Solo Assad può salvare Erdogan

Beirut. Giornalisti e intellettuali col ditino puntato, prima di scrivere o parlare dell’assedio di Idlib, per onestà intellettuale, hanno il dovere di spiegare a lettori e auditori tre questioni fondamentali. Primo. Chi occupa il territorio e tengono in ostaggio i civili sono gruppi terroristici in passato legati a Jabhat al Nusra, ramo siriano di Al Qaeda, nemici di Assad e anche dei curdi. Secondo. La presenza militare della Turchia, membro della Nato, in quel territorio è una violazione del diritto internazionale oltre che della sovranità della Siria. Terzo e ultimo punto. La Turchia, membro della Nato, protegge gruppi terroristici in passato legati a Jabhat al Nusra, ramo siriano di Al Qaeda, nemici di Assad e anche dei curdi, che tengono in ostaggio milioni di civili. Se mancano questi elementi qualsiasi narrazione che sentirete o leggerete è dunque parziale, sensazionalistica o ideologica, di conseguenza, falsa.

La realtà sulla vasta provincia di Idlib ci dice che di “ribelli moderati” non se ne vedono più da un pezzo. La maggior parte dei suoi combattenti siriani provengono dalle zone riconquistate negli ultimi anni dall’Esercito Arabo Siriano, Hama, la Ghouta Orientale, Aleppo, senza contare tutti gli stranieri già presenti sul posto prima dell’attuale assedio. Persino gli Stati Uniti per bocca dell’inviato Brett McGurck sono stati costretti ad ammetterlo definendolo “il più grande santuario di Al Qaeda dopo l’Afghanistan”.

Non a caso proprio lì si trovava, protetto probabilmente dall’intelligence turca, il Califfo dello Stato Islamico Abu Bakr Al Baghdadi, prima di essere ucciso, pare, da un raid americano. Ecco perché gli appelli strappalacrime di ONG e influencer su Idlib lasciano il tempo che trovano. Non perché le vite dei civili valgano poco, anzi, bensì perché chi vuole ricordarli oggi, da morti, avrebbe dovuto farlo in questi otto anni di guerra quando erano vivi, imprigionati, presi in ostaggio, usati come scudi umani dai gruppi jihadisti.

Quanto accade in questi giorni in Siria, nella provincia di Idlib, rientra nella diplomazia muscolare russo-turca, per cui ha il diritto di sedersi al tavolo delle negoziazioni solo chi ha il coraggio di sacrificare militari operativi sul campo. Turchia e Russia non arriveranno allo scontro diretto perché non è nell’interesse di nessuno.

Da un lato Putin, oggi, è l’unico amico rimasto a Erdogan in Medio Oriente, sempre più isolato nella Nato, e nemico giurato della “Nato araba”, il quale allo stesso tempo alza la posta con l’Europa con la minaccia migratoria per avvicinarla ai suoi interessi allontanandola da quelli atlantici; dall’altro Putin, che non scaricherà Assad per nessuna ragione al mondo, soprattutto ora che gioca la partita parallelamente anche sul fronte libico, ha lanciato un avvertimento al suo interlocutore diretto su un territorio che appartiene al governo siriano, occupato da gruppi terroristici, illegalmente da soldati turchi, e che nella realtà, giorno per giorno, sta per essere riconquistato dall’Esercito Arabo Siriano (a molti è sfuggito che di recente la principale via di comunicazione del Paese, l’autostrada M5 che collega le quattro principali città del Paese, Damasco, Homs, Hama e Aleppo, è stata liberata e riaperta). Insomma, Russia e Turchia, e di rado l’Iran, non possono perdere la più grande occasione che hanno per dettare l’agenda di Nordafrica e Medio Oriente.

E l’Italia in questa vicenda internazionale ha la possibilità di replicare e applicare con forza la strategia adottata col dossier libico, e inserirsi anche in quello siriano come mediatore nella diplomazia muscolare tra Putin e Erdogan, e tutelare i suoi interessi strategici nazionali, vale a dire, riconoscere la legittimità di Bashar Al Assad, riaprire per primi in Europa la nostra ambasciata a Damasco, e partecipare con le nostre aziende alla ricostruzione del Paese.

Per riuscire in questa impresa occorre però ridimensionare l’interventismo di Erdogan e farli rispettare i patti. Nessuno vuole assolverlo, soprattutto dopo aver approfittato della destabilizzazione della Siria per indebolire un suo vecchio amico, leader del mondo arabo, Bashar al Assad, e rafforzare il suo disegno neo-ottomano. In questi anni la frontiera turco-siriana è stata una vera e propria “autostrada della Jihad” nonché una retrovia strategica per i gruppi terroristici, pertanto la Turchia, dal fallito colpo di Stato in poi si è progressivamente allontanata dagli Usa, esclusa dalla “dottrina Trump”, e riavvicinata a Russia e Iran, tanto da entrare nei colloqui di Astana, rendendosi disponibile a modificare strategia, disarmare i gruppi jihadisti, ritirarsi dal Paese che oggi occupa illegalmente, in cambio di una ricollocazione dei rifugiati siriani ed ex combattenti siriani nell’area a maggioranza curda, di preciso in quella cintura temporanea di sicurezza, profonda 30 chilometri, collocata nella parte nord orientale. Tutto questo non è impossibile perché il presidente turco, oltre ad essere isolato sul piano internazionale, potrebbe essere il prossimo a finire sulla black list occidentale (soprattutto dopo che Bashar Al Assad se l’è scampata). E i russi, che lo hanno salvato già una volta nel 2016, quando fallì il golpe, non lo faranno una seconda. Soprattutto se gli accordi di Astana non verranno rispettati.

 

Sebastiano Caputo

Il divieto di ridere: modi e significati di una risata

Ridere, una delle reazioni nervose più comuni e più frequenti della nostra vita che indica una sensazione di intensa allegria, felicità, gioia, piacere ma anche tristezza e rabbia e non sempre costituisce un’esperienza piacevole, anzi a volte  è associata a diversi fenomeni negativi. L’eccessivo ridere infatti può portare a cataplessia e ad imbarazzanti attacchi di risa, oltre che a colpi ricorrenti di sghignazzate, sintomi di una preoccupante condizione neurologica.

La letteratura ha prestato molta attenzione e studio alla risata, sin dall’antica Grecia con Erodoto, per il quale la risata ha una funziona svelatrice della personalità e carattere di una persona, per poi proseguire con Hobbes, secondo il quale la passione della risata non è altro che la gloria improvvisa derivante dal concepimento di una qualche eminenza in noi stessi, in confronto con l’infermità di altri, o con la nostra precedente. Per Nietzsche la risata puà avere uno scopo sia positivo che negativo, il primo si esplica quando “l’uomo utilizza il comico come terapia contro la veste restrittiva della moralità logica e della ragione”, il secondo quando è utilizzata per esprimere un conflitto sociale. Va più a fondo Bergson con il suo trattato Il riso. Saggio sul significato del comico, con il quale spiega come la risata emerga dall’ incontro tra intuizione e ragione.

Insomma quello della risata è un vero è proprio universo a sé da esplorare con i suoi tanti modi e significati. Già, i significati, cosa si nasconde dietro una risata? Cosa vogliamo comunicare? Cosa percepiscono gli altri di noi? Per il vicepremier islamico Bulent Arinc, braccio destro del premier Erdogan è un atto seducente e quindi peccaminoso in pubblico. Ma ciò vale solo per le donne a quanto pare, alle quali è stato ed è vietato di ridere pubblicamente poiché, citando le parole di Arinc in piena campagna elettorale,“La donna saprà quello che è peccaminoso e quello che non lo è. Non riderà in pubblico. Non sarà seducente nel suo comportamento e proteggerà la sua castità”. La reazione delle donne turche non si è fatta attendere e hanno pubblicato sui social foto  che le vede sorridenti.  Il riso rivoluzionario. Su Twitter con l’hashtag #kahkaha (scoppiare a ridere) sono moltissime le foto di donne che ridono sguaiatamente; risate che sanno di sfida e di derisione nei confronti del vice ministro.

Ridere quindi è immorale in Turchia, come in altri paesi come L‘Arabia Saudita così come baciarsi, mostrarsi incinte, baciarsi in pubblico, usare Internet. Alle donne è proibito perché darebbero di sé un’immagine non casta e sfrontata. Agli uomini no. In realtà se dovessimo rivolgere la nostra attenzione alla risata in sé e questa appare come uno sghignazzamento fastidioso allora dovrebbe essere accuratamente evitata o quantomeno controllata sia da uomini che da donne, e chiederemmo al vice premier cosa ci troverebbe di sensuale e di seducente in una simile risata. Ma naturalmente il nodo della questione è un altro, e considerare una donna che ride in pubblico come una poco di buono, una spietata tentatrice è semplicemente ridicolo. Probabilmente Arinc si accende con poco è valuta una sana e gioiosa risata come un modo per attrarre a sé gli uomini e in verità non gli si può fare una colpa se preferisce  o vorrebbe che le donne fossero più riservate, arrossissero mentre le si guarda o le si parla, e in fondo anche questo a volte è un modo di sedurre, di affascinare, forse anche più di una fisicità, aggressività, sensualità esibita; ma è inaccettabile che si voglia avere il controllo sulle donne usando in maniera distorta la religione alla quale l’uomo- padrone si aggrappa per giustificare certi  suoi comportamenti. Ed ecco il reale nodo della questione: dietro una risata femminile c’è la paura del maschio di perdere il suo ruolo di dominatore e padrone; la donna che ride in questi Paesi fa paura perché è segno di emancipazione e di libertà, anche sessuale. E la religione è un valido strumento per esercitare il potere e incutere paura nella gente.

Ma, con le dovute proporzioni, non c’è nemmeno bisogno di guardare alla Turchia, che la donna ridente sia vista in malo modo lo dimostrano un paio di detti nostrani, femmina cha rridi non ci avere fidi, ovvero non ti fidare delle donne che ridono troppo, e donna ridanciana mesa putana , rispettivamente detto siciliano e padano. L’ipocrisia, il pregiudizio, l’ignoranza, la superficialità, i vecchi retaggi culturali, sentenziare in base all’apparenza, al modo di vestire e di parlare: sono questi, prima di tutti, i nemici da abbattere. Ma attenzione che da un estremo all’altro il passo è breve e pericoloso, come dimostra ampiamente la società che viviamo ogni giorno.

Al vicepremier turco consigliamo di leggere Il nome della rosa di Eco e Ridere è una cosa seria di Donata Francescato, e di fare sua la massima di Marziale, Se sei saggio, ridi.

 

<<Il riso è il salto del possibile nell’impossibile>>.
Georges Bataille, Mia madre, 1966.

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