Spider-Man: Homecoming, il sesto film dell’uomo-ragno che prosegue il progetto della Sony e della Marvel

Nella notte del cinema non tutti i blockbuster sono uguali. In coda a una stagione da tutti i punti di vista mediocre, un grappolo di popcorn-movies stanno, infatti, sfidandosi a colpi di originalità e qualità e non solo di effetti speciali. Archiviati senza rimpianto “La mummia” e “Transformers” a tirare la volata tocca adesso a “Spider-Man: Homecoming”, il sesto film con protagonista l’Uomo ragno che prosegue e amplia il progetto allestito da Sony e Marvel Studios/Disney, mirato all’integrazione del supereroe nell’universo del Marvel Cinematic e inaugurato nella stagione scorsa da “Captain America: Civil War”. Non è un caso, insomma, che il nuovo Peter Parker sia interpretato dal ventunenne Tom Holland, in linea con la versione più benvoluta dai teenager appassionati del celeberrimo fumetto e che il susseguirsi delle avventure in 3D calchi molto la mano sui problemi di un adolescente schiacciato dalle precoci responsabilità conferitegli dagli spropositati superpoteri. Succede, così, che forse troppo a lungo il regista Jon Watts (nonché il plotoncino di cinque-sceneggiatori-cinque) sembra rivolgersi soprattutto agli spettatori coetanei, inanellando una serie di demenziali imprese firmate da un liceale come un altro, fornito di costume fatto in casa, spalleggiato da un classico ma sovrappeso amico del cuore e in fin dei conti vittima dei propri normali limiti di novizio imbranato e dilettantesco.

Il peso specifico di  questo Spider-Man aumenta grazie alla classe dei due personaggi che incarnano, rispettivamente, il mentore e tutore di Parker Iron Man interpretato dal carismatico Robert Downey Jr. e l’”ottimo cattivo” soprannominato l’Avvoltoio interpretato nell’ottica trumpiana del povero cittadino umiliato e offeso dal Michael Keaton che è già stato il Batman di Burton e il Birdman di Inàrritu. Grazie a loro la regia riesce via via a convogliare i manierismi del romanzo di formazione –peraltro onorati da una sequenza davvero geniale come quella del viaggio in auto per andare al ballo- in una dimensione spettacolare autosufficiente, incrementata tra l’altro dall’efficace colpo di scena in sottofinale. Una volta accettato, insomma, il carattere spudoratamente ludico dello show e stabilito di non immischiarsi nelle baruffe dei temibili fan-filologi si può stare al gioco di un arrampicamuri costretto a guadagnarsi la pagnotta della gloria senza facili sconti o pavoneggiamenti superflui. Nonché evitare d’irritarsi al momento dell’apparizione post-titoli di coda della canonica stampigliatura “Spider-Man tornerà”.

 

Fonte:

Spider-Man: Homecoming

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