‘Parole di Baustelle’, il saggio musicale di David Marte

“Parole di Baustelle” di David Marte è un’opera di saggistica musicale che analizza e commenta diciotto canzoni della band italiana Baustelle, scelte da una personale “Trilogia della vita” del gruppo toscano: cinque pezzi dall’album “La Malavita” (2005), sette da “Amen” (2008) e sei da “I Mistici dell’Occidente” (2010).

Un’esegesi approfondita delle “hit” di maggior successo del gruppo originario di Montepulciano che ha ridato linfa alla musica cantautoriale italiana, aggiudicandosi sin dagli albori numerosi riconoscimenti dagli addetti ai lavori: il premio della “Critica Musica & Dischi” come “Migliore opera prima” per Sussidiario illustrato della giovinezza; nel 2000, il Premio “Fuori dal Mucchio” (patrocinato dalla rivista “Il mucchio selvaggio”) per la stessa hit; nel 2003, il “Premio Italiano per la Musica Indipendente” come “Miglior gruppo/solista” e infine nel 2008, la targa Tenco per Amen come “Miglior album dell’anno”.

Una vocazione cantautoriale confermata dal saggio di David Marte, che oltre a uno studio stilistico sulla scelta lessicale, individua le numerose ascendenze letterarie, cinematografiche e musicali che hanno ispirato la produzione dei Baustelle, allegando, a riprova delle sue ipotesi, le tante interviste rilasciate dal leader della band e paroliere Francesco Bianconi.

«Ci sono molti riferimenti cinematografici: il cinema noir francese, il cinema poliziesco italiano con le sue splendide colonne sonore di cui siamo grandi fan. La Malavita potrebbe essere la colonna sonora di un inedito «poliziottesco» all’italiana, con una quella galleria di personaggi tratteggiati in bianco e nero: matti di paese, corvi, donne vendicative e ragazze in cerca di pace, province paranoiche, confessioni e citazioni. I personaggi del disco hanno scelto di «camminare sul lato selvaggio» della vita: alcuni si pentono, altri fieramente si oppongono, tutti si raccontano».

Tante le suggestioni artistiche, a 360°, che spaziano dalla letteratura al cinema, alla cultura pop, che confluiscono in questo album.

«Le maestose costruzioni sonore di Morricone per il cinema e le musiche dei gialli anni ’60 e ’70, che usavano il rock e il pop fondendolo con arrangiamenti barocchi. Il nostro sogno nel cassetto è quello di scrivere la colonna sonora di un film, un noir naturalmente – […] – Questo disco credo sia molto scerbanenchiano e mi piace perché alla fine Giorgio Scerbanenco scriveva romanzetti, giudicati all’epoca leggeri. Cose che forse varrebbe la pena di rivalutare. E poi avevano titoli molto baustelliani: Venere privata, Traditori di tutti, I ragazzi del massacro. Potrebbero essere titoli di nostre canzoni».

Una produzione ricca di riferimenti colti, sociali e autobiografici riadattati in una scrittura sinestesica che rievoca forti emozioni e storie di vita contemporanea.

 

 

 

 

 

 

 

 

Baustelle: l’amore e la violenza in chiave esistenziale

L’amore e la violenza, ovvero l’oscenamente pop secondo i Baustelle. Un pop, a dire il vero dal sapore poco popolare, che fonde con sapienza suoni vintage e campionature, musica colta e melodie kitsch, amore e morte.

Il pezzo forte dei Baustelle, come ormai da tradizione, sono i testi scritti da Francesco Bianconi che, in un clima di contaminazioni dimostra di trovarsi a proprio agio costruendo delle composizioni capaci di mescolare emozioni e suggestioni che oltrepassano la temporalità.

Ne nasce un lavoro sulla condizione umana sospesa tra i confini dell’amore e della violenza e la cui comprensione e definizione risulta essere irraggiungibile. Lo so, la vita è tragica,/ la vita è stupida, / però è bellissima, / essendo inutile. / Pensa a un’ immagine, a un soprammobile:/ pensare che la vita è una sciocchezza aiuta a vivere recita il testo de “La vita”. Siamo ben oltre il nichilismo, ci affacciamo in una dimensione post spirituale che trova la proprio ragion d’essere proprio nella consapevolezza del non significato.

È un pezzo importante del puzzle dell’Amore e la violenza che, non riconoscendo la presenza di un senso, spinge a infrangere il muro invisibile del dovere. Non esiste un aspetto morale, un imperativo categorico. Però allo stesso tempo ci lascia lo spazio di capire che questa cosa incomprensibile è bellissima.

All’improvviso si passa all’idea originale che la morale possa essere sostituita dall’estetica, dal contemplare la bellezza di ciò che non ha senso. Ha dichiarato Bianconi che questo album per lui è estremamente colorato ed effettivamente è così, anche se i colori sono foschi, non ben delineati. Ed in questa scia si sviluppano i brani dell’intero disco che racconta esistenze, amori, incomprensioni, idiozie, identità, guerre, terrorismo, con citazioni che abbracciano la musica e la letteratura.

L’amore e la violenza è un album da ascoltare e assaporare, ma si ha la sensazione che non siamo ancora giunti ad una definizione precisa, c’è ancora qualche tessera mancante nell’universo metropolitano dei Baustelle. È giunto il momento, in particolare per Bianconi, di accettare che la dimensione dell’esistenza non possa essere analizzata ancora con categorie ormai scadute.

L’impressione è che questo album sia stato scritto nel cuore di una notte agitata. Il passo successivo, che speriamo giunga il prima possibile, è accettare il dato di fatto che, nonostante tutto, il sole poi spunta e per i Baustelle è arrivato il momento di uscire e di osservare il mondo con la luce naturale e non esclusivamente al riverbero di un neon.

Una sfida per il futuro perché, come dice lo stesso Bianconi, il (tuo) pessimismo da quattro soldi/ chiaramente aveva fatto proseliti.

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