Antonio Sorella, prof. di italianistica: ‘Sapere usare l’italiano ad alti livelli significa ragionare ad alti livelli’

Antonio Sorella è professore ordinario di Linguistica italiana dal 2002, e dal 2016 di Lingua e letteratura italiana attualmente in
servizio presso il Dipartimento Dilass dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti e Pescara.

Si è laureato in Lettere antiche presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Chieti, con una tesi in Storia della lingua italiana. Nella stessa disciplina ha conseguito il Diploma di Perfezionamento presso l’Università “La Sapienza” di Roma, discutendo una tesi su I tempi storici nella prosa italiana moderna il 12/7/1983 (tutor Aurelio Roncaglia, relatore Luca Serianni, correlatore Alberto Asor Rosa).

È stato “cultore della materia” di Storia della lingua italiana presso la facoltà di Lettere e filosofia a Chieti e poi, fin dall’a.a. 1983/84, di Lingua e letteratura italiana presso la facoltà di Lingue e letterature straniere di Pescara; è autore di libri quali Dante e Bembo: storia di un disamore. L’invenzione dell’italico, un manoscritto petrarchesco perduto, controversie filologiche, cosmologiche e religiose, intrighi sentimentali e politici, saggio che indaga nel processo di formazione di Pietro Bembo come filologo volgare, nella preparazione delle aldine di Dante e Petrarca, nella stesura del suo libretto e poi delle Prose, Il personaggio nella letteratura italiana. Per il centocinquantenario pirandelliano, sui personaggi che segnano la storia letteraria, Boccaccio, Dante e Verdone, e soprattutto Dalla Russia con speranza. Racconti russi contemporanei, scritto in tempi non sospetti per contribuire a consolidare il ponte culturale tra Italia e Russia.

È ideatore e coordinatore del Master di Italianistica per l’insegnamento dell’italiano come lingua straniera dell’Università “G. d’Annunzio; ha fondato ed è direttore del CISDID, Centro Internazionale per lo Studio e la Didattica dell’Italiano e dei Dialetti (di cui fanno parte, oltre alle più prestigiose università italiane, anche molte università straniere, come Cambridge, CUNY, Heidelberg ecc.).

Ha fondato e dirige la rivista internazionale di filologia dei testi a stampa Tipofilologia (Roma-Pisa, IEPI Editore): la rivista è classificata come di classe A dall’ANVUR. Fa parte del consiglio direttivo della Casa di Dante in Abruzzo, che ha sede nel Castello Gizzi di Torre de’ Passeri; di questa Fondazione è anche Vice-Presidente. È Direttore Scientifico del Premio letterario “Città di Penne” ed ha avuto l’incarico di
Coordinatore scientifico dei Convegni internazionali organizzati in concomitanza del Premio, su Umberto Eco nel 2001, su Vincenzo Consolo nel 2005, su David Grossman nel 2008, su Carlo Verdone nel 2016.

Nel 2020 Sorella ha ottenuto dal Ministero per i Beni Culturali un finanziamento per l’organizzazione di un Convegno Internazionale su “Dante e il cinema” nel 2021 presso l’Università di Chieti, in collaborazione con la Società Dantesca Italiana di Firenze, per i Settecento
anni dalla morte di Dante.

Il Prof. Sorella terrà il convegno organizzato dall’Istituto Culturale Torqauto Tasso di Sorrento dal titolo “Il teatro del Tasso”, il prossimo 11 marzo presso il Comune della cittadina campana, concentrandosi sulle origini napoletane della drammaturgia tassiana.

 

 

 

1 Qual è secondo lei l’aspetto più rivoluzionario del teatro di Torquato Tasso?

Tasso si pone il problema del pubblico: fino ad allora, a parte qualche ammirevole eccezione (Ariosto, Bibbiena, Machiavelli) si era pensato principalmente a creare commedie o tragedie che rispondessero alle “regole” classicistiche, derivate dai modelli del teatro greco-latino o dalla trattatistica e dai commentarii antichi o umanistici. Tasso, invece, pensa a coinvolgere il pubblico con argomenti “moderni”, appassionanti e avvincenti.

2  Che tipo di rapporto intercorre tra Tasso e il magismo? In quali opere si esplica maggiormente il suo humor nero?

L’interesse per la magia e la negromanzia era già diffuso nel primo Cinquecento e Giovanni Pico della Mirandola (seguito in questo da Savonarola) aveva tuonato contro l’astrologia, ma è dopo la Controriforma che le condanne e le proibizioni scatenano un gusto morboso da parte di intellettuali e gente comune. Tasso si rifugia nel magismo anche per la sua esasperata sensibilità. Si possono trovare spunti di questo genere in quasi tutta la sua produzione.

3 Se Tasso fosse uno scrittore dei nostri giorni, come verrebe considerato dall’opinione pubblica e dai media?

Il senso del pudore non è cambiato molto dalla Controriforma alla fine del secolo scorso, non solo in Italia, ma in tutto il mondo, per varie ragioni e diverse spinte ideologico-religiose. Oggi non ci scandalizza più sentir parlare di due giovani legati nudi a un palo, ma certi doppi sensi di famosi conduttori anche delle tv pubbliche suscitano ancora la morbosità del pubblico, perché evidentemente ancora non abbiamo superato la mentalità che invalse nell’età di Tasso.

4  Si stanno avanzando richieste e proposte per l’introduzione della schwa(ə). Non pensa si tratti, come hanno già affermato molti linguisti, si una patetica battaglia ideologica che cavalca lo spirito dei tempi al grido “inclusività”?

Sì, penso che sia una delle prove della decadenza del mondo occidentale, di cui si fanno beffe i potenti stati a Oriente dell’Europa che non hanno mai avuto simili preoccupazioni.

5 Piccola provocazione. A questo punto allora perché demonizzare i nostri giovani, che magari usano il “k” per scrivere “chi”?

Il problema non è l’uso del k: bisogna vedere il contesto in cui è usato. Avere un ampio registro espressivo è un pregio non un difetto. Sapere parlare in dialetto o scrivere senza punteggiatura o con abbreviazioni (e con il famigerato k, per l’appunto) sul telefonino per essere più rapidi è una virtù, a patto che però si sappia usare correttamente l’italiano o una lingua straniera in contesti più elevati. Si possono usare anche parolacce, quando occorre e in particolari contesti, come ci ha insegnato Dante, ma poi bisogna sapere elevare il linguaggio fino ai vertici parossistici del Paradiso.

6 È d’accordo con Leonardo Sciascia quando mette in bocca al professore di Una storia semplice la frase: “L’italiano non è l’italiano: l’italiano è il ragionare”?

No, perché sapere usare l’italiano ad alti livelli significa ragionare ad alti livelli. Senza una lingua complessa, come tutte le lingue di grande cultura, non si possono fare ragionamenti raffinati, elevati, culturalmente elevati.

7 Lei è autore del libro “Boccaccio, Dante e Verdone”, edito da Cesati.  Qual è il filo rosso che unsice queste tre personalità, di cui una del mondo del cinema?

Il titolo vuole richiamare, senza scimmiottarlo, il titolo di un noto film di Verdone. Nella convinzione che si possa accostare Dante o Boccaccio a un interprete del nostro tempo, quale è Verdone, considerato non solo come regista e attore, ma come intellettuale.

8 Ha anche curato insieme a Evgènij Sìdorov l’opera “Dalla Russia con speranza. Racconti russi contemporanei”, sempre per Cesati editore. In relazione al drammatico periodo storico che stiamo vivendo, cosa sfugge ancora agli occidentali della Russia? L’invasione russa ai danni dell’Ucraina è soprattutto da ricercare della misteriosa anima dei russi?

In quanto direttore scientifico del Premio Letterario Internazionale Città di Penne-Mosca, che è giunto alla 44ma edizione, cerco di portare avanti l’idea iniziale, avuta appunto dall’ex ministro della Cultura della Federazione Russa, di creare un ponte di cultura per stimolare soprattutto i giovani a una cultura di pace. Conosco tanti intellettuali russi, scrittori, professori universitari russi, che hanno una sincera anima pacifista. Come del resto dimostra il titolo della raccolta, scelto proprio da Sidorov qualche mese fa, in tempi ancora non sospetti.

9 Machiavelli, Dante, Boccaccio, Pirandello, Tasso. Quale tra queste grandi personalità è meno studiata secondo lei? E su quale ci sarebbe ancora da dire tanto o da chiarire alcuni punti?

Sono tutti autori molto studiati. Io mi preoccuperei piuttosto del fatto che siano sempre meno letti, soprattutto dalle giovani generazioni. Io ricordo che decisi di iscrivermi a Lettere, piuttosto che ad Astrofisica, che era la mia passione, perché mi innamorai del genio di Machiavelli, dopo averlo letto e riletto molte volte, ogni volta saltando sulla sedia per l’ammirazione, l’esaltazione, la passione per l’umana genialità, tutta concentrata in un uomo che in vita mangiò tanta polvere.

10 Prossimi impegni?

Vorrei terminare i miei lavori ancora aperti, anche se tutti quasi conclusi. Una nuova edizione critica della Mandragola, l’edizione critica delle Prose della volgar lingua di Bembo, l’edizione critica delle prime commedie in prosa di Ariosto, l’edizione critica delle opere burlesche di Annibal Caro: tutti lavori cui ho applicato il metodo tipo-filologico, con grandi novità ecdotiche.

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