Donna di Porto Pim: un amore tragico

Il racconto Donna di Porto Pim suggella la capacità di Antonio Tabucchi di scrivere storie con naturalezza e coinvolgimento. E infatti il pezzo intitola l’intera raccolta dedicata alle isole Azzorre (pubblicato per la prima volta nel 1983). Il racconto omonimo ci immerge in una storia drammatica e struggente, quella di un triangolo amoroso conclusosi in tragedia. Ma ciò che Antonio Tabucchi vuol sottolineare è sicuramente l’onnipresenza dei luoghi.

I veri protagonisti della vicenda infatti sono proprio le isole Azzorre, affascinanti, crudeli, quasi incantate. Nella prima edizione compare anche una dichiarazione di narrativa dello stesso autore che scrive:   Questo libretto trae origine, oltre che dalla mia disponibilità alla menzogna, da un periodo trascorso nelle isole Azzorre. Suoi argomenti sono fondamentalmente le balene, che più che animali sarebbero metafore. Ma cosa può significare: le balene sono metafore? In breve, l’universo tabucchiano è abitato di oggetti, persone, animali. Essi rappresentano il traslato, tutto ciò che sta oltre il visibile. I cetacei presenti nel libro dunque sono tropi di un mondo immaginato con cura, veicoli di messaggi profondi ed interpretabili dal lettore. Più che sulla trama dunque è necessario concentrarsi sul perché Tabucchi abbia scritto una raccolta come questa. Essa nasce da un’esigenza di rievocare il sentimento di un viaggio, quello che l’autore nelle Azzorre che rimase impresso nella memoria sello scrittore, segnando forse anche il termine della propria giovinezza. Nella sua narrativa si ricordano titoli importanti di romanzi come Piazza d’Italia (1975), Il piccolo naviglio (1978)Notturno Indiano (1984), Il filo dell’orizzonte (1986) e, naturalmente, come dimenticare il successo dovuto al romanzo Sostiene Pereira (1994), storia di un giornalista un po’ goffo alla ricerca della verità storica. Ma l’essenza vera, spontanea di Tabucchi narratore emerge nei racconti, nella brevità e, come lo stesso autore ha specificato, nell’arte della menzogna, della finzione.

Perché leggere questa raccolta? #1 Perché conduce in un immaginario di oggetti, animali, profumi e canzoni che solo Tabucchi è riuscito a rievocare. Leggendo questi racconti si può navigare negli oceani delle possibilità, credere che qualsiasi cosa sia possibile. #2 Tabucchi viaggiò moltissimo: dunque nella sua finzione letteraria c’è molto di vero. Leggere per credere.

Il volume Viaggi e altri viaggi pubblicato nel 2010 da Feltrinelli editore è dedicato alla spiegazione insolita e appassionata dei luoghi visitati dallo scrittore pisano. #3 L’amore di Tabucchi per il kitsch e la sua forza di evocazione, di mito quasi, fa sognare. #4 La presenza del cantastorie. L’autore la inventa perché forse lo diverte o è frutto di un percorso per “sminuire” se stesso. #5 Nella raccolta troverete molti personaggi: voci, volti, impressioni. Sono quelle del lettore.

In Tabucchi non c’è un intreccio che domina sugli altri. Ci sono storie possibili ed immaginabili, non storie certe.

Al lettore il potere di aggiungere, immaginare ciò che potrebbe essere di Yeborath o della balena, o del cantastorie che sta lì nella taverna a cantare per i turisti che passano e non tornano più sull’isola. Anche la murena può comunicare un senso di smarrimento o paura, di certezza drastica. Sta tutto al lettore e alla sua fantasia di costruire rimandi, associazioni o ipotesi. #6 Per concludere: Donna di Porto Pim è un libro spezzato, in frammenti. Spezzato al suo interno dalla molteplicità. Ed è per questo motivo che è tende all’infinito: vuole ricomporre le parti mancanti del suo universo narrativo. E probabilmente, lo stesso autore si fa coinvolgere da queste storie, tramutandosi da narratore a personaggio alla ricerca di una strada da percorrere. Così, il personaggio può essere chiunque, trasformarsi nel protagonista in un gioco di alterità disperse. #7 Ci fa riflettere sul senso della verità e sulle molteplici angolature che la realtà può assumere. L’apparenza inganna e i sogni aiutano a riparare i vetri rotti. Tabucchi lo fa egregiamente. O forse, è la vita a farlo. Un libro per viaggiatori,  per immaginatori di vite.

Premio Bancarella 2014: vince Michela Marzano

Si è conclusa ieri la sessantaduesima edizione del Premio Bancarella. La vincitrice di quest’anno è la filosofa e politica italiana Michela Marzano che vince con il libro “L’amore è tutto: è tutto ciò che so dell’amore ” pubblicato da UTET. Il secondo posto va a Roland Balson con “Volevo solo averti accanto” uscito per Garzanti seguito da “Braccialetti rossi” di Albert Espinosa per le edizioni Salani. Fuori dal podio troviamo: Chiara Gamberale, con il suo “Per dieci minuti” edito da Feltrinelli, Veit Heinchen, con “Il suo peggior nemico” pubblicato da Edizioni E/O e Alberto Custerlina, con “All’ombra dell’Impero” edito da Baldini & Castoldi.

Michela Marzano è direttrice del Dipartimento di Scienze Sociali (SHS – Sorbona) e professore ordinario all’Université Paris Descartes, e deputata del Parlamento italiano. Il suo libro è un viaggio nell’universo dell’amore quotidiano, quello di cui si parla è l’amore desiderato, sognato, familiare, romantico, fisico, perduto, tradito. L’occhio indagatore dell’autrice riesce a valicare i ristretti confini personali e arriva a coinvolgerci, ad emozionarci, e a conquistarci. Il titolo tratto da una poesia di Emily Dickinson parte dal presente dell’autrice per raccontare dell’amore.

La scrittrice sostiene che l’amore con le teorie c’entra ed è per questo motivo che il libro, lontano dall’essere un manuale noioso, può essere considerato una sorta di pamphlet.
È un libro di speranza mista alla tristezza, ma soprattutto un libro che racconta una storia comune, che appartiene a tutti noi e che ci spinge a porci delle domande e a riflettere.

Questo l’incipit della sua storia:
«Da bambina, l’amore lo sognavo. Passavo ore e ore a perdermi nelle pagine fitte di storie perfette, oppure a giocare con le bambole che vestivo da regine e principesse. Sognavo giorni senza crepe, come se l’armonia fosse possibile. Come se l’amore potesse riparare tutto. La vita non poteva accontentarsi di litigi e di fratture. Doveva luccicare. Come l’acqua del mare in primavera.
[…] Ero certa che un giorno avrei incontrato un uomo capace di riparare tutto. E mi ostinavo. Non mi fermava nemmeno l’urto con il reale, quando ero costretta a tapparmi le orecchie per coprire le urla della casa.
Mi sentivo diversa. Diversa da mamma che aveva smesso di crederci. Diversa da papà che non ci aveva mai creduto. Diversa anche da mio fratello, che era come me, ma aveva deciso di chiudere porte e finestre buttando via tutto l’amore. Ero convinta che a me non sarebbe successo. Che bastava impegnarsi. Che con la forza di volontà si poteva vincere qualunque ostacolo».

Probabilmente la sua ricerca filosofica non si discosta così tanto dal libro che ha deciso di scrivere; le sue ricerche sono volte alla comprensione del posto che occupa al giorno d’oggi l’uomo in quanto essere carnale. Un corpo difficile da vivere travolto da esperienze ricche, tormentose e ostinate; ed ecco che l’analisi della fragilità della condizione umana rappresenta il punto di partenza e d’arrivo delle sue riflessioni. Dalla storia personale si arriva alla storia di tutti, per tutti. L’amore è il nostro segreto più grande.

I vincitori del Bancarella Sport invece, giunto quest’anno alla sua cinquantunesima edizione, è il libro “Corro perché mia mamma mi picchia ” scritto da Giovanni Storti (del trio Aldo, Giovanni e Giacomo) e Franz Rossi edito da Mondadori.
Anche quest’anno la “Bancarella” ha raggiunto il suo scopo, andare in giro a portare i libri.

 

Anna Premoli vince il Premio Bancarella 2013 con ‘Ti prego, lasciati odiare’

Ti prego, lasciati odiare è un romanzo senza pretese, una storia sentita migliaia di volte, una lettura scorrevole con i protagonisti che giocano con l’amore tra battute spassose e situazioni divertenti; ma  forse sono proprio questi ingredienti ad aver assicurato all’autrice, Anna Premoli, la vittoria della sessantunesima edizione del Premio Bancarella.

Pubblicato da Newton Compton, “Ti prego, lasciati odiare” rappresenta il primo caso fortunato in Italia di self publishing: Jennifer e Ian sono due ragazzi a capo di due team di una banca londinese che hanno trascorso gli ultimi cinque anni della loro vita a farsi la guerra, fin quando un giorno sono costretti a lavorare a stretto contatto tra loro per un progetto importante. I due fanno un patto: il fascinoso Ian darà carta bianca alla collega per il progetto se in cambio fingerà di essere la sua fidanzata; non è difficile immaginare come andrà a finire…

Ti prego, lasciati odiare sembra il soggetto di una di quelle commedie inglese  o americane con Hught Grant, Julia Roberts o Sandra Bullock (solo che qui la protagonista è bruttina ma simpatica, mentre lui bello e ricco) prevedibili, che strappano qualche risata e con l’immancabile happy-ending, il romanzo della scrittrice croata  ma milanese di adozione,classe 1980, che subito è balzato alle prime posizioni nella classifica dei libri più scaricati. In questi casi ci si chiede sempre se il successo sia dovuto ad un’abile operazione di marketing oppure alla voglia di chi cerca un libro, di qualcosa non troppo impegnativo, o meglio un vero e proprio antistress.

Nel primo caso c’è da dire che essere in testa ad un classifica non vuol dire si sia scritto un capolavoro, il gradimento esula da un primo posto in classifica e il lettore può essere semplicemente curioso, dopo tanta pubblicità. Nel secondo caso che non esclude però il primo, c’è forse la reale ragione di questo come di altri fenomeni editoriali: il romanzo si legge tranquillamente in meno di 3 giorni,perfetto per chi ha voglia di sapere subito come va a finire  e per i romantici cronici, che non badano alle mancate caratterizzazioni dei personaggi, del linguaggio infantile traboccante di retorica e luoghi comuni. Non c’è nemmeno un  accenno minimo allo spazio, ai luoghi, potrebbe essere una qualsiasi città del mondo invece di Londra, se non fosse per  la frase “sulla riva sud del Tamigi”.

La bruttina simpatica, intelligente, piena di sé, in gamba solo lei che però casca davanti al ricco, belloccio, indispondente, arrogante di turno  e  che per di più  aveva sempre odiato, è odiabile, ma non per i romanticoni cronici sognanti che non vedono altro che la banale storia d’amore che sembrava inizialmente impossibile per incompatibilità caratteriale, fisica, sociale.

Il Bancarellino invece, ossia  il premio riservato alla narrativa per  ragazzi è andato ad Elisa Puricelli per “Guerra con cuori di carta”. Le premiazioni sono avvenute lo scorso maggio.

 

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