Lisbona: brio, colori e un pizzico di malinconia

Lisbona… brio e colori… che non bastano mai!

Lisbona è una delle capitali europee più “emozionanti, con una sua identità culturale forte ed un pizzico di malinconia che trova espressione con le note del fado, la musica popolare portoghese che è patrimonio dell’umanità che risuona tra i vicoli stretti ed antichi del quartiere Alfama.

Visitare Lisbona è d’obbligo per far “ridere un po’ l’anima”, ci si può imbattere in piste da ballo a cielo aperto lungo l’Avenida Liberdade, una delle strade principali della città, mangiare buonissimi piatti tipici all’interno del mercato “Time out” , anche se pagandoli un po’ di più rispetto alla media cittadina, ma l’atmosfera che si respira in questo mercato coperto moderno è qualcosa di meraviglioso!

Si può anche respirare l’atmosfera insolita, vivace e giovane che aleggia a Lx factory, un’ex area industriale ora trasformata in una sorta di villaggio hipster, con negozi, locali, bancarelle e murales che sono veri e propri capolavori della street art, elemento caratterizzante di Lisbona ed una delle librerie più belle al mondo, la Lev Devagar, dove si può viaggiare con la fantasia insieme ad un moderno “Geppetto”, Pietro Proserpio, creatore di origini italiane che vi incanta mostrando e raccontando le sue piccole grandi opere d’Arte: marchingegni realizzati con materiali di uso quotidiano. Un’esperienza che può sembrare magari banale ma che invece ti “accende” un po’ di felicità nel petto! La stessa felicità che si respira, soprattutto da maggio, quando migliaia di giovani si riversano sui prati che circondano la famosissima torre di Belém, uno dei simboli della città, per partecipare ad uno dei tanti concerti all’aperto che si svolgono nella metropoli: l’ “Out jazz”.

Camminare per le grandi piazze, raggiungere i punti alti con i caratteristici elevadores, passare da un baretto all’altro nel quartiere “Barrio Alto” , ingozzarsi fino a farsi salire la glicemia di pasteis de nata di Manteigaira (quelli più buoni della capitale), sfrecciare con la testa fuori dal finestrino del tram 28 o magari anche solo fotografarlo, godersi i panorami mozzafiato dai vari miradouros di Lisbona, visitare il castello di Sao Jorge o il monastero de Los Jeronimos, prendere un caffè buonissimo, perdersi nel suo “ambiente popolare” e rumoroso senza pianificare più di tanto le visite alla città. Ci vorrebbero giorni per elencare tutto quello che Lisbona offre, per ogni età e ceto sociale, una città, con le sue emozioni, alla portata di tutti che, è obbligo ripetere, non bastano mai!

‘Le conchiglie di Tenerife’, un racconto della poetessa Valeria Serofilli

Erano lì le conchiglie, forse da sempre. O almeno da quel tanto per fondersi col proprio scoglio. A colpirmi è stato quel loro piccolo cappello che brillava al sole e poco importava che fosse “abitato” e che al di sotto piccole antenne sporgessero cullandosi alla brezza marina.
È stato un attimo il rapinare il madreperlaceo tesoro, scaraventandolo, con movimento furtivo, dall’oceano, in poca acqua di mare contenuta in una bottiglietta da mezzo litro.

Giunta in albergo ho dimenticato il contenitore con all’interno gli intraprendenti abitanti. Poi la notte il rimorso: un sonno assai turbato dalla consapevolezza di stare facendo soffrire dei piccoli esseri, la cui colpa era stata unicamente quella di aver scelto, come casa, la conchiglia piú bella. Che anche i molluschi sian dotati di un gusto estetico quasi pari al nostro? E nel mio sonno agitato, le conchiglie si erano liberate per viaggiare veloci sui muri della stanza, sui mobili, giurerei di averne viste alcune ormai mutate geneticamente VOLARE posandosi sui vestiti appesi, finalmente di nuovo libere… Non mi vergogno di dire di aver chiesto, pentita, scusa al Dio Oceano per averlo privato di alcune sue creature per farne un braccialetto estivo che avrebbe adornato il polso di quella stessa mano che aveva compiuto il misfatto.
Immaginate la sorpresa quando la mattina al risveglio, vicino al mio letto, ho visto un piccolo cappellino di madreperla, il più bello e senz’altro anche il più temerario. E dietro a lui le chiocciole più piccole, ognuna con la propria casetta più modesta e in terra il tappo che chiudeva la bottiglia.

Non si sono forse meritate di essere riportare in spiaggia? E anche se lo scoglio non sarà più quello originario, anche se costituiranno probabilmente la preda di una spietata quanto insaziabile catena alimentare, le loro piccole antenne si muoveranno ancora alla brezza e alla corrente marina, quasi plaudendo alla ritrovata libertà.Per quanto mi riguarda mi accontenterò di indossare il braccialetto dell’Acquapark, impersonale e di plastica, ma almeno del tutto innocuo.

Valeria SerofilliPresidente AstrolabioCultura
Premio Astrolabio e Incontri letterari Ussero – Palazzo Blu di Pisa

(Tenerife, 6 luglio 2019)

Amsterdam, città dalle sfumature intermedie

Amsterdam: eccellente logistica e grandi parchi- La letteratura italiana, insieme a quella russa e francese, racchiude una galassia di materiale straordinario dove il lettore, in base alle proprie inclinazioni e necessità, può trovare, se sufficientemente dotato, qualunque risposta. Nel secolo scorso, una delle figure più splendenti del panorama letterario è stato Italo Calvino. Nella sua opera Le Città Invisibili, lo scrittore italiano ci trasporta letteralmente in dozzine di luoghi, di mondi. Vediamo rivivere Marco Polo, e raccontare; racconta al grande Kublai Khan, Marco. Ma ancor di più alla nostra anima. Calvino ci mostra come una città può essere immersa in un mondo surreale, dedicando implicitamente il suo libro ai frequentatori di luoghi onirici e caffè filosofici.

Inauguriamo questa rubrica dedicata alle città e ai viaggi con Amsterdam. Dice Calvino a proposito della capitale dei Paesi Bassi, nella sua Le Città invisibili:L’atlante ha questa qualità: rivela la forma delle città che ancora non hanno una forma né un nome. C’è la città a forma di Amsterdam, semicerchio rivolto a settentrione, coi canali concentrici: dei Principi dell’Imperatore, dei Signori…”

Amsterdam riceve ogni anno più di venti milioni di stranieri. E’ quindi certo che buona parte dei lettori abbia visitato la città sull’Ij. Sono pochi, tuttavia, coloro i quali possono dire, in tutta coscienza, di conoscerla. Dal punto di vista logistico, gli olandesi sono tra i migliori al mondo a “vendere” le poche cose straordinarie che hanno. Questo nella città della tripla X si è tradotto in un vero e proprio “quadrilatero del turismo”. Un’area del centro cittadino, di estensione limitata, al cui interno c’è tutto quello che gli amsterdammer concedono di buon grado ai turisti (a prezzi non certo moderati). Tra Amsterdam Centraal, la stazione ferroviaria, e Museum Plein, rispettivamente a nord e sud; con Prinsengracht che scorrendo ne delimita i lati, c’è pane per ogni tipo di turista. Famiglie interessate alla casa di Anna Frank, diciottenni in cerca di facili emozioni, e tutte le sfumature intermedie. Ma questo è solo quello che Lady Amsterdam mostra ai più. Come tutte le donne di un certo spessore, questa città, indubbiamente femmina, cela le proprie doti migliori, rivelandole soltanto ai più meritevoli. Le meraviglie di Amsterdam sono nascoste dietro porte di palazzi del 1500, dentro sinagoghe e conventi, nella Concert Gebouw, nei parchi secolari. Sono nelle abitazioni degli amsterdammer, così diversi dal resto degli olandesi, ma pur sempre riservati e sospettosi, seppur esempio perfetto di tolleranza.

Nel già citato quadrilatero, il cui perimetro ha confini percettibili seppur non indicati, una sorta di circo iper efficiente si muove con goffa armonia, esaudendo desideri da poco in cambio di danaro, mostrando sempre una facciata pulita e sorridente, che si tratti di ristoranti, bar, discoteche, coffeeshop, smart shop, bordelli… Sul retro del circo succede di tutto, in un ambito che coinvolge strati sociali di diversi livelli, in quella che viene chiamata “The Big Hypocricy”.

Interfacciarsi con un luogo in cui le leggi non scritte sono di gran lunga più impattanti di quelle istituzionali può essere arduo. I pochi che abbiano provato, nella storia, a mettere catene e limitazioni a questa città sono stati sputati via. La politica coloniale, di estrema efficacia (tutto l’opposto di quella sciagurata messa in atto dall’Italia), ha portato un paese minuscolo (ad oggi meno di sette milioni di abitanti) ad avere avamposti in tre continenti: Sud America con il Suriname, Africa con il Sud Africa ed Asia con l’Indonesia. Insieme con l’influenza dei movimenti Hippie, e con l’architettura stessa (assolutamente unica) della città, funzionale agli scambi mercantili che per secoli l’hanno alimentata, hanno creato un humus al cui interno qualunque mescolanza è possibile: colori, razze, religioni, suoni, lingue, anime.

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