Addio a Pino Daniele, anima blues della musica italiana

 Come ricordare il grande cantautore e chitarrista Pino Daniele, scomparso ieri all’età di 59 anni a causa di un infarto, simbolo di Napoli e artista internazionale che mai si è piegato alle ragioni della musica commerciale, ma sperimentando sempre; quale album scegliere per rendergli il giusto omaggio? Spulciando tra le maglie di una discografia imponente, la scelta è caduta su Vai Mò, verso il quale probabilmente molti storceranno il naso  dal momento che Nero A Metà è generalmente considerato il capolavoro dell’artista partenopeo.

Vai Mò riprende, amplia e completa il percorso musicale iniziato con Pino Daniele (1979) e Nero A Metà (1980). Secondo poi questo lavoro oltre alle contaminazioni tra blues, rock, r’n’b, musica italiana e napoletana, presenta commistioni con sonorità molto vicine al jazz ed alla fusion. Terzo ma non ultimo, i musicisti scelti per l’incisione sono quanto di meglio si potesse trovare in Italia a quell’epoca. C’è tutta la Napoli che conta: il sax di James Senese, la batteria di Tullio De Piscopo, le percussioni di Tony Esposito, le tastiere di Joe Amoruso ed Ernesto Vitolo, il basso di Rino Zurzolo, il trombone di Fabio Forte. Una vera e propria macchina da guerra, il cosiddetto “Neapolitan Power”, composto da ex membri della gloriosa Napoli Centrale capaci di dare forma e vita al vortice di note concepite da Pino Daniele. Il materiale è, manco a dirlo, di primissima qualità. Si va dalla tambureggiante Che Te Ne Fotte fino alla poetica E’ Sempre Sera, passando per l’arcinota Yes I Know My Way, la frenetica Ma Che Ho, la dolente Nun Ce Sta Piacere, la magnifica Notte Che Se Ne Va, senza contare Viento ‘E Terra, Puorteme ‘A Casa Mia, Have You Seen My Shoes, Sulo Pè Parla, Un Giorno Che Non Va. La band fa fuoco e fiamme mentre Pino Daniele gioca. Gioca con gli stili, con le note, con le lingue, con i dialetti, con le parole, sognando una musica capace di trascendere correnti, nazioni e particolarità locali per abbracciare il mondo intero. Pino Daniele suona. Suona tanto con la chitarra, quanto con la voce e con i vocaboli. La sua timbrica personalissima assume la valenza di uno strumento mentre la lingua napoletana nella sua bocca si arricchisce di sfumature anglofone e latine che ne rafforzano la poetica e la musicalità.

“Guagliò, ma che te ne fotte?! E quando good good cchiù nero da notte nun può venì!” (Che te ne fotte)

E poi la tecnica. Una tecnica sia compositiva che strumentale strabiliante. Canzoni complesse, difficili ma nel contempo orecchiabili, belle da suonare e da cantare. Un talento eccezionale capace di portare i profumi del golfo di Napoli oltre gli angusti confini della Campania. Non è un caso che molti artisti di livello internazionale abbiano scelto Pino Daniele per collaborazioni di successo. Basta solamente citare i nomi di Eric Clapton, Wayne Shorter, Richie Havens, Gato Barbieri, Pat Metheny e Chic Corea, per capire il rispetto e la considerazione di cui godeva in tutto il mondo. Le ragioni di questo successo sono facili da individuare.

Pino Daniele con la sua band storica-1981

Innanzitutto c’è Napoli, con i suoi suoni, i suoi umori, la sua musica, le sue contraddizioni, un luogo particolare in grado di suscitare emozioni e sensazioni profonde, poi viene la sensibilità unica di un musicista che ha saputo incanalare queste influenze in una miscela unica ed irripetibile. Pino Daniele ha avuto anche l’abilità e la lungimiranza di “farsi scegliere” aprendo la sua mente ad ogni tipo di esperienza musicale e professionale, da qui la composizione di colonne sonore per il cinema, l’intervento in lavori di artisti diversi (Baglioni, Bertè) o collaborazioni con artisti africani o asiatici. Massimo Troisi diceva:

“Pino è un po’ l’Eduardo della canzone, un musicista che riesce a tirare fuori napoletanità e sentimento senza cadere nel folklore o nel partenopeo a tutti i costi”

Questa definizione coinvolge tre personaggi di spicco della cultura italiana, e napoletana in particolare, che hanno avuto il merito di innaffiare le proprie radici con gli umori del mondo creando opere dalla valenza universale. Vai Mò è forse uno dei frutti più significativi si questa “universalità partenopea” in quanto coglie uno dei migliori musicisti di sempre, in compagnia dei migliori musicisti di sempre, all’apice della creatività. Un momento unico ed irripetibile intrappolato su disco. Un’opera senza tempo e senza confini capace affascinare persone di età, colore e culture diverse. Questo è, è stato e sempre sarà Pino Daniele, con la la sua voce malinconica e gentile, uno che “tenev’ ‘a cazzimm’” e faceva tutto quello che gli andava “pecchè era blues e nun vulev’ cagnà”.

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