L’immaginario di Fernando Botero in mostra al Vittoriano fino al 27 agosto

C’è tempo fino al 27 agosto per ammirare il talento artistico di Fernando Botero (Medellìn, 1932), pittore e scultore colombiano noto in tutto il mondo per le sue impareggiabili donne formose, ospite nella prima grande retrospettiva in Italia allestita nelle sale dell’Ala Bransini al Complesso del Vittoriano di Roma.

La visione artistica di Botero “alta”, libera dalla realtà e anticonformista, sebbene tra le critiche che non mancano mai nella vita, ha conquistato il vasto pubblico fino a meritarsi  la realizzazione di una grande mostra biografica a lui dedicata, in occasione della suo compleanno, ben 85 anni, oltre che in arrivo dei primi cinquant’anni di carriera. Cinquanta capolavori sono stati selezionati e installati in modo sublime per creare un percorso espositivo che mette a fuoco tutta la vita del Maestro essenzialmente legato alla cultura della sua terra natale, l’America Latina, ma, al contempo, profondo ammiratore del Rinascimento Italiano; così come raccontato dalle opere di pittura nonché scultura attualmente presenti nella mostra romana, le quali opere appartengono al periodo della sua lunga e instancabile produzione che va dal 1958 al 2016.

Curata da Rudy Chiappini in collaborazione con l’artista, l’esposizione si presenta suddivisa in sezione tematiche per ripercorrere, dunque, volume dopo volume le tappe dell’evoluzione artistica di Botero alla luce del panorama contemporaneo. Alla base della sua pittura vi è l’amore per il passato: gli artisti del ‘300, ‘400 e ‘500 italiano, che hanno influenzato e hanno plasmato le sue opere in una chiave contemporanea, e, poi, le nature morte, i temi religiosi e sociali della cultura locale in cui è nato: la violenza in Colombia, trasformando l’arte popolare in una forma diversa, una forma di manifesto e di denuncia di torture come nei due dipinti tratti dalla nota serie Abu Grahib, datata tra il 2006 e il 2007, oppure la sorprendente serie dei dipinti sulla Via Crucis, realizzata tra il 2010 e il 2011, ed infine, nell’ultima sezione, i famosi nudi femminili prendono il posto in un ciclo di immagini senza tempo e senza una dimensione morale e psicologica, perché la forma occupa uno spazio in una realtà senza tempo per essere eternamente liberi.

Forme sensuali, volumi colorati in versione moderna prendono atto nell’originale creazione di quello stile che diviene plastico dalla mente di Botero. Lo stesso artista ha affermato che crede molto nel volume fino ad assumere valore all’immagine e che i suoi personaggi vescovi, animali, nudi femminili, tutti dalle forme generose – le amate donne curvy nel dibattito attuale sul versante della società di costume –  non sono da ritenere personaggi grassi semplicemente perché lui non ha rappresentato la realtà ma un mondo in cui le forme appaiono diverse.

Promossa dall‘Assesorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Cultrali di Roma Capitale e prodotta dal Gruppo Arthemisia e MondoMostreSkira, la mostra di Botero al Vittoriano offre l’occasione di esplorare il punto di vista dell’artista colombiano dal virtuosismo simbolico e immaginario.

Mostra Botero

Complesso del Vittoriano -Ala Bransini, via di San Pietro in Carcere

Dal lunedì al giovedì 9,30 – 19,30

Venerdì e sabato 9,30 -22,00

Domenica 9,30- 20,30

Intero € 12,00

Ridotto € 10, 00

Edward Hopper al Vittoriano: la grande mostra dedicata al ‘pittore della solitudine’

Con l’arrivo della stagione autunnale, per gli appassionati d’arte non mancano gli eventi dedicati ai grandi nomi e retrospettive interessanti. Dopo il successo della mostra in Palazzo Fava a Bologna, dal 1° ottobre Edward Hopper (Nyack,1882- New York, 1967) torna nella capitale in una straordinaria retrospettiva. Oltre 60 opere realizzati tra il 1902 e il 1960 e una sezione inedita saranno esposti negli spazi dell’Ala Bransini del Complesso del Vittoriano fino al 10 febbraio 2017.

La mostra

Le opere di Hopper sono state eccezionalmente prestate dal Whitney Museum di New York, che di Hopper custodisce l’intera eredità. La rassegna, curata da Barbara Haskell (del museo newyorkese) in collaborazione con Luca Beatrice, ripercorre la straordinaria produzione dell’artista tra cui celebri capolavori come: South Carolina Morning (1955), Second Story Sunlight (1960), New York Interior (1921), Le Bistro or The Wine Shop (1909), Summer Interior (1909), interessantissimi studi (come lo studio per Girlie Show del 1941). A questo si aggiunge anche il prestito eccezionale dell’olio su tela Soir Bleu, dipinto da Hopper a Parigi nel 1914. Oltre ai capolavori di Hopper, inoltre, il percorso offre una sezione della mostra tutta inedita, che testimonia dell’influenza della tecnica del pittore sul grande cinema a lui contemporaneo: film di Philip Marlowe, lavori di Hichcock, primi fra tutti Psycho e La finestra sul cortile e di Antonioni. Così come in Profondo Rosso Dario Argento si ispira a Nighthawks per ricostruire la sequenza del bar.

 

Edward Hopper: pittore della solitudine

Conosciuto in tutto il mondo per la sua capacità di ritrarre il senso della solitudine nelle classi medie della società americana a lui contemporanea, Hopper è stato un artista lontano dalle tendenze astratte o surreali che contraddistinsero i nuovi linguaggi artistici della prima metà del Novecento scaturiti dagli sconvolgimenti sociali e politici. Per Hopper nacque l’esigenza di andare oltre la realtà apparente, in modo da indagare e riprodurre la realtà interiore: l’inconscio dell’animo umano. Lui stesso infatti sosteneva che dipingeva quello che provava, non quello che vedeva.

Ogni suo dipinto “fissa” una scena sempre silenziosa i quali personaggi dipinti appaiono fermi come se ripresi nell’attimo di un pensiero, di un momento di solitaria riflessione. Il senso di vuoto, di alienazione, di grave incomunicabilità sono nelle opere di Hopper la rappresentazione di un mondo sempre più moderno, sempre più avanzato, sempre più veloce e che, proprio per questo, gli appare (ed è) moltiplicatore di solitudine ed incomunicabilità, e che, a ben vedere, è uguale ancora oggi con il boom dei social network.

“Summer Interior” (1909)

 

Hopper si dedicò soprattutto al disegno, spaziando nelle varie tecniche pittoriche. In esposizione gli acquarelli parigini, i paesaggi e gli scorci cittadini degli anni ’50 e ’60 e, infine, le immancabili immagini solitarie di donne rivelano come la mano di Hopper è riuscita a rappresentare in modo reale la solitudine dell’attesa del vivere, tra pausa degli eventi e meditazione solitaria attraverso la nitidezza di uno scatto fotografico. E per il suo stile così inconfondibile e sui generis, fatto di sofisticati giochi di luci fredde, di colori non vivaci che conferiscono alle sue opere un’atmosfera metafisica, che Hopper, pittore del “silenzio”, oggi risulta essere tra gli artisti più noti e amati dal grande pubblico.

“Nighthawks” (1952.)
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