‘Chicche di riso’, l’umorismo di Alessandro Pagani

Chicche di riso dello scrittore e musicista fiorentino Alessandro Pagani (editore “96, Rue de la Fontaine”) è una raccolta di 500 battute e/o freddure tra satira e comicità, tra umorismo e circostanze grottesche, in frasi, neo aforismi e brevi dialoghi, tutti da scoprire.

Con questo nuovo scritto riguardante il mondo della risata, l’autore ha voluto di cogliere i momenti di ‘imbarazzo’ che possono scaturire dall’ambiguità delle parole di tutti i giorni, in quelle situazioni paradossali che possono sembrare banali, ma che a volte non lo sono. Un modo semplice, ma non semplicistico, per non prendersi troppo sul serio.
Al termine del libro, come una sorta di omaggio al lettore, un breve racconto dal titolo Piccolo racconto onirico.

Come recita la prefazione scritta da Cristiano Militello (toscano come l’autore del libro), in “Chicche di riso” Alessandro Pagani, si mette nel solco dei Bartezzaghi e dei Campanile, passando per Woody Allen (la numero 499 avrebbe potuto scriverla tranquillamente lui). L’autore ci regala o, meglio, ci fa pagare il giusto, una valanga di freddure con predilezione per il calembour, anzi, ad esser precisi, per i metaplasmi, le metatassi e i metasememi.

La dimensione schizofrenica della realtà ci fa spesso dimenticare che esiste un luogo parallelo al tangibile, dentro una visione diversa delle cose, in una giustapposizione solo apparentemente incongrua tra ciò che è, quello che sembra e il fantastico opposto: il mondo surreale. Attorno al sottile confine fra oggettività e prospettive meno logiche, questa sfera è il territorio inconsueto dove inoltrarsi e incontrarsi per vedere il mondo da un punto di vista difforme, al fine di esorcizzarne gli effetti (e gli affetti) talvolta troppo gravosi per dominarne stereotipi ed eccessiva sacralità. Attraverso l’ironia, la satira, sarcasmo e ‘ingannevoli’ nonsense, il surreale sovverte ogni aspettativa sistematica andando oltre il raziocinio e la dialettica, servendosi dell’assurdo per innescare provocazioni, allusioni e paradossi più o meno espliciti, che oltrepassano l’ordinarietà. Le cinquecento frasi che seguono, oltre a sfatare luoghi comuni, personaggi reali e dell’immaginario collettivo, tentano di ridicolizzare la consuetudine sociale della monotonia quotidiana attraverso l’uso delle parole e con l’aiuto di situazioni umoristiche che tutti, almeno una volta nella vita, da protagonisti o spettatori, potremmo affrontare.

Chicche d riso è un libro leggero e divertente dedicato soprattutto a chi ha voglia di non prendersi sempre sul serio, chi vuole irridere sui paradossi e contraddizioni della nostra epoca, che però non manca di riflessioni intelligenti e acute sulla vita e sui modi di approcciare ad essa.

10 frasi per ricordare Luigi Pirandello a 150 anni dalla sua nascita

Luigi Pirandello, nato esattamente 150 anni fa ad Agrigento, è stato uno degli scrittori e drammaturghi più significativi del panorama letterario del ‘900, vissuto negli anni del crollo del positivismo e nel periodo dell’età giolittiana con la conseguente crisi dello Stato italiano. Questo senso di disagio si riversa inevitabilmente sull’uomo e l’intellettuale Luigi Pirandello che non si riconosce più e fatica a trovare una posizione all’interno della società. Da queste premesse si sviluppa il relativismo pirandelliano e quindi il contrasto tra forma e vita: l’uomo e le cose cambiano in base a chi li percepisce, dunque l’uomo non è uno solo ma ha tante forme: crede di essere unico ma è centomila e alla fine nessuno. Questo nessuno è costretto ad indossare una maschera per relazionarsi con la società, la quale impone dei condizionamenti sociali che impediscono il manifestarsi di una vita autentica. L’unico modo per sfuggire da questa condizione di falsità è la follia: attraverso di essa infatti l’uomo può smascherarsi e svelare il vero io. Questa è ciò che Luigi Pirandello definisce umorismo, sentimento del contrario. 

Tali tematiche esistenziali costellano tutta la poetica di Pirandello che in maniera eclettica incastona nei diversi generi da lui affrontati dai romanzi, alla saggistica, alla poesia alla narrativa fino al teatro. Le sue opere più celebri sono Il Fu Mattia Pascal, Uno nessuno e centomila, l’Umorismo, Novelle per un anno, Sei personaggi in cerca d’autore.

 

1.”Imparerai a tue spese che lungo il  tuo cammino incontrerai ogni giorno milioni di maschere e pochissimi visi”

2.”C’è una maschera  per la famiglia, una per la società, una per il lavoro. E quando stai solo, resti nessuno”

3.”E’ molto più facile  essere un eroe che un galantuomo. Eroi si può essere una volta tanto; galantuomini si dev’essere sempre”

4.”La vita o si vive o si scrive, io non l’ho mai vissuta, se non scrivendola”

5.”Nulla è più complicato delle sincerità”

6.”Gli unici modi per fuggire dalla vita sono la pazzia e l’ironia”

7.”Prima di giudicare la mia vita o il mio carattere mettiti le mie scarpe, percorri il cammino che ho percorso io. Vivi il mio dolore, i miei dubbi, le mie risate. Vivi gli anni che ho vissuto io e cadi là dove sono caduto io e rialzati come ho fatto io”

8,”Nulla atterrisce più di uno specchio una coscienza non tranquilla”

9.” E’ l’amore guardò il tempo e rise, perché sapeva di non averne bisogno. Finse di morire per un giorno, e di rifiorire alla sera, senza leggi da rispettare. Si addormentò in un angolo di cuore per un tempo che non esisteva. Fuggì senza allontanarsi, ritornò senza essere partito, il tempo moriva lui restava”

10. “Le anime hanno un loro particolare modo d’intendersi, d’entrare in intimità, fino a darsi del tu, mentre le nostre persone sono tuttavia impacciate nel commercio delle parole comuni, nelle schiavitù dell’esigenze sociali”

 

 

‘Il fu Mattia Pascal’: il romanzo moderno umorista di Pirandello

“La vita è una bestialità, e allora dica un po’ lei che cosa significa il non averne commessa nessuna: significa per lo meno non aver vissuto”. Sono parole che non necessitano di spiegazioni, aggiunte, o commenti. Sono le parole di un Luigi Pirandello non ancora quarantenne che, con il suo Il fu Mattia Pascal, scritto nel 1903 e pubblicato l’anno seguente a puntate su “La nuova antologia”, ci catapulta in un mondo in cui è l’apparire ciò che conta. E quali sono le possibilità di riuscire, di vincere, di affermarsi, per un uomo che non ha possibilità di scelta? Per un uomo che continua a fuggire, legato a quell’incapacità di riuscire a realizzarsi, perché quel mondo, il suo mondo, non ha nulla a che vedere con ciò che è, con ciò che vorrebbe essere. Ed eccola l’apparenza,e la trappola.

Quella che ci lega, chi più, chi meno a questo mondo fittizio, a questo mondo in cui ciò che vediamo conta più di ciò che sentiamo. Mattia Pascal lo sa. Sa di dover andare via, sa di dover ricominciare e, in un modo ironico e sarcastico ci riesce, o almeno così crede. Per uno strano scherzo del destino o, forse, grazie ad esso, Mattia riesce, per un breve lasso di tempo ad illudersi di poter ricominciare, di potersi costruire quella vita che aveva sempre desiderato. Ma anche questa è solo un’illusione. “Per quanti sforzi facciamo nel crudele intento di strappare, di distruggere le illusioni che la provvida natura ci aveva create a fin di bene, non ci riusciamo…” Fuggito dal paesino nel quale vive accanto ad una donna che non lo comprende, perché “le donne, come i sogni, non sono mai come tu le vorresti”, giunge a Montecarlo dove, assistito dalla fortuna, riesce ad accumulare una sostanziosa somma di denaro. Divenuto ricco, sulla via del ritorno, Mattia legge sul giornale la notizia del ritrovamento del suo cadavere. Ed eccolo il destino, beffardo, forse un po’ crudele. Un destino che illude, un destino che concede speranza, un barlume, solo un istante di pura speranza.

La speranza di poter ricominciare, di poter partire da zero. Di essere tutto ciò che mai, avrebbe potuto essere restando legato ad un nome, ad un mondo che non gli appartiene. Ma un nuovo nome, una nuova identità, legati a quelle nuove speranze, durate forse solo un attimo, quasi il tempo di un sogno illusorio, sono solo una labile fantasia, un’amara speranza. Mattia, Adriano Meis, si risveglia da quel sogno. Costretto ad accettare che quella nuova vita è fittizia, un’altra illusione, forse l’ultima. Non può sposare la donna che ama, non può sporgere denuncia per un furto subito. Adriano Meis non esiste. “Avrei potuto costruire una nuova vita a modo mio” .La sua unica soluzione è fingere il suicidio per tornare ad essere Mattia, per poter ricominciare ancora, per poter tornare indietro e riprendere quella vita che, sa, essere l’unica che possa essere vissuta. Ma quella vita non esiste più, Mattia non esiste più o, forse, non è mai esistito. Mattia Pascal è il simbolo di quell’umanità incapace di realizzarsi, incapace di concretizzare i propri sogni per più di un breve istante. Mattia Pascal è un uomo che sogna un’altra vita, un altro amore, un’altra pelle. Ancora lei, un’illusione, un’amara speranza. La sua terza vita, Mattia, la vivrà in totale solitudine, chiuso in quella realtà dalla quale aveva provato a fuggire, con la consapevolezza che “La vita o si scrive o si vive, io non l’ho mai vissuta, se non scrivendola.”

Con Il fu Mattia Pascal nasce il romanzo del Novecento, e più specificamente il moderno romanzo umoristico , lontano dai canoni ottocenteschi del realismo e poi del naturalismo; la narrazione qui (in prima persona dallo stesso protagonista che è onnisciente) è fatta «per raccontare e non per provare». C’è riflessione, ambivalente umorismo. Mattia Pascal in questo suo diario di viaggio non rende partecipe il lettore della sua onniscienza, non anticipa i fatti, ma offre un punto di vista sbagliato attraverso le scelte errate che compie. Pirandello vuole mostrare pian piano l’evoluzione del suo protagonista , il crollo delle sue certezze e la sua crisi di identità, ma non gli basta, è come se volesse convincere anche noi , attraverso l’esempio di Mattia Pascal, della validità della sua filosofia sulla società.

Il tema dell’identità, della maschera, della trappola rappresentano un classico della filosofia dello scrittore siciliano. L’identità è una necessità sociale e, quando Mattia Pascal prende coscienza di ciò, è troppo tardi. Ma nessuno mostra la sua vera persona, tutti indossano una protezione, un’altra faccia, una maschera appunto, con la quale presentarsi agli altri che adoperano lo stesso stratagemma. Il pensiero pirandelliano è sempre più attuale , nonostante sia passato un secolo dalla sua formulazione.

Il fu Mattia Pascal è il libro simbolo di Pirandello ed un romanzo senza tempo: le tematiche affrontate sono valide sempre e dovunque.

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