‘SuiGeneris’: Oriana Conte e la sua editoria

Dopo una piccola pausa estiva riprendiamo a conoscere la piccola editoria: questa volta abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere virtuali con Oriana Conte, che dirige la piccola ma intraprendente SuiGeneris, casa editrice nata nel 2014 in quel di Torino.

D: Cominciamo dalle basi: chi siete voi e cosa è SuiGeneris?

R: SuiGeneris è una casa editrice indipendente, aperta da me nel novembre del 2014. Al momento abbiamo sette pubblicazioni: Racconti Gialli, Carmen, Tutto relativo tranne… il Vento, Talita Kum, IlMorandazzo, Storia della filosofia a sonetti, Al cuore non si comanda, ai dipendenti sì. Tutti gli autori della casa editrice sono esordienti. Si può scegliere di pubblicare testi di successo sicuro e immediato, commerciali o si può scegliere di rischiare e di fare un lavoro di ricerca per scovare talenti ancora poco conosciuti. Questa seconda opzione è quella che mi appassiona e stimola di più.

D: Si dice spesso che l’editoria è in crisi, che poche persone leggono, che solo le grandi catene vanno avanti. E allora come vi è venuto in mente di aprire una nuova casa editrice? Cosa vi ha spinto e, soprattutto, quale obiettivo vi ha animati?

R: Quando qualcuno mi chiede se sono pazza ad aver aperto una casa editrice a ventitré anni, data la crisi ecc. ecc., io rispondo che non sono pazza e che ho con me in redazione Napoleone e Shakespeare. Perché poi risponda proprio questi due non so.

Le grandi catene hanno costruito i loro anelli, devono pur aver iniziato anche loro. Qualcuno potrebbe sorprendersi a scoprire che Moravia pubblicò in un primo momento a pagamento e che i racconti di Kafka furono stampati in 1000 copie e l’editore Kurt Wolff affermava di non aver venduto neanche quelle 1000 finché Kafka era in vita. Neo edizioni, aperta da pochissimo, ha già avuto un suo libro tra i candidati allo Strega.

Insomma con l’accelerazione dovuta al meccanismo dei best seller ci si è dimenticati che nella letteratura “grandi ci si diventa”.

L’editoria è in crisi perché è falsata. Il libro trattato come un prodotto qualsiasi è diventato liquido: il lettore è un consumatore. La casa editrice di catena punta sulla quantità, invade gli scaffali. Per il lettore è difficile districarsi, riconoscere tra i tanti il libro che incontra i suoi gusti. Molti non si fidano dei contemporanei e dicono di preferire i classici, sono sicuri che leggendo il Dostoevskij che hanno nella libreria di famiglia non perdono tempo. La casa editrice piccola non ha bisogno di pubblicare 400 titoli l’anno, includendo nel suo catalogo libri di dubbia qualità. La casa editrice piccola può garantire una stretta selezione. Mi ha spinto ad aprire la mia casa editrice l’entusiasmo, e l’obiettivo è avere un approccio umano con gli autori e i lettori, conquistare la loro fiducia pubblicando testi validi, originali, ironici, fuori dai canoni.

D: Mi pare di capire che il vostro catalogo non è suddiviso in collane, e anche il motto della casa – Ogni autore è un genere a sé – lo suggerisce. Come mai questa scelta?

R: Il catalogo è in realtà diviso in tre collane. La prima è Racconti d’ogni genere, dove si vuole dare spazio alla narrativa breve. Sono meno i lettori di racconti rispetto ai lettori di romanzi. Si devono abituare i lettori a scoprire le potenzialità delle narrazioni brevi. C’è poi Pierre Dumayet, dove si pubblicano i testi che vorremmo vedere anche tra i banchi di scuola. SuiGeneris infatti collabora con le scuole, sia Carmen sia Storia della filosofia a sonetti sono stati adottati da alcuni licei. Infine Ciampa e la corda pazza, dove si pubblicano i testi ironici, comici e grotteschi.

D: Quali sono le sfide che avete affrontato dal 2014, e quali quelle attuali? In che modo è cambiato il vostro percorso in questi due anni?

R: È stata ed è ancora una sfida aver aperto una casa editrice. Nel 2014 nessuno conosceva SuiGeneris, adesso inizia a riconoscersi una linea editoriale e a crearsi una cerchia di lettori. La sfida è crescere, sfruttare i canali di comunicazione, scoprire nuovi autori che rappresentino SuiGeneris. Al momento la casa editrice sta collaborando con Daria Spada e Maksim Cristan, organizzatori del Concertino dal Balconcino a Torino, e si pensa a una loro pubblicazione. Inoltre ha iniziato un lavoro di ricerca per una pubblicazione tanto impegnativa che ha richiesto il coinvolgimento di una decina di collaboratori. Non ho mai messo in campo così tante forze, ma l’idea di fondo della pubblicazione, anche se non posso svelarti molto, è interessante e spero che possa essere uscire entro il prossimo anno.

D: Come siete messi per quanto riguarda la distribuzione, e come vi organizzate per le presentazioni dei vostri libri? Cosa ne pensate della grande distribuzione e delle sue alte percentuali?

R: Al momento la distribuzione è diretta, online e in librerie non di catena. Ci si sta muovendo per allargarla. Le alte percentuali richieste dalla grande distribuzione sono il costo più elevato che l’editore deve sostenere, sono eccessive e andrebbero diminuite. Si dovrebbe trovare una formula o un’agevolazione da parte dello Stato per la circolazione dei libri o una regolamentazione che vieti ai distributori di imporre agli editori percentuali di retribuzione così alte. Il distributore arriva a chiedere il 65% del prezzo del libro. Resta una miseria all’autore, l’editore, al traduttore a tutte le figure che hanno contribuito a fare il libro.

SuiGeneris punta molto sul contatto diretto con il lettore, dunque organizza numerosi eventi e presentazioni. Durante le presentazioni si interagisce con il pubblico e ci si assicura che, luci soffuse o no, nessuno si addormenti. Nell’ultimo anno un attore, Gugliemo Basili, mi ha aiutato a rendere più dinamiche le presentazioni. Molti degli autori di SuiGeneris sono capaci di coinvolgere il pubblico, Francesco Deiana, Massimo Pica, Davide Di Rosolini sono proprio spassosi da vedere. Pur avendo assistito più volte alle presentazioni, mi sento ogni volta partecipe anch’io e le presentazioni sono tra i momenti del mio lavoro che apprezzo di più.

D: Eravate presenti al Salone del libro di Torino, nella zona dell’Incubatore. Vorrei una vostra impressione sulla fiera in generale e qualche considerazione sui rapporti di forza fra le big e le indipendenti.

R: SuiGeneris è davvero cresciuta nell’Incubatore. I due anni in cui ha partecipato le sono stati utili sia per le vendite sia per i contatti. La cosa bella del Salone è che hai a disposizione due sedie e un tavolo, e puoi adeguarti, fare il minimo sforzo, poggiare i libri e aspettare che qualcuno si avvicini. O, se non sei un tipo da star fermo e seduto, come sono i tipi di SuiGeneris, puoi arredare il tuo stand in maniera fantasiosa e coinvolgere le persone che passano, raccontargli la tua storia, i tuoi libri, non sederti neanche un attimo. Per farvi un’idea, vi rimando a questo video: SuiGeneris al Salone internazionale del libro di Torino 2016.

I big e le indipendenti hanno due forze di attrattiva diverse. Le case editrici grandi hanno un marchio già affermato, autori conosciuti. Il Salone è per loro un momento di maggiore vendita, ma poco cambia nel loro approccio. Lo stand di Mondadori ricalca le numerose librerie che si trovano in città, e così molti altri delle big. Trovo personalmente che il punto di forza del Salone sia stato anche essere una libreria gigante dov’era possibile farsi in un sol colpo una panoramica varia, ampia, allargata di una gran parte delle pubblicazioni; essere a contatto sia con i big sia con gli indipendenti.

Tutto ciò che è stato fatto da chi ha marciato sul Salone, che esula dagli editori così come dai lettori, è stato deplorevole. E mi riferisco a chi negli anni è stato indagato. Quest’anno la polemica con Milano tocca i vertici dell’assurdo. Nessuno si sognerebbe di spostare il Salone di Francoforte a Monaco, non si capisce perché invece in Italia si debba trasformare una manifestazione culturale in uno strumento di gioco-forza tra due città. Quando tutte le energie spese nello scontro potevano essere impiegate o nell’organizzazione di un altro evento con caratteristiche simili a quelle del Salone in un altro periodo dell’anno (quale in parte era già Bookcity) o nell’organizzazione di qualcosa di più grande insieme (in fondo il Salone è internazionale e le due città sono vicine).

Il risultato di tale mossa è che adesso si parla di questa polemica più di quanto si parla dei libri. E francamente ai lettori interessano i libri, le impalcature e le costruzioni fatte sopra sono un inutile fastidio.

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