Brunella Giovannini è nata a Reggiolo (Re). Nel 2015 ha esordito con il romanzo “Un volo di farfalle” e si è aggiudicata il terzo premio nella 40° Edizione del “Premio Città di Fucecchio”. Nel 2016 sempre Edizioni Leucotea ha pubblicato il suo secondo romanzo intitolato “Tra i segreti di Villa Aurelia” e ha conseguito il terzo premio per la narrativa edita nell’ottava edizione del Concorso Letterario promosso dall’Associazione “Club della Poesia” di Cosenza. “L’arcano degli angeli”, suo terzo romanzo, ha ottenuto una menzione d’onore nella XXI Edizione del Premio “Emozioni e magie del Natale” di Piacenza. “L’essenza del tempo” è il suo quarto romanzo. L’autrice ha conseguito anche numerosi consensi e premi in ambito poetico.
L’essenza del tempo: trama e contenuti del romanzi di Brunella Giovannini
Ombretta, la protagonista, dopo il dissesto economico della famiglia, che risiedeva in un podere nella bassa padana, è costretta a trasferirsi negli anni settanta nell’hinterland milanese. Qui suo padre lavora alle dipendenze di un conte gentile. La bambina fatica ad ambientarsi, ma trova due amiche piene di vitalità, originarie del Sud.
Ombretta con le amiche nel giorno del suo ventitreesimo compleanno viene investita da una auto pirata, che la riduce per sempre invalida su una sedia a rotelle. Una di queste amiche perde la vita. E dire che tutto sembrava andare per il meglio ad Ombretta, che lavorava in una fabbrica di profumi grazie a quel galantuomo del conte Montenuovo!
Il titolo del libro prende proprio il nome da un profumo di quella ditta, ma è meglio non spoilerare troppo. Ombretta assumerà come badante una donna che è stata in carcere per un delitto, ma essa è una persona nuova ormai, ha capito i suoi sbagli, è avvenuta la sua redenzione etico-religiosa. Dopo tanti anni Ombretta ritrova un amico di vecchia data ed è amore. Penseranno insieme al futuro. Progetteranno insieme il futuro, nonostante alcune contrarietà.
Il romanzo ha una trama avvincente. È meglio non raccontarlo tutto. L’intreccio è complesso, fantasioso senza finire nel fantastico. Come in ogni trama avvincente non mancano i colpi di scena. Alcuni colpi di scena scaturiscono dai salti di luogo e di tempo. Perché una trama desti attenzione nel lettore secondo Todorov bisogna che ci sia una piccola perturbazione nel plot, un elemento che spezzi l’ordinarietà, il quotidiano.
Anche secondo Propp, sebbene lui tratti le fiabe, c’è in ogni trama che si rispetti la rottura di un equilibrio iniziale e poi le peripezie, le vicissitudini del protagonista. In questo romanzo abbiamo l’incidente stradale che causa la disabilità alla protagonista. È questo il cambiamento di rotta, il twist plot come direbbero gli americani.
Tutto è ben congegnato, ben architettato. Secondo alcuni studiosi si può scrivere un romanzo anche senza una trama e secondo altri studiosi una trama vale l’altra. Secondo questi letterati l’importante è l’invenzione linguistica, lo shock verbale, la narrazione. Secondo altri è inutile esercitare l’immaginazione perché la vita la supera sempre, ci sorprende sempre, è sempre più creativa della nostra mente.
Un romanzo avvincente
Secondo la recente critica letteraria un buon racconto deve essere straniante, mentre un romanzo deve essere polifonico (come scrive Michail Bachtin). Questo romanzo, che è di pregevole fattura, rappresenta una eccezione alla regola. Esistono i capovolgimenti di fronte, anche se non ci sono rovesciamenti di punti di vista (straniamento), né rotazione o carrellata di punti di vista (polifonia). In questa opera non è importante la prospettiva, non ci sono i cosiddetti paradossi prospettici.
Qui è determinante invece la storia. La cosa più importante in prosa è avere una storia da raccontare. Un conto è tutta la teoria della letteratura. Un conto è disquisire sugli ingredienti che dovrebbero costituire un capolavoro ed un altro è scrivere un romanzo. Inoltre un altro pregio del libro oltre al fatto di non essere costruito a tavolino secondo certi canoni letterari è che non è assolutamente un romanzo saggio.
Il romanzo di Brunella Giovannini non è reale ma è realistico. Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale, ma tutto potrebbe essere vero. La scrittrice non vuole interpretare la vita, spiegarla, decodificarla, chiarirla, ma vuole solo raccontarla; è la cosa più difficile perché la Giovannini deve estraniarsi dalle congetture intellettuali ed aderire alla realtà, pur rimanendo giocoforza nell’ambito della fiction.
In questa opera si avvicendano i personaggi, che sono ben tratteggiati. Ogni figura ha la sua funzione nell’economia del libro. L’essenza del tempo è la dimostrazione che una trama molto interessante insieme ad una buona narratività possono rendere più che dignitoso un libro. È la dimostrazione che per essere romanzieri ci vuole una ideazione spiccata, bisogna anche sapersi inventare storie oltre che saperle narrare.
L’essenza del tempo è la conferma che una storia originale (senza scadere nel surreale, nel surrealismo, nel realismo magico, così abusato) può diventare esemplare. L’autrice ha qualcosa da raccontare a differenza di molti narratori, che sono soporiferi. La lettura è piacevole e non annoia mai.
La rielaborazione del reale
Inoltre ogni letteratura anche quella più fantastica si ispira al reale e ad essa è strettamente connessa. La scrittrice però ha saputo trasfigurare, rielaborare il reale. Di certo trattare anche della bassa padana è una scommessa, una sorta di sfida. Può essere a seconda dei gusti un punto di forza o un punto debole perché la bassa padana rievoca nella mente dei lettori le atmosfere magiche, lunatiche di Cavazzoni, Bevilacqua, D’Arzo, Delfini.
Ma ciò ricorda anche un celebre film come Novecento di Bertolucci. Di certo la Giovannini sa scrivere. È ancorata alla tradizione. Non cede alle lusinghe dello sperimentalismo. I personaggi, i fatti, i luoghi, le circostanze, le vicende sono descritte ottimamente. Niente è lasciato al caso.
L’autrice è esauriente e non si sofferma mai troppo. Non è mai sciatta per voler essere a tutti i costi scorrevole. I periodi sono elaborati ma mai involuti. Cura i dettagli, è attenta e scrupolosa nel linguaggio. Ha ottima proprietà di linguaggio. Non è nemmeno troppo prolissa per far vedere quanto sa padroneggiare la lingua italiana.
Un romanzo come questo necessita di una buona mano e anche di qualche stesura. Probabilmente diversi sono stati i ripensamenti, le aggiunte, i tagli. Ma alla fine tutto è stato calibrato e ponderato. È stata soppesata ogni parola, ogni frase. Viene da chiedersi perché una scrittrice talentuosa non sia assurta alla cronaca nazionale?
Ebbene moltissimi scrivono al mondo di oggi. Pochi leggono. Poi certe tematiche possono interessare ed altre no. Sono molteplici i fattori in gioco. Un tempo gli scrittori avevano consensi e popolarità. Come scrisse Stanisław Jerzy Lec un tempo gli dei erano immortali. Oggi nessuno è più immortale.
L’aspetto più rilevante del L’essenza del tempo è la possibilità di riscatto della badante, che ha avuto dei precedenti penali, ha addirittura commesso un omicidio, ha pagato il fio e viene presa a lavorare, nonostante iniziali perplessità, dalla protagonista Ombretta. Sorge spontanea una domanda cruciale: come rapportarsi di fronte ad una persona che ha sbagliato? Sarebbe saggio riconoscere le nostre fratture che ci potrebbero portare anche noi a sbagliare e poi cercare di dare un’altra possibilità alla persona che si è macchiata di una colpa.
Secondo una regola di vita condivisa l’importante è non fare favore né ricevere favori da chi delinque, ma allo stesso tempo non bisogna discriminare chi ha già sbagliato e pagato. Una cosa che viene da chiedersi, dopo aver letto il libro, è se la vita si riveli di più nel suo svolgimento lineare, nel solito tran tran oppure in alcune anomalie straordinarie.
Forse la Giovannini ci vuole ricordare che nel corso di ogni vita c’è qualche incrinatura, qualche punto di rottura. Bisogna farci i conti. Infine un’altra cosa fondamentale è lo spiraglio finale che apre. La protagonista è speranzosa, può ripartire, può ricominciare. Alla base di tutto come in ogni storia che si rispetti c’è un trauma, così come di solito è un trauma che spinge a scrivere, a sublimare la propria sofferenza. Jung nel “Libro rosso” scrisse: “Le cose che accadono sono sempre le stesse”.
Non è sempre uguale invece la profondità creativa dell’essere umano. Le cose di per sé non significano nulla, assumono un significato soltanto dentro di noi. Siamo noi a dare significato alle cose. Il significato è ed è sempre stato artificiale. Siamo noi a crearlo”.
Secondo Adler, fondatore della psicologia individuale, l’uomo per dare un senso alla propria vita deve risolvere il problema occupazionale, il problema sociale e deve trovare l’amore. Infatti la protagonista del libro si realizza soltanto dopo aver risolto queste problematiche. Questo libro è una buona lettura, per i più piccoli potrebbe essere edificante, per cui non si potrebbe parafrasare la celebre espressione di Baudelaire “ipocrita lettore, mio simile, fratello”.
In ogni caso questo libro può comunque riguardare ognuno di noi perché ad ognuno di noi possono accadere queste cose: come dicevano gli antichi “de te fabula narrator”.
Davide Morelli