Terremoto centro Italia, più di 100 le vittime. Dolore e rabbia

Terremoto nel centro Italia. L’Italia è tornata a tremare la scorsa notte. La scossa è avvenuta alle 3,36, con epicentro tra Lazio e Abruzzo e lo sciame sismico si è propagato fino in Campania. Rasa al suolo Arquata con la sua frazione di Pescara del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, cumuli di macerie ad Amatrice e Accumoli in provincia di Rieti. Almeno 100 morti e centinaia di feriti, tra cui molti bambini (la più piccola vittima del terremoto aveva solo 8 mesi); numeri destinati ad aumentare, purtroppo. Il sismologo Boschi avverte: “Forte rischio di una seconda forte scossa nell’area, che è di massima pericolosità”.

Una scossa di magnitudo 6.0 è stata registrata alle 3.36 con epicentro proprio vicino Accumoli, e con ipocentro a soli 4 chilometri di profondità. Una seconda scossa di magnitudo 5.4 è stata registrata alle 4.33 con epicentro tra Norcia (Perugia), già colpita dal sisma del 1979 e che non ha registrato danni significativi, vista la sua messa in sicurezza in seguito al terremoto, e Castelsantangelo sul Nera (Macerata). Non osiamo nemmeno immaginare i drammatici momenti che stanno vivendo le persone delle zone coinvolte in questo momento e come per i più recenti sismi che colpirono Abruzzo ed Emilia Romagna, anche per questa ennesima tragedia, monta, inevitabilmente, la polemica politica. Il cordoglio e il dolore per le vittime si confondono con la rabbia e l’indignazione per come in Italia non si faccia prevenzione e si costruisca bene solo dopo terremoti gravi e in previsione di sciacallaggi e speculazioni.

Terremoto nel centro Italia: l’ennesima tragedia

L’ennesima tragedia che ci ricorda quali sono le priorità quando si redige il bilancio dello Stato; stando ben attenti a non usare il dolore per le vittime come pretesto per silenziare chi legittimamente chiede più spesa utile, magari per un vero piano per l’edilizia, in crisi sempre più nera, e meno bonus, assistenzialismi e opere inutili o comunque non urgenti per il proprio Paese, da sempre a rischio sismico. La rabbia in questi casi che hanno avuto molti precedenti, è l’altra faccia del dolore: se le tragedie della natura non sono del tutto dominabili o prevedibili, i loro effetti possono essere attutiti, tenendo conto di cose che si conoscono e i nostri sismologi sanno benissimo quali zone d’Italia sono a maggior rischio terremoto.

Tuttavia lo Stato dà già un forte contributo a chi adegua le strutture della propria casa in zona sismica 1 e 2: il 65% di detrazione fiscale in 10 anni su un massimo di spesa di oltre 90.000 euro per unità abitativa, ma non basta. E allora si entra anche nel privato, che spesso e volentieri si disinteressa della questione o non può permettersi un’abitazione anti-sismica. Ad ogni modo con la nuova normativa, ogni comune italiano ha la propria accelerazione massima in sito prodotta dal terremoto. E a seconda della classe di utilizzo dell’opera si stabilisce il tempo di ritorno del terremoto. Con tecniche adeguate si può andare a lavorare anche su edifici di struttura medievale, ristruttrando fondamenta ed interni, sebbene tale operazione che porterebbe molto lavoro, non sia certamente semplice e di breve durata date la ricchezza e la complessità del nostro patrimonio storico-artistico, e soprattutto non molto conveniente dal punto di vista elettorale. In Giappone, Paese molto più a rischio dell’Italia, ciò che colpisce e’ proprio il trattamento antisimico applicato anche agli edifici storici esistenti. Naturalmente puo’ capitare il sisma devastante come quello recentissimo di Kumamoto, ma che non può essere paragonato come intensita’ (7.3 gradi Richter), a quello avvenuto la scorsa notte nel centro Italia.

Non è il terremoto, che peraltro se non avvenisse vivremmo su un deserto, che uccide ma il tetto, il muro di un’abitazione non anti-sismica, che ci crolla addosso e non bisogna mai dimenticare che l’italia si è formata dalla compressione della placca africana contro quella euroasiatica e il processo non é terminato.

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