisi della novella del Decameron di Boccaccio, “Lisabetta da Messina”).

Se Propp ha fatto valere l’esigenza di conoscere l’oggetto fiaba in sé attraverso la morfologia individuando un certo numero di funzioni e le relazioni, la scuola di Bachtin analizza la struttura linguistica dei testi letterari, soffermandosi sulla loro natura ideologica in quanto segni sociali opponendosi quindi a linguisti come Saussure e alla  sua concezione astratta e sincronica della lingua. Secondo Bachtin poi tutto è dialogico, vista la pluralità dei significati.

 

Caratteristiche della critica contemporanea

La critica contemporanea si è orientata molto verso l’analisi filologica per comprendere il percorso storico-creativo dell’opera di cui i massimi rappresentanti sono: Salvatore Battaglia, Vittore Branca, Lanfranco Caretti, Dante Isella, Giorgio Petrocchi; e verso quella linguistica rinnovata da Saussure tramite il metodo e il concetto di lingua come sistema e da Jakobson tramite la funzione  poetica del linguaggio. Tuttavia non si può analizzare la critica contemporanea senza partire dagli elementi del pensiero di Benedetto Croce scaturiti nel Novecento per cui l’arte è autonoma ed è impossibile concepire la natura di un’opera al di fuori di essa, concetto che se da una parte ha eliminato i giudizi morali e modelli letterari fissi, avendo fortuna presso i post-crociani, dall’altra non ha costruito un metodo preciso.

Si avverte l’esigenza di una critica idealista per dare concretezza alle teorie crociane  che si incontrano con il marxismo per opera di Antonio Gramsci che rifiuta il concetto di autonomia dell’arte e  non distinguendo più tra teoria e prassi; e di Marx e Engels i quali concepiscono l’arte come una forma di ideologia.

Molta influenza ha poi la scuola del “formalismo russo” che vede tra i suoi massimi esponenti Vladimir Propp con la sua “Morfologia della fiaba”dove viene attuata per la prima volta la divisione tra fabula ed intreccio.

Durante il periodo staliniano nasce “il realismo socialista” di Zdanov che promuove i valori del comunismo ma contro i quali si scaglia il filosofo ungherese Luckàcs che rifacendosi allo storicismo romantico elabora il “realismo critico”

Alberto Asor Rosa invece sottolinea il carattere provinciale e piccolo-borghese della letteratura italiana tra Ottocento e Novecento: ma di certo nomi come Verga, Montale, Gadda non sfigurano affianco ai Kafka, Proust o Musil.

Particolare attenzione merita  la critica semiologica attuata da Eco, da Peirce e da Bachtin, da Segre contro lo strutturalismo formalistico per un’analisi delle varie forme dei codici letterari unita allo studio sociologico e antropologico.

Un discorso a parte merita il critico Giacomo Debenedetti che con il suo metodo/non metodo spaziando dalla psicoanalisi alla sociologia, dall’arte alla fisica, dall’antropologia alla musica e al cinema, rappresenta un caso molto particolare, da riscoprire nel panorama della critica letteraria.

 

 

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