Metrica: verso, strofa e rima

La metrica studia la forma di una poesia che ne determina il ritmo; si decide in base alla lunghezza, al tipo dei versi, di strofa e di rima. Si distinguono: la metrica quantitativa, comune alla lingua greca e latina, in cui si utilizza l’alternanza di sillabe lunghe e brevi (fondamentale è il concetto di quantità, ossia di durata di un suono, vocalico o consonantico, di un dittongo o di una sillaba); la metrica ritmica, dove il criterio base è l’accento e si sfrutta l’alternanza di sillabe toniche e atone, e il numero delle sillabe.

Il verso è la sua unità ritmica minima di lunghezza variabile, è formato da sillabe, unità minime di realizzazione sonora del linguaggio; abbiamo quindi il verso piano (accento sulla penultima sillaba), sdrucciolo (sulla terzultima) e tronco (sull’ultima).

ll ritmo della lettura (cadenza musicale che caratterizza il verso) è dato dagli accenti più forti,il tipo di verso, più che dalla lunghezza in sillabe è definito soprattutto dalla posizione degli accenti forti al suo interno. Si hanno in questo modo i seguenti tipi di versi:

il monosillabo (una sillaba) formato da una sillaba;

il bisillabo (due sillabe) con l’accento ritmico sulla prima sillaba;

il trisillabo (tre sillabe) con l’accento ritmico sulla seconda sillaba;

il quaternario (quattro sillabe) con accenti sulla prima e sulla terza sillaba;

il quinario (cinque sillabe) con accenti sulla prima, seconda e quarta sillaba;

il senario (sei versi) con accenti sulla seconda e sesta sillaba;

il settenario  (sette versi)che ha il primo accento ritmico mobile mentre il secondo accento è fisso sulla sesta sillaba;

l’ottonario (otto versi) con accenti sulla terza e sulla settima sillaba;

il novenario (nove versi) con accenti sulla seconda, quinta e ottava sillaba;

il decasillabo (dieci versi) con accenti sulla  terza, sesta,  e nona sillaba;

l’endecasillabo (undici versi) con un solo accento obbligato sulla decima sillaba ed altri due accenti, fondamentali, mobili e vincolanti, sulla quarta e/o sulla sesta sillaba.

I versi doppi sono invece, versi uguali, in coppia nella stessa riga interrotti da una cesura o pausa. Ad esempio:

Al mìo cantùccio, / dónde non sénto

se nón le réste / brusìr del gràno,

il suón dell’óre / viène col vènto

dal nón vedùto / bórgo montàno:

suòno che uguàle, / che blàndo càde,

come ùna vóce / che pérsuàde.

(G. Pascoli, “L’ora di Barga”, vv 1-6).

Tra le figure metriche si distinguono le figure di vocale e quelle di accento. Le prime comprendono: -l’elisione (o sinalefe): fusione ina una sola sillaba della vocale finale di una parola e di una vocale iniziale della parola seguente. Esempio:

“nel muto orto solingo” (G. Carducci, “Pianto antico”);

episinalefe:  quando la vocale dell’ultima sillaba di un verso si fonde con l’iniziale del verso successivo. Esempio:

in mezzo a quel pieno di cose

    e di silenzio, dove il verbasco

(G. Pascoli, “La figlia maggiore”);

-iato (o dialefe): la vocale finale di una parola e la vocale iniziale della parola seguente formano due sillabe distinte. Esempio:

Gemmea l’aria, / il sole così chiaro (G. Pascoli, Novembre); – dieresi: separazione di due vocali che formano in dittongo , per cui si hanno due sillabe invece di una. Esempio:

con ozï /ose e tremule risate (G. Pascoli, I puffini dell’Adriatico);

-sineresi :è il fenomeno opposto alla dieresi. Esempio:

ed erra l’armonia per questa valle (G. Leopardi, “Il passero solitario”).

Le figure di accento invece sono: – le sistole: quando l’accento tonico di una parola si ritrae verso il suo inizio. Esempio:

quando verrà la nimica podèsta (Dante, “Inferno”, VI, v 96)     – invece di podestà ;

– e le diastole: quando  invece l’accento si sposta alla fine di una parola. Esempio:

abbraccia terre il gran padre Oceàno (U. Foscolo, “Dei Sepolcri”, v 291) – invece di Ocèano .

Vi sono poi  le licenze poetiche, ovvero degli errori voluti dal poeta , come :

protesi : quando si aggiunge una lettera o una sillaba all’inizio di parola;

Epentesi: quando si inserisce una vocale tra due consonanti;

Epitesi o paragoge: quando si aggiunge una sillaba alla fine di una parola (viurtude per virtù);

Aferesi: caduta di una sillaba o di una lettera ad  inizio di parola (guardo per sguardo);

Sincope: caduta di una o più lettere all’interno di una parola (spirto per spirito);

Apocope: caduta di una o più lettere alla fine di una parola (ciel per cielo);

Tmesi: divisione in due parti di una parola, di cui la prima è posta alla fine del verso, mentre l’altra all’inizio o nel mezzo del verso seguente :

(«Tra gli argini su cui mucche tranquilla-

mente pascono» Giovanni Pascoli, “La via della ferrata”).

 

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