The legend of Tarzan: un classico rivisitato

The legend of Tarzan (Warner Bros, 2016) è l’ultimo live action diretto da David Yates, regista di quattro film della saga di Harry Potter e di Animali fantastici e dove trovarli, in uscita a novembre 2016. La pellicola riprende la storia di Tarzan otto anni dopo che ha lasciato il Congo insieme alla sua Jane, si tratta dunque di un sequel che promette di riprendere il mito del personaggio disneyano arricchendolo di nuovi elementi e raccontando la storia da un’altra prospettiva. Tarzan vive a Londra con sua moglie Jane, è conosciuto come Lord Greystoke, John Clayton III, e si è ormai lasciato alle spalle l’infanzia passata in Congo. È solo quando George Washington Williams, unico personaggio storico nella trama, gli chiede in tornare in quelle terre, come emissario del parlamento per appurare se in Congo i colonizzatori praticano la schiavitù, che Tarzan dovrà fare i conti con il suo passato, con i bei ricordi e con ciò che vuole lasciarsi alle spalle per sempre. Il film è basato sul personaggio creato da Edgar Rice Burroughs, interpretato da Alexander Skarsgård, ma la trama è del tutto originale. Fanno parte del cast anche Samuel L. Jackson (George Washington Williams), Margot Robbie (Jane Porter), Djimon Hounsou (Capo Mbonga) e Christoph Waltz (Léon Rom).

The legend of Tarzan: stile e tematiche

The legend of Tarzan è un film che unisce azione, avventura, dramma e sentimenti, un progetto fin troppo ambizioso e complesso per riuscire bene in ogni sua parte. Gli elementi che vengono privilegiati dal regista sono di certo l’azione e l’avventura, puntando molto sulle scene di scontro sul modello epico delle battaglie di film come Il signore degli anelli e Troy, che risultano eccessivamente artefatte per una storia ambientata nella giungla. Un altro elemento che rende questi scontri irreali è l’uso che David Yates fa del rallenty, per dare ancora maggiore pathos alla scena, uno strumento che non fa altro che evidenziare le differenze visive fra chi è umano e chi è stato riprodotto al computer, come i gorilla. The legend of Tarzan avrebbe dovuto puntare molto di più sulla psicologia del protagonista, in contrasto fra il suo lato bestiale e quello civilizzato, ma nonostante questo tema sia presentato all’inizio del film non viene spiegato e trattato con la dovuta profondità nel corso della trama. Si può dunque affermare che i sentimenti soccombono per lasciare spazio all’azione, un’azione artefatta ed eccessivamente costruita. Buona la scelta di creare una ‘spalla’ per Tarzan, ovvero George Washington Williams, che smorza la tensione di certe scene delle battute ad effetto. Quello che non convince invece è il desiderio, da parte del regista, di rendere Tarzan una specie di supereroe, con abilità fisiche fuori dalla norma, una sorta di Spiderman che salta con agilità da una liana all’altra, un personaggio addirittura oggetto di leggenda:<<Stanno cantando la leggenda di Tarzan. Per molte lune fu creduto uno spirito malvagio, un fantasma fra gli alberi. Parlando del suo potere sugli animali della giungla, perché il suo spirito veniva da loro. Lui li capiva. E imparò ad essere una sola cosa con essi>>

Ciò che The legend of Tarzan lascia nello spettatore è soprattutto un forte desiderio di rivedere la pellicola originale della Disney, segno che l’esperimento di Yates non è del tutto riuscito.

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