Giuliano Gramigna, tra ermetismo e sperimentalismo

Dopo aver studiato giurisprudenza a Milano, lo scrittore e critico letterario Giuliano Gramigna (Bologna, 1920 – Milano, 2006), esordisce come redattore sul periodico milanese <<Tempo>> per poi approdare al periodico <<Settimo Giorno>> e al quotidiano <<Corriere d’Informazione>>. Nel 1952 si trasferisce al <<Corriere della Sera>> collaborando alle pagine culturali.

Il suo primo lavoro letterario è Taccuino (1948), richiamandosi alle tematiche e allo stile dell’ermetismo, ha tradotto autori francesi come Alain-Fournier e Charles-Louis Philippe, e curato e introdotto opere di vari autori. Nei suoi romanzi è andato via via delineandosi un certo gusto per lo sperimentalismo, dal romanzo d’esordio Un destino inutile (1958) ai successivi L’eterna moglie (1963), vicino alle tematiche dell’école du régard, Marcel ritrovato (1969), L’empio Enea (1972), sino a Il gran trucco (1975). Di grande interesse anche la sua produzione poetica: La pazienza (1959), Il terzo incluso (1971), Es-o-Es (1980), La festa del centenario (1989) e L’annata dei poeti morti (1998).

Vale la pena rivolgere l’attenzione sul romanzo di esordio di Giuliano Gramigna, Un destino inutile che lascia pensare a quanto l’esperienza di Proust sia stata determinante per lo scrittore bolognese, incidendo profondamente sulla sua educazione dei sentimenti. Si parla di affinità elettive ovviamente, non certo di imitazione; il romanzo si apre con un preambolo esterno alla vicenda in cui si apprende, tramite un cappellano militare, che Giovanni G. è morto prigioniero in Algeria alla fine dell’ultima guerra. Il sacerdote venuto apposta a Milano per cercare i familiari e consegnare loro le cose lasciate da Giovanni, spinto dall’impulso di indiscrezione suscitato da incontri con amici del defunto, si mette a leggere dei suoi “quaderni” dove Giovanni ha raccontato la sua vita. Il romanzo si svolge in parte a ritroso e comincia quando nasce una prima crisi nel matrimonio tra Giovanni e sua moglie Sandra.

Si chiarisce subito che questo non è un romanzo di fatti, ma di atmosfere e vicende interiori, di analisi, di introspezioni, si tratta dunque di un romanzo psicologico, di una psicologia variegata e sottilissima, dove l’analisi dei moti del cuore è dominata da una lucidità introspettiva che non cede nemmeno nei punti di maggiore tensione sentimentale.

Gli amici giudicano Giovanni un uomo complicato, un ipocrita, un egoista. Giovanni in realtà è un masochista morale (si pensi ad esempio al ricordo dell’episodio del gatto frustato quando era bambino, alle gelosie per Sandra e per gli amici, alla sua morbosa ricerca di una intonazione interiore tra se stesso e il paesaggio circostante; e in fondo il paesaggio stesso è uno stato d’animo. E si pensi anche, entrando in una zona più segreta, a quella ricerca del passato di Sandra collegata alla disperata impossibilità di fermare il tempo, isolandone al di là del suo scorrere i momenti puri del cuore, in cui sembra che debba adombrarsi per Giovanni la felicità). Ma come si comporta Sandra? La donna di fronte a tutto questo si rivela semplice, di scarsa vita interiore; per questo motivo il distacco risultano interni a questo conflitto elementare.

Verso la fine del romanzo si avverte una certa lentezza d’analisi, quando il protagonista torna su alcuni temi morali già trattati. Tuttavia le qualità positive di Un destino inutile risiedono dove memoria e paesaggio si intrecciano in un tessuto di trama sottile e dove l’attenzione psicologica e descrittiva si fondono nella misura di un linguaggio aderente alla complessa natura del personaggio. Un romanzo vivo, dunque, da riscoprire.

Tra i suoi scritti di critica letteraria si ricordano: Interventi sulla narrativa italiana contemporanea (1973-1975), La menzogna del romanzo (1980) e Le forme del desiderio: il linguaggio poetico alla prova della psicoanalisi (1986).

Dagli anni cinquanta fino all’alba del nuovo millennio, Giuliano Gramigna è stato uno dei critici militanti più acuti del nostro dopoguerra, amato e temuto dagli scrittori, ha saputo interpretare i nuovi fermenti del secondo Novecento, dallo strutturalismo alla psicoanalisi, ma nonostante ciò, il suo nome è spesso trascurato dalle storie più aggiornate della critica.

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