Cose da bambini

‘Cose da bambini’ di Toni Brunetti: l’incredulità di fronte alla brutalità del mondo

Negli anni sessanta Milano è già “la capitale morale” e la “capitale sanitaria” del paese. Milano fa scuola nell’economia, nella cultura, nella moda, nella pubblicità, nel design.

Milano tra gli anni ’60 e ’70

La città nella storia dell’Italia è riuscita sempre ad avere un ruolo prioritario in qualsiasi ambito: dall’eroismo delle cinque giornate alla lotta partigiana. Anche il 1968 vede Milano protagonista. Nel gennaio di quell’anno vengono occupate alla Statale le facoltà di Lettere, Legge e Scienze.

A marzo avvengono gli scontri di Largo Gemelli tra studenti e poliziotti. Ad aprile un centinaio di artisti occupa la Triennale. A giugno gli studenti contestatori attaccano la sede del Corriere della sera. A dicembre la contestazione degli studenti alla Scala: uova e cachi lanciati contro signori in smoking e signore impellicciate. Questi sono gli avvenimenti salienti del 1968 milanese. Ma nessun trionfalismo perché il peggio deve ancora venire.

Il 12 Dicembre 1969 proprio a Milano inizia la strategia della tensione: 16 morti e 90 feriti nella strage di piazza Fontana. Milano in quegli anni ha soprattutto il volto di una città operosa e ricca. Non tutti però riescono a raggiungere il benessere. Molti sono costretti alla “vita agra” descritta dallo scrittore Luciano Bianciardi.

La strategia del terrore

All’epoca si registra una massiccia migrazione interna. Torino e Milano sono le destinazioni di molti uomini del Sud, che partono con la valigia di cartone legata con lo spago, alla ricerca di lavoro. Giungono a Milano e subito si sentono spaesati e soffocati dalle coperture a tettoia della stazione centrale.

Milano come Torino ha bisogno di questi lavoratori, ma riesce a stento ad offrire loro un alloggio adeguato: nascono di conseguenza anche delle abitazioni abusive, quelle che verranno battezzate dai milanesi le coree. Milano non è solo vetrine sgargianti, capitani di industria, direttori di giornali, conversazioni da salotto dell’alta borghesia e benessere; è anche asfalto, cemento, traffico, stress, freddo e nebbia. A Milano ci si può perdere nel reticolo di strade del centro, ma anche nelle vie anonime dei quartieri di periferia.

Milano è una moltitudine di volti, una massa di pendolari e di gente che va di fretta. Negli anni settanta Milano era già una “città che sale”, come dicevano i milanesi: erano già stati costruiti il Pirellone e la torre Velasca. Palazzi e grattacieli spuntavano in ogni zona della città. Molti fanno parte della “gente che corre, che si dibatte, che ti ignora” come testimonierà Luciano Bianciardi. Per questa massa di persone Milano promette e non mantiene, fa sognare e poi risveglia bruscamente.

Milano all’epoca era una metropoli abitata da un milione ed ottocentomila persone. Forse a causa di quella che i sociologi chiamano anomia e/o forse a causa della correlazione tra frustrazione ed aggressività e/o forse a causa della società di massa dal dopoguerra in poi Milano diviene nota anche per i fatti di cronaca nera: delitti, sequestri lampo e rapine a mano armata fanno di Milano anche la capitale italiana del noir.

Il lato oscuro di Milano in alcuni romanzi

Giorgio Scerbanenco è il primo scrittore a descrivere magistralmente il lato oscuro di Milano con i suoi gialli: è il primo ad intuire che l’indifferenza, la solitudine e l’apatia possono avere la meglio sulla famosa gioia di vivere milanese. In Cose da bambini (edito da Planet Book) di Toni Brunetti, autore e regista, si sentono gli echi di questi due grandi scrittori.

L’autore rivela una cura certosina del dettaglio, una descrizione minuziosa e mai sciatta dei particolari, che probabilmente richiama Calvino. Però ciò non è un difetto perché Calvino ha influenzato molti ottimi autori, come ad esempio Daniele Del Giudice.

Cose da bambini: un romanzo di formazione che è anche un thriller

In Cose da bambini, ambientato tra il 12 dicembre 1969 e il 31 dicembre 1970, che è al contempo romanzo di formazione e thriller, c’è la periferia violenta di Milano sullo sfondo. Il protagonista vive nel problematico quartiere dell’Anello. Ma siamo davvero certi che quella fosse una Milano minore? Comunque in primo piano c’è la vita del giovanissimo protagonista, Marco di soli 11 anni, sospeso tra il mondo dei cosiddetti pari, con tutti i suoi conflitti come ad esempio la guerra delle clave, e quello familiare, in cui troviamo i contrasti dei genitori e della sorella più grande.

C’è l’evoluzione di Marco, con tutte le sue sensazioni, la sua curiosità, il suo stupore, in una parola sola il suo sguardo partecipe sul mondo. È descritta anche la realtà di un’altra epoca, fatta di cose, oggi ritenute insignificanti, ma che agli occhi del bambino erano importanti, come la cartolina da spedire per fare un provino nell’Inter o i pettegolezzi riguardanti la maestra più bella della scuola. Non ci è dato sapere quanto biografica sia la vicenda narrata.

Forse alcuni episodi ed alcuni personaggi della sua infanzia sono stati trasfigurati in Cose da bambini. La cosa fondamentale è che l’autore l’abbia tratteggiati perché restituiscono uno spaccato di quella Milano, oggi dimenticato o addirittura sconosciuto ai più. E poi leggendo questo libro viene rovesciata la prospettiva: non è che le nuove tecnologie di adesso siano esse stesse davvero insignificanti? Ma Milano ha anche un cuore nero.

Freud e il crimine

Nella metropoli vengono compiuti crimini efferati ed anche nel romanzo una bambina scompare. Un interrogativo interessante, che sorge spontaneo, leggendo questo libro è il seguente: Freud riguardo al periodo di latenza, quello riguardante la preadolescenza, aveva ragione oppure no?

Freud descrive questo periodo quasi come asessuato, ma probabilmente non è così. In quegli anni, come rivela Brunetti, facendo un quadro realistico, molto fuoco cova sotto la cenere. L’erotismo non è rimosso, ma tutto al più un poco inibito.

Inoltre  l’autore mette in evidenza acutamente anche il fatto che in quegli anni settanta i bambini crescevano in presa diretta con la realtà, frequentavano la strada, giocavano ad esempio a calcio in strada, cosa che oggi nessuno fa più. Non c’era nessun familiare allora che mediava il mondo di un quartiere difficile.

I bambini allora si lasciava che lo affrontassero da sé. I genitori non erano in genere iperprotettivi. Se due bambini facevano a botte nessuno chiamava il legale di fiducia, ma si diceva che erano cose da ragazzi. Le mamme allora non erano delle chiocce, che difendevano i loro ragazzi dai pericoli del mondo.

Eppure anche allora il mondo era pieno di  insidie e minacce a non finire. Erano allora i bambini più immorali o amorali? È molto difficile stabilirlo. Di sicuro non vivevano nell’ovatta, in quella che oggi chiameremo comfort zone. Un altro interrogativo sorge spontaneo dalla lettura di queste pagine. Viene da chiedersi se un tempo si maturava più in fretta e se si raggiungeva prima la capacità di intendere e di volere.

L’argomento è controverso, ma la riflessione è più che lecita, anzi doverosa. Altra cosa lodevole è che l’autore ha trovato uno scarto dal senso comune e dal linguaggio convenzionale, un ribaltamento del senso, una parola che indaga, che testimonia l’incredulità di fronte alla brutalità e all’assurdità del mondo.

 

Di Davide Morelli

Pubblicato da

Annalina Grasso

Giornalista e blogger campana, 29 anni. Laurea in lettere e filologia, master in arte. Amo il cinema, l'arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Collaboro con una galleria d'arte contemporanea.

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