La forza della mafia è direttamente proporzionale alla fragilità e all’incapacità delle istituzioni; questo lapidario concetto emerge dalla lettura del libro- conversazione con Antonio Nicaso (tra i massimi esperti di ‘Ndrangheta al mondo e storico delle organizzazioni criminali), “La malapianta” del magistrato calabrese antimafia Nicola Gratteri (Gerace, 22 luglio 1958).
Tra i magistrati più conosciuti della DDA, Gratteri è in prima linea nella dura lotta alla ‘Ndrangheta, la criminalità organizzata calabrese, e per questo vive sotto scorta dal 1989; nel 2009 è stato nominato procuratore aggiunto della Repubblica. Solo un mese fa, per il nuovo Governo Renzi, si era fatto con una certa insistenza il suo nome per la carica di Ministro della Giustizia che però alla fine è stata affidata ad Andrea Orlando.
Già con “Fratelli di sangue” e “La mafia fa schifo”, Gratteri aveva dato prova di particolare cura e meticolosità per quanto riguarda l’aspetto storico-geografico della criminalità organizzata calabrese, una vera e propria mappa antropologica che scava dentro l’animo e la mentalità dei mafiosi; ne “La malapianta”il magistrato prosegue la sua indagine su questo fenomeno fondato su liturgie, alleanze di potere, rapporti massonici, religiosità, onore, codici “morali” ma concentrandosi soprattutto sulla portata internazionale della ‘Ndrangheta e sul rapporto perverso che intercorre tra quest’ultima e la politica corrotta.
La famiglia e soprattutto le donne che fomentano la collera dei loro uomini rappresentano la scorza durissima dell’organizzazione criminale calabrese, di questa malapianta resa fertile negli anni dalle purtroppo famose e lontane stagioni di sequestri di persona, dalla capillare espansione in Italia e all’estero (non a caso i mafiosi si definiscono degli “imprenditori”), di infiltrazioni negli appalti, e ovviamente di collusioni con la politica, considerata purtroppo una mafia istituzionale, l’altra faccia della “piovra”.
Momento cruciale è stato senza dubbio la strage di Duisburg, la ‘Ndrangheta ha attirato su di sè i riflettori di tutto il mondo, alla domanda di Gratteri su chi avesse deciso che bisognava smetterla con quella faida che si era protratta sino in Germania, Nicaso risponde: <<Dopo la strage i boss più importanti della ‘Ndrangheta si sono riuniti a Polsi, in occasione della festa della Madonna della Montagna. Da un’indagine a Seminara, siamo venuti a sapere della presenza a Polsi, in qualità di pacieri, delle famgle Alvaro e Gioffrè. Da sms inviati da persone oggetto di indagini a San Luca abbiamo avuto conferma della pace che era stata siglata dai clan coinvolti nella faida.Gente che prima aveva paura di mettere il naso fuori dall’uscio ha cominciato a farsi vedere in giro, senza timore di essere ammazzato>>.
L’ aspetto che più di tutti colpisce e scuote le nostre coscienze, a parte, naturalmente, quello umano e personale del grande magistrato quando si racconta alla giornalista Paola Ciccioli, è la citazione letteraria con cui Gratteri spiega cos’è la mafia, e che non deve essere combattuta, come sosteneva anche Sciascia, sulla scia dell’emotività, quando siamo davanti ad una tragedia e, a quel punto, non si può fare a meno di intervenire (la politica ha fatto questo). Ne riportiamo un passo:
La ‘Ndrangheta raccoglie in sè la religione della famiglia, espressa chiaramente ne “I Malavoglia” di Verga, che è sempre stata al centro del modo di essere del calabrese, come del siciliano. Ciò che conta è il legame di sangue, il senso del clan familiare. Come ha scritto Silvia di Lorenzo, “lo Stato è un padre nemico e castrato, di fronte alla Madre.mafia fallica e onnipotente, i cui figli non riconoscono il diritto, ma il legame di sangue, non la legge paterna, impersonale e uguale per tutti, ma la fedeltà di stampo materno […].”
E in Italia i diritti sono stati trasformati in favori , sistema che ci contraddistingue dalla società mitteleuropea..tutto torna, purtroppo.
Nicola Gratteri combatte ogni giorno questa guerra, tra miti da sfatare,uno su tutti il famigerato codice d’onore che vuole che bambini e donne siano intoccabili, (ma la mafia non guarda in faccia a nessuno, in realtà) e clientelismo, non ha mai voluto lasciare la sua terra, e in questo libro è riuscito a trovare parole di speranza e di amore per la parte onesta e bella della sua terra. L’uomo che al telefono invece di rispondere “Pronto?” risponde “Chi è?”, e questo la dice lunga sulla sua storia personale, che ha sempre odiato i prepotenti, che non si è mai pentito della sua scelta, afferma con fermezza la necessità di lottare contro questo fenomeno con forti mezzi: il carcere duro, la confisca dei beni, l’impegno delle istituzioni, la riapertura dei penitenziari sulle isole di Pianosa, Favignana, l’Asinara, Gorgona, chiusi dopo le stragi di Palermo, migliorare l’attuale legislazione antimafia.