György Lukács, il marxismo applicato all’attività critica

Il filosofo ungherese Lukács György (Budapest, 13 aprile 1885 – Budapest, 4 giugno 1971) è stato uno dei principali esponenti del marxismo del Novecento. Laureatosi a Budapest nel 1906 si trasferisce a Berlino e a Heidelberg per approfondire gli studi di filosofia. Quello tedesco è stato un periodo decisivo per la sua formazione culturale; il suo pensiero risente fortemente dell’influsso di personalità come Simmel, Weber, Rickert, Lask e Dilthey. Con lo scoppio della Prima guerra mondiale L. vive una crisi ideale e politica che lo avvicina al marxismo. Torna in Ungheria e si iscrive al partito comunista partecipando nel 1919 alla Repubblica Sovietica ungherese di Kun come commissario del popolo all’istruzione. Successivamente emigra in Austria e in Russia e ritorna in patria nel 1945 per occupare un posto di professore all’università di Budapest. Nel 1956 Lukács prende parte attiva al disgelo politico e culturale e partecipa al secondo governo Nagy come ministro della Pubblica istruzione.

Dopo la repressione russa viene deportato in Romania; rientrato a Budapest nel 1957 si ritira da ogni attività pubblica e si dedica interamente al suo lavoro scientifico.
Per quanto riguarda la sua formazione, l’influsso di Hegel e dello storicismo tedesco costituisce il nucleo teorico delle sue prime opere: L’anima e le forme del 1911 e Teoria del romanzo del 1915. Gli stessi motivi teorici sono presenti anche nell’importante e celebre opera del 1923 Storia e coscienza di classe (tradotta in italiano nel 1967) opera che rappresenta il momento più significativo dell’incontro con l’opera di Marx e con il marxismo. In questo libro L. unisce la teoria marxiana della reificazione e del feticismo, la critica dei procedimenti metodologici delle scienze della natura e la critica hegeliana dell’intelletto e del materialismo. L. inoltre esplicita un metodo fondato sulla “totalità concreta”. Per alcune delle tesi in esso contenute il libro è  aspramente criticato dalla Terza Internazionale e L., ormai legato e attivo all’interno del movimento comunista, è costretto a sconfessare le sue idee. Inizia così quella che si può definire la seconda fase della sua attività, ispirata al “materialismo dialettico” e concentrata sull’estetica marxista.

Nel suo studio Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica (uscito in Italia nel 1960), L. sostiene la sostanziale continuità di metodo fra Hegel e Marx-Engels. Come teorico dell’arte e della letteratura il filosofo e critico elabora una teoria estetica fondata sulla concezione del “rispecchiamento” e sulla categoria del “particolare”. Il realismo è la forma più alta di il rappresentare personaggi “tipici” in circostanze “tipiche” è la cosa più vicina alla verità. L’arte è una forma di sistema in cui si supera l’accidentalità e si arriva ad un momento eterno perciò deve essere realista ma non naturalista. L’arte naturalista di Zola, Maupassant e Verga ad esempio  si compiace nell’affondare nel patologico-fisiologico, dimenticando la politica e la storia: l’uomo è considerato nella sua individualità, e ciò conduce alla creazione di personaggi staccati dalla società e in contrasto con la ricerca della totalità. Il realismo in letteratura è una riproduzione fedele di circostanze tipiche in cui si intrecciano realtà con caratteristiche unitarie, dialettiche e problematiche. Il romanzo racchiude la storia di un popolo. Lo scopo del romanzo storico è dunque quello di dimostrare con mezzi poetici le circostanze storiche e far diventare la storia un modello assoluto. Esso crea un nesso tra la istintività e l’inconsapevolezza delle masse e la coscienza storica della classe dominante. Ma cogliere il “tipo” non significa fare una statistica di una serie di casi particolari, né riprodurre la realtà. Cogliere il tipico significa infatti cogliere il significato profondo della realtà storica, i suoi nodi centrali e decisivi.

In Teoria del romanzo, testo ha previsto il crollo della cultura che analizzava, Lukács comincia il suo lungo excursus sulla storia delle forme letterarie dall’epica classica di Omero:

“Il greco traccia il cerchio della raffigurazione formale ancora al di qua del paradosso, e tutto ciò che, tradotto il paradosso in termini attuali, dovrebbe condurre alla piattezza, lo porta invece alla compiutezza”.

La metafora spaziale, scelta da Lukács, è  la più adatta ad illustrare la condizione dell’uomo greco: tutto il “mondo” è sullo stesso piano, tutto è scopribile e conoscibile, perfino le divinità, per questo l’uomo dell’Epos non si pone la questione di conoscere il proprio destino, perché gli è facilmente rivelato. Se nell’epica era sufficiente un solo tipo di soggettività, ovvero l’uomo che semplicemente “viveva” in un mondo sensato, ora che esse hanno il potere di creare una totalità  le soggettività sono divenute due: l’eroe-cercatore, che deve tentare di ritrovare il senso in un mondo che non l’ha più, ma anche una soggettività creatrice: “il soggetto che contempla e crea, applicando a se stesso la sua conoscenza del mondo, è costretto a fare di se stesso, esattamente come delle proprie creature, il libero oggetto della libera ironia”. E c’è un modo efficace che ha il romanzo per soddisfare le esigenze di entrambe le soggettività: la biografia.

La forma più adatta per l’uomo del romanzo che è un individuo problematico, è quindi quella biografica che però non elimina la scissione del mondo tra senso e non-senso. Il cammino biografico dell’uomo problematico verso l’autocoscienza della propria esistenza è solo una “visione del senso”.

I Saggi sul realismo, dedicati soprattutto agli studi su Balzac e a Tolstoj, come ha sostenuto lo stesso Lukács, hanno “un carattere idealistico-borghese, in quanto in essi non ci si muove dai rapporti diretti e reali tra la società e la letteratura, ma si cerca invece di cogliere intellettualmente e realizzare una sintesi di quelle scienze – sociologia ed estetica – che si occupano di tali argomenti”. Capitali saranno testi come Thomas Mann e la tragedia dell’arte moderna,  Estetica, Studi sul Faust e Il romanzo storico in cui presenta appunto tutte le sue teorie estetiche e letterarie.

Oltre ad aver contribuito alla filosofia marxista e alla storia del pensiero moderno, quindi, Lukàcs si è impegnato a lungo anche nell’ambito della riflessione estetica e della critica letteraria, applicando in maniera significativa il marxismo alle questioni dell’arte e dell’attività critica.

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