“Benvenuti a borgo. Il ri-Scatto sostenibile dei piccoli comuni italiani

Dopo il successo della prima edizione a Bomarzo, ECOmmunity, organizzazione che si occupa di sviluppo sostenibile dei territori, presenta l’edizione 2025 dell’Itinerant smart meeting dal titolo “Benvenuti a borgo. Il ri-Scatto sostenibile dei piccoli comuni italiani“, che si terrà l’8 maggio (ore 9-13) presso Palazzo Doebbing Sutri, antico borgo della Tuscia riconosciuto Bandiera Arancione del Touring Club e associato a I Borghi più Belli d’Italia.

Il convegno, che rappresenta un’occasione di confronto aperta ad associazioni, istituzioni, imprese e università, intende porre un focus su borghi e sostenibilità, binomio inscindibile nelle politiche di crescita nazionali ed europee. L’evento è realizzato da ECOmmunity, con la collaborazione del Touring Club Italiano Bandiere Arancioni e dell’Associazione I Borghi più Belli d’Italia, con il patrocinio di: Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza EnergeticaENIT SpAAnci – Associazione Nazionale Comuni ItalianiRegione LazioProvincia di ViterboComune di SutriUpi – Unione Province LazioUniversità degli Studi della Tuscia. Il convegno è organizzato in partnership con PrimaprintTerme Salus ViterboMama IndustryAzzeroCO2ECO in Città.

L’edizione 2025 si arricchisce di una stimolante novità: il contest fotografico “Benvenuti a borgo. Il ri-Scatto sostenibile dei piccoli comuni italiani“, che dal 18 febbraio al 30 marzo ha invitato appassionati di fotografia di tutta Italia a raccontare l’anima dei borghi italiani. Le opere selezionate saranno premiate ed esposte durante il convegno.

«Il meeting intende rappresentare l’importanza della partecipazione nell’attuazione dei valori della sostenibilità legata ai territori», commenta Simonetta Badiniideatrice e organizzatrice di “Benvenuti a borgo”, che a proposito del concorso fotografico aggiunge: «Il contest, connesso all’evento, nasce proprio per rafforzare tale messaggio, testimoniando come una visione condivisa di futuro possa unire luoghi e cittadini. Sono giunte immagini da tutta l’Italia ed è stata una esperienza davvero entusiasmante e coinvolgente. Il nostro Itinerant smart meeting continua a diffondere contaminazioni positive tra i borghi italiani».

8 maggio: il programma della giornata

Benvenuti a borgo” rappresenta un manifesto culturale per la valorizzazione delle aree interne italiane, come già emerso nella prima edizione dell’Itinerant smart meeting nel 2023 a Bomarzo, dedicata ai borghi di confine. Un’iniziativa che – tappa dopo tappa – unisce cultura, arte, innovazione, turismo sostenibile, favorendo un dialogo partecipato tra gli stakeholder. Sarà un’occasione di incontro tra fotografi, artisti digitali, esperti di sostenibilità, istituzioni e cittadini, per confrontarsi sulle prospettive per il patrimonio culturale italiano. Il convegno si articolerà in diversi momenti coordinati da Simonetta Badini e dal giornalista Marco Gisotti, esperto di green economy, comunicazione e green jobs.

Dopo un’introduzione e i saluti istituzionali, si comincia alle ore 10:30 con il primo panel, intitolato “Sostenibilità sociale, ambientale ed economica: leva strategica per il rilancio dei borghi italiani. Il ruolo centrale delle Associazioni“. Un confronto sull’importanza della sostenibilità come motore per la rinascita dei borghi tra: Giuseppe Roma, Vice Presidente nazionale del Touring Club Italiano, Fiorello Primi, Presidente dell’Associazione I Borghi più Belli d’Italia, e Lubiana Restaini, Coordinatore della Consulta dei piccoli comuni Anci Lazio.

Alle ore 11, il convegno proseguirà con il secondo panel, dal titolo “Rigenerazione e valorizzazione sostenibile dei borghi storici: tra tutela ambientale e innovazione“. Una panoramica delle sfide e delle opportunità, derivanti dall’integrazione tra la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e l’innovazione, declinate in chiave sostenibile, con interventi di Laura D’Aprile, Capo Dipartimento Sviluppo Sostenibile del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, e Margherita Eichberg, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale.

L’ultimo panel, dalle ore 11:20, approfondirà le “Best practice territoriali: modelli di sviluppo sostenibile“, presentando esperienze di successo nella gestione e valorizzazione dei borghi con politiche innovative e sostenibili. Interverranno: Ilaria Lorenzini, Assessore al Turismo del Comune di Anghiari, Giacomo Rosa Michele Laurino, rispettivamente Presidente e Responsabile Enti locali di Svimar – Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno e delle Aree interne.

Un concorso e una esposizione per raccontare gli scorci più belli

Dalle ore 11.40, al via la presentazione e premiazione delle immagini vincitrici del concorso “Benvenuti a borgo. Il ri-Scatto sostenibile dei piccoli comuni italiani“, novità di questa edizione. Il contest, dal 18 febbraio al 30 marzo, ha invitato appassionati e appassionate di fotografia (e di sintografia AI) a raccontare l’anima dei borghi italiani attraverso la forza evocativa delle immagini, cogliendo il significato della sostenibilità nelle sue diverse declinazioni: ambientale, sociale ed economica.

Un appello che ha riscosso – dalle comunità montane ai borghi sul mare – oltre 150 immagini: un successo di partecipazione che testimonia quanto l’attenzione per la valorizzazione e la sostenibilità dei piccoli comuni sia sentita e attuale. Sarà inoltre possibile ammirare gli scatti più emozionanti, che saranno esposti e i primi tre per ogni Sezione riprodotti su tele brandizzate “Benvenuti a borgo”.

Ai partecipanti al meeting (relatori, autorità, membri della giuria, vincitori del contest) sarà consegnata una copia autentica di acquerello, raffigurante il borgo di Sutrirealizzato per Benvenuti a borgo e donato alla manifestazione dal Maestro Riccardo Sanna.

L’edizione 2025 di “Benvenuti a borgo” terminerà intorno alle ore 13,30 con le conclusioni, i saluti e un cocktail/buffet a cura dell’I.I.S.P.T.C. Casagrande-Cesi di Terni, eccellenza nazionale della formazione nell’ambito del settore enogastronomico, quale contributo all’evento. Sarà momento di condivisione in cui scambiarsi punti di vista e prospettive.

ECOmmunity, un riferimento per la crescita territoriale sostenibile

“Benvenuti a borgo” nasce dalla volontà di ECOmmunity di promuovere la sostenibilità come motore di crescita culturale, sociale ed economica, valorizzando i borghi come centri di resilienza e innovazione sociale. L’iniziativa si inserisce in un percorso di sensibilizzazione sulla sostenibilità, con l’obiettivo di mettere in luce il ruolo centrale dei borghi nella promozione di un’innovazione sostenibile. Fondata nel 2023 da Simonetta Badini, esperta di comunicazione e partecipazione ambientale, ECOmmunity è un’organizzazione che mira a favorire la partecipazione e l’educazione sui temi della sostenibilità, promuovendo comportamenti positivi nelle comunità. ECOmmunity si propone come punto di riferimento per aziende, istituzioni, e cittadini che desiderano adottare azioni in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030.

Nuove tecnologie: l’innovazione guiderà davvero la sostenibilità?

Quando pensiamo alla tecnologia, in genere ci vengono in mente immagini di gadget all’avanguardia e città futuristiche, senza contare le tante novità a cui stiamo assistendo in questi anni in ambito digitale, tra servizi web sempre più efficienti, intelligenze artificiali in grado di risolvere problemi di varia natura e sistemi di realtà virtuale che ci immergono in ambientazioni tridimensionali. Ma oggi, la tecnologia è chiamata a risolvere un’altra sfida molto più importante: rendere il nostro pianeta un posto più sostenibile. Questo è il motivo per cui l’innovazione tecnologica sta giocando un ruolo chiave nel promuovere la sostenibilità. Ma quanto possiamo davvero contare sulla tecnologia per guidarci verso un futuro più verde?

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La rivoluzione delle energie rinnovabili

Lo sviluppo tecnologico viene considerato da molti come una delle cause del peggioramento delle condizioni del pianeta. In parte ciò è anche vero, se consideriamo le conseguenze negative di molte novità introdotte nel corso dei secoli, tuttavia la stessa tecnologia, se correttamente utilizzata, può svolgere un ruolo determinante per riportare l’ambiente in condizioni di vivibilità migliori.

Un esempio lampante di come la tecnologia stia aiutando la sostenibilità è il settore delle energie rinnovabili. Pannelli solari, turbine eoliche e altri metodi innovativi stanno infatti diventando sempre più accessibili ed efficienti ed è facile, oggi, vedere impianti fotovoltaici sui tetti delle case e persino lungo le autostrade al servizio di edifici privati e pubblici. Tuttavia, per rendere le energie rinnovabili una soluzione davvero sostenibile, abbiamo bisogno di tecnologie migliori per immagazzinare l’energia e per collegarla alle reti elettriche e soltanto attraverso ulteriori sviluppi sarà possibile raggiungere risultati davvero significativi.

La mobilità sostenibile prende piede

Un altro segnale positivo arriva dal mondo dei trasporti. I veicoli elettrici stanno diventando sempre più popolari e non è raro vedere auto elettriche sfrecciare per le strade. Sebbene vi siano ancora forti dibattiti tra favorevoli e contrari, sicuramente passi in avanti sono stati fatti da questo punto di vista: grazie a batterie più durature e stazioni di ricarica sempre più diffuse, l’idea di una mobilità sostenibile sta infatti diventando realtà. Affinché questa tendenza diventi la norma, occorrono però più investimenti in infrastrutture e incentivi governativi, volti a favorire una maggiore diffusione dei veicoli green sia nel trasporto privato che in quello pubblico.

Intelligenza artificiale per un mondo migliore

L’intelligenza artificiale (IA) sta dimostrando tutto il suo potenziale per promuovere la sostenibilità ambientale. Questa tecnologia, infatti, non è protagonista solo nel campo del marketing o dell’intrattenimento, dove per esempio permette alle società che gestiscono casino online di governare in maniera più efficace, equa e imparziale le meccaniche di svaghi come le roulette e le slot machine, migliorando l’esperienza complessiva degli utenti, ma anche nell’efficientamento di attività legate all’inquinamento, alla gestione dei rifiuti e all’ambiente in genere.

Le aziende possono oggi utilizzare l’IA per ridurre gli sprechi, ottimizzare i processi produttivi e persino prevedere disastri naturali, dando vita a un circolo virtuoso che migliora la vita di tutti i cittadini.

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L’agricoltura diventa high-tech

La tecnologia sta rivoluzionando anche il modo in cui coltiviamo il cibo. L’agritech, che include droni e sensori intelligenti, sta aiutando gli agricoltori a ridurre l’uso di acqua e pesticidi migliorando la qualità dei raccolti, un passaggio che può contribuire a rendere l’agricoltura più sostenibile, ma che al contempo richiede investimenti significativi e una formazione adeguata per gli agricoltori.

Non c’è dubbio, insomma, che la tecnologia stia guidando il cambiamento verso la sostenibilità. Tuttavia, siamo solo all’inizio di un cammino lungo e complesso. Per rendere il nostro pianeta più verde, dobbiamo infatti continuare a investire in innovazione, ma anche cambiare i nostri comportamenti e modelli di consumo, rendendoci in prima persona protagonisti di questo passaggio. La sostenibilità non riguarda d’altronde solo la tecnologia, ma è un impegno collettivo che richiede la collaborazione di tutti.

L’innovazione tecnologica può certamente essere uno strumento potente per promuovere la sostenibilità, ma siamo tutti chiamati ad affrontare questa sfida con un approccio equilibrato, combinando la tecnologia con un profondo rispetto per l’ambiente e una forte consapevolezza delle nostre responsabilità. Se lo faremo, potremo costruire un futuro più sostenibile per noi e per le generazioni future.

Guerra in Ucraina. È sul fronte dell’informazione la battaglia che tutti dobbiamo combattere

I russi non conoscono la realtà della tragedia ucraina; molti italiani hanno idee sbagliate sulla crisi climatica. Censura e fake news distorcono la percezione, vanno contrastate con la conoscenza e la partecipazione.    

Lo hanno scritto in molti: l’invasione russa dell’Ucraina ha scatenato una doppia guerra. La prima si combatte sul campo, la seconda sui mezzi di informazione. La propaganda ha da sempre accompagnato i conflitti, ma in questo caso colpisce la sproporzione delle condizioni. Nei Paesi liberi abbiamo accesso a tutte le notizie e le dichiarazioni diffuse da entrambe le parti. In Russia, il Cremlino mantiene un ferreo controllo: nonostante i terribili eccidi che le sue truppe compiono in Ucraina e le sconfitte sul campo, Vladimir Putin non sta affatto perdendo il suo supporto tra la popolazione russa. È facile spiegare che questo si deve al totale dominio sui mezzi di comunicazione di massa: social media bloccati, stampa di opposizione chiusa, televisione completamente controllata dal regime.

Accanto agli indispensabili aiuti all’Ucraina che combatte, sarebbe importante riuscire a perforare questa barriera offrendo alla popolazione russa una informazione credibile e alternativa. Lo si è fatto durante la Guerra fredda con Radio free Europe, che trasmetteva al blocco sovietico in una ventina di lingue. I comunisti contrattaccavano con Radio Tirana, anche in italiano, che trasmetteva musiche balcaniche, come cantava Franco Battiato, ma anche tanta propaganda, udibile persino in Africa e in Sud America. Radio free Europe esiste ancora, e diffonde anche istruzioni per bypassare il blocco delle trasmissioni voluto da Mosca, ma evidentemente non basta per raggiungere la popolazione russa. Oggi certamente esistono mezzi più sofisticati, ma non mi sembra che a questo tema si dedichi adeguata attenzione.

In un contesto che (per fortuna) è totalmente diverso, la distorsione delle informazioni riguarda anche l’Italia. È sconfortante apprendere dalla ricerca “Media e fake news”, svolta da Ipsos per Idmo (Italian digital media observatory) e segnalata da “Media e dintorni”, la bella rubrica di Radio radicale, che il 39% degli italiani ritiene “la comunità scientifica molto divisa sul tema del cambiamento climatico”. Si tratta della percentuale più alta, tra le affermazioni scelte dagli intervistatori per verificare le posizioni nella categoria “Accordo con fatti falsi”. E si abbina, nella categoria “disaccordo con fatti veri”, con le affermazioni “L’acqua del rubinetto è salutare quanto quella in bottiglia” (30% che non ci crede) e “L’Italia è il Paese con la percentuale più alta di riciclo dei rifiuti in Europa” (29% che lo nega).

Pochi giorni dopo la diffusione della ricerca, è stata pubblicata la terza parte del rapporto Ipcc, dedicata alla mitigazione. Accanto alla precedente pubblicazione sulle politiche di adattamento, mostra che tra gli scienziati c’è invece un larghissimo consenso, su un messaggio complessivo di grande drammaticità: se vogliamo mantenere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura entro 2°C, meglio ancora 1,5°C, le emissioni devono diminuire già dal 2025, altrimenti il mondo si avvia verso un aumento di oltre i 3 gradi a fine secolo. Si stima che per raggiungere il limite di 1.5°C i flussi finanziari per la transizione energetica devono aumentare di sei volte entro il 2030; di tre volte, invece, se intendiamo restare al di sotto di 2°C; obiettivi non impossibili, vista la quantità di denaro liquido disponibile sul mercato, con effetti positivi anche su economia e occupazione.

Anche quanto si sta facendo per l’adattamento, cioè per fronteggiare le conseguenze comunque inevitabili del cambiamento climatico, non è sufficiente a proteggere le popolazioni. Questo vale soprattutto per i più poveri, per quel 50% della popolazione mondiale responsabile (ricorda l’Ipcc) solo del 15% delle emissioni, mentre possiamo immaginare che il 10% più ricco e che emette il 40% dei gas serra troverà il modo di proteggersi meglio.

Anche se molti hanno idee sbagliate, la gente è preoccupata per la crisi climatica. Gli Stati Uniti certamente non sono all’avanguardia nella battaglia per la transizione ecologica: il loro livello di consumi, se imitato in tutto il mondo, brucerebbe ogni anno le risorse prodotte da cinque pianeti, rispetto alla media mondiale di 1,7, ci dice l’Earth overshoot day. Eppure la popolazione americana è tutt’altro che insensibile: un recente sondaggio Gallup ci informa che da sette anni il 45% degli statunitensi si dice “molto preoccupato” e una altro 27% “abbastanza preoccupato” per le condizioni dell’ambiente.

Analoghe ricerche in Italia ci danno indicazioni simili, anche se alla preoccupazione non corrispondono adeguate conoscenze e disponibilità ad agire. C’è poco da stupirsi: il Risk report che fornisce ogni anno, per conto del World economic forum, un sondaggio sui più gravi timori di mille leader mondiali, colloca sistematicamente, in testa a tutte le altre, le preoccupazioni per l’ambiente. Anche quando infuriava il Covid, i timori per la pandemia erano solo al sesto posto, mentre restavano in cima alla classifica l’allarme per la mancanza di accordi sul clima, per la perdita di biodiversità e per i fenomeni meteorologici estremi. Insomma, tutti si preoccupano per il clima, anche i big delle imprese e della politica, ma pochi hanno chiaro che cosa bisogna fare, o hanno il coraggio e la disponibilità a mettere in atto le ricette che pure esistono.

Torniamo all’Italia. Il rapporto Ipcc ha avuto un’ampia copertura su stampa e televisioni, compatibilmente con il prevalente e comprensibile orientamento dell’attenzione verso la crisi ucraina, ma penso che, anche se avesse avuto più spazio, non avrebbe inciso significativamente sull’atteggiamento dell’opinione pubblica e tanto meno su quello dei politici. Si pone dunque la domanda: se la diffusione dei fatti attraverso i media tradizionali non basta, che cosa dobbiamo fare per promuovere un salto di consapevolezza degli italiani sulle misure necessarie per fronteggiare una crisi come quella del clima, incombente e gravissima, che potrebbe compromettere il futuro delle nuove generazioni se non anche il nostro?

Certo, annunci politici condivisi che sensibilizzino sulla gravità della situazione e sulla necessità di fare whatever it takes per combattere la crisi climatica potrebbero raggiungere lo scopo. Gli italiani sono anche pronti a sacrifici e a cambiare idea se necessario, come rivela il sondaggio Ipsos – Repubblica a seguito della crisi ucraina, presentato in un articolo di Concetto Vecchio:

Quasi nove italiani su dieci (86,6 per cento) si dicono disposti a ridurre i propri consumi in caso di una crisi energetica provocata dalla guerra in Ucraina. Quasi sei su dieci (58,5 per cento) sono pronti ad accettare l’utilizzo del carbone e il 51,3 per cento si dichiara disponibile a discutere l’ipotesi di un’Italia che torni a investire nel nucleare.

Questo però avviene solo per temi sui quali l’opinione pubblica è stata fortemente sensibilizzata e sui quali avverte una sostanziale unità di buona parte della leadership politica. Non è così sulle misure per il clima, dove si verifica un circolo vizioso: gli italiani sono poco informati su quello che si dovrebbe fare veramente per la mitigazione e l’adattamento; i politici per timore di perdere consenso non si espongono se non con affermazioni generiche. Non informano e non decidono.

C’è dunque una grande battaglia da combattere sul fronte della informazione e in buona parte andrà condotta sui social mediaanche perché l’indagine Ipsos – Idmo già citata ci informa che

La stragrande maggioranza degli italiani (7 su 10) si informa esclusivamente tramite fonti gratuite o solo 1 su 4 è disposto a pagare per accedere ad informazioni di cui si fida.

social, però, spesso contribuiscono a consolidare convinzioni sbagliate, anche perché gli utenti tendono a scambiarsi informazioni tra persone con le stesse idee, creando conventicole contrapposte. La soluzione, come dice la stessa indagine, è il debunking, cioè lo “sfatamento”, l’attività di distinguere il vero dal falso attraverso un adeguato fact checkingNell’indagine si afferma che “il 90% degli italiani dichiara di fare almeno un’attività di controllo davanti a un’informazione trovata online”, ma sulla efficacia di questa attività si possono avere dubbi, se si considera che

il 60% degli italiani ritiene che una notizia sia più affidabile quando condivisa da tante persone (quota più alta tra i più giovani e i meno istruiti) e il 55% (ben più di 1 cittadino su 2) ritiene che sia più affidabile se condivisa da un amico molto attivo suisocial (quota che sale tra i più giovani e tra i meno istruiti, mentre scende nella fascia d’età 31-50 anni e tra i più istruiti).

Insomma, anche le chiacchiere da bar, se sono condivise, tendono a essere considerate vere.

Per contrastare questo effetto si devono impostare battaglie ben precise e mirate, basate su informazione e coinvolgimento. È urgente, ad esempio, promuovere la sensibilizzazione delle comunità locali sulla necessità di accelerare l’installazione delle energie rinnovabili, operazione resa ancor più importante dalla scelta di liberarci per quanto possibile dalla dipendenza dal gas russo. I progetti ci sono, ma spesso sono paralizzati dall’“effetto nimby” (not in my backyard – non nel mio cortile), che in molti casi nascono dalla mancanza delle informazioni necessarie per compiere una adeguata valutazione costi – benefici. Abbiamo scritto più volte che sono necessari interventi governativi (peraltro parzialmente avviati) per snellire gli iter burocratici che condizionano le autorizzazioni. Ma difficilmente l’obiettivo di un grande sviluppo delle rinnovabili entro il 2030 potrà essere raggiunto senza un adeguato impegno sul fronte della informazione e della partecipazione locale. I cittadini devono sentirsi partecipi delle decisioni: di questo tema, “La costruzione partecipativa delle città del domani”, si è parlato il 7 in un webinar di QN città future, organizzato con la collaborazione dell’ASviS.

Un aiuto alla transizione energetica, elemento determinante della protezione ambientale, è arrivato all’inizio di quest’anno dalla modifica dei principi fondamentali della Costituzione che ha introdotto appunto “la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, tra i principi della Carta. Se n’è discusso in un evento dell’ASviS il 5 aprile, arrivando anche in questa sede a una conclusione che ci impegna per il futuro: gli strumenti per la transizione ecologica ci sono, ora più che mai, ma adesso bisogna farli conoscere e agire di conseguenza.

 

Fonte dell’immagine: industryview/123rf

 

Donato Speroni

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