Rainer Maria Rilke (Praga 1875 – Muzot, Svizzera, 1926) viene ricordato come uno dei più importanti poeti lirici del 900′ e come un innovatore nella ricerca poetica della verità dell’uomo nella società industriale. Rilke nasce a Praga il 1875. Sin da giovane viene incoraggiato a seguire la carriera militare dal padre, ma a 16 anni, egli abbandona l’accademia. Viene finanziato dallo zio Jaroslav che lo invita alla carriera giuridica. Il giovane Rilke si diploma nel 1895 e si iscrive all’università di Praga per studiare Giurisprudenza. Nel 1897 conosce Lou Andreas-Salomé, donna che segnerà la vita del giovane poeta legandosi a lui in un legame affettivo ed epistolare che durerà fino alla morte di quest’ultimo. Inoltre sono di questi anni le sue prime pubblicazioni come: Feder und Schwert. Ein Dialog (prima opera in prosa datata 1893), Larenopfer (raccolta di poesia datata 1895).
Sono importanti i viaggi che compie in questi anni, visita infatti la Toscana, la Russia, Venezia e Monaco e conosce persone che rivestiranno una funzione importante nella sua vita come il vecchio Tolstoj e comincerà anche collaborazioni letterarie, ad esempio con la rivista viennese Ver sacrum.
Sviluppa successivamente sempre di più la sua passione artistica che lo porterà nel 1899 ad iscriversi alla facoltà di storia dell’arte. Successivamente nel 1902 conosce a Brema Clara Westhoff, che diventerà poi sua moglie, anche se per breve tempo. In questi anni 1900-1903 va a Parigi per approfondire la conoscenza di Auguste Rodin, scrivendo anche una biografia su di lui, pubblicata nel 1903. Dopo il 1903 Rilke viaggia in tutta Europa, infatti visita Roma, Berlino, Duino, Napoli, Capri, Tunisi, Algeri, Monaco, Berlino, Mosca e di nuovo Parigi, componendo la maggior parte delle sue opere.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1914 il quarantenne Rainer viene chiamato a prestare servizio nell’esercito come incaricato di un ufficio bellico, lontano dal fronte e dai rischi più immediati.
Dopo la fine della guerra e la successiva dissoluzione dell’impero Austro-ungarico il boemo diviene senza patria e comincia il tormentato declino della sua vita. Nel 1920 si trova in Svizzera dove resterà fino alla morte che lo raggiungerà nel 1926 tra patimenti e malattie che lo segneranno nel fisico e nell’anima.
Alcune delle sue più importanti opere vengono pubblicate nel periodo giovanile e se ne ricordano alcune in particolare come:
Mir zu Feier (1899, trad. Per la mia gioia), uno dei primi successi plateali di Rilke.
Das Stundenbuch (1899-1903, trad. Libro d’ore) composto da tre libri venne pubblicata completa nel 1905, questa opera in particolare gli valse la fama di poeta lirico e l’opera viene apprezzata come uno delle più importanti creazioni letterarie del 900′.
Geschichten vom lieben Gott (1900-1904, trad. Le storie del buon Dio) influenzato dai molteplici viaggi dell’autore in Russia compiuti dal 1899 con Salomé, tocca temi di profonda e quotidiana spiritualità.
L’evoluzione e la maturità del pensiero di Rilke può saggiarsi in opere successive come Neue Gedi chte, (1907 e 1908, trad. Nuove Poesie), Duineser Elegien (1911, trad.Elegie duinesi), Sonette an Orpheus (1923, trad. Sonetti ad Orfeo). In queste composizioni mature e finali dell’ audace autore boemo incontriamo un cambiamento, un inquietudine frutto di una crisi filosofica e una nuova visione dell’uomo, posto come salvatore e al contempo distruttore del mondo, staccandosi in questo modo dalla cultura della crisi di fine secolo:
E quasi una fanciulla era.
Da questa felicità di canto e lira nacque,
rifulse nella trasparente veste
primaverile e nel mio udito giacque.
E in me dormì. Tutto fu il suo dormire:
gli alberi che ammiravo, le distese
sensibili, le grandi praterie
presenti e lo stupore che mi prese.
Dormiva il mondo. O dio del canto, come
l’hai tu compiuta senza ch’ella prima
volesse essere desta? È nata e dorme.
E la sua morte? Non cadrà nel nulla
questo tuo canto, troverà una rima?
Ma da me dove inclina…? Una fanciulla…
Apollo primitivo
Come talvolta in mezzo ai rami
ancora spogli un mattino sorge, e in quel momento
è primavera: cosí nulla affiora
dal suo capo, che il subito portento
della poesia non ci ferisca; il muro
d’ombra è lontano dal suo sguardo incauto
troppo fresca è la fronte per il lauro,
e solo tardi all’arco delle pure
sue sopracciglia sorgerà il rosaio,
da cui foglie cadute e sparse il lieve
tremito della bocca veleranno,
quella che tace adesso e accenna solo
a un sorriso da cui nitida beve
il canto come un’acqua nella gola.
La poetica di Rilke è fortemente legata alla volontà di esaltare la realtà soggettiva ed individuale dell’uomo, rifiutando quindi le scelte stilistiche e tecniche che imponeva il positivismo e infatti all’inizio della sua carriera, Rilke abbraccia una posizione neo-romantica. Questa presa di posizione è possibile notarla in Die Weise von Liebe und Tod des Cornets Christoph Rilke, datata 1899.
Col passare del tempo nella sua poetica assume grande importanza la filosofia di Nietzsche che porta il poeta boemo allo sviluppo di una nuova idea di Dio e ad elaborare un modo di rapportarsi con Dio del tutto nuovo e lontano da quello statico e sterile della Chiesa, questo tipo di rapporto e questa necessità di un nuovo rapporto con Dio si può riscontrare in: Geschichten vom lieben Gott e in Das Stundenbuch, dove l’autore coglie l’essenza di una spiritualità fortemente terrena e viva nell’esistenza dell’uomo che non deve aspettare di morire per cominciare a viverla pienamente, un Dio presente nella vita di ogni giorno e che si esprime anche nelle espressioni artistiche tipiche dell’uomo.
Ma la componente più attiva della poetica di Rilke è senza dubbio quella individualista che si va accentuando sempre di più verso la fine della vita del poeta. Nella sua visione matura, il poeta esalta sopratutto le esperienze soggettive del mondo, per cui una cosa ha significato solo se l’uomo le dà un significato soggettivo e vissuto, in pratica un oggetto esprime il solo significato che ha per noi. Per questa sua poetica di matrice relativistica egli viene spesso accostato alla corrente simbolista.
Tale concezione viene soprattutto a crearsi nelle ultime opere (dalle Elegie duinesi ai Sonetti ad Orfeo e alle poesie estreme) dove si raggiunge picchi di alto lirismo in cui elogia i sensi e la parte più bella della realtà che può essere colta solo da coloro il cui cuore è puro ed in pace con se stesso, un invito alla più profonda ed intima conoscenza di sé stessi, che è la sola chiave che può aprire le porte del futuro che al poeta sembra incerto e impuro, contaminato dall’ormai avvenuto arrivo della società industriale e dalla mercificazione dell’individuo:
Egli è terreno? No, dai reami
diversi prese la vasta natura.
Piú esperto piega del salice i rami
chi le radici del salice cura.
Qunado fa buio sul desco non resti
pane né latte: attirano i morti –.
Ma egli, evocatore, li desti
e nello sguardo mite li esorti
a mescolarsi a ogni cosa veduta;
a lui l’incanto di erica e ruta
sia vero come il rapporto piú chiaro.
Niente l’immagine salda cancella;
sia della casa, sia della bara,
celebri l’urna, il fermaglio o l’anello.
Rilke, dunque, può essere visto come un precursore dei grandi temi del 900′ che sono, tra gli altri: la perdita di importanza dell’individuo, la società industriale e borghese e le sue false innovazioni. Alla fine della sua vita, Rilke conclude la sua storia con una forte fiducia nell’uomo che è al contempo il creatore di tutto questo male e paradossalmente anche il salvatore, l’unico che può liberarsene e fornisce anche un metodo: rifugiarsi dentro sé stessi e riscoprire il grande mondo interiore che non può essere paragonato a quello esteriore, che non ci basterà mai.
Ma oggi è possibile restituire alla realtà la pienezza del senso e del significato, andati perduti grazie al processo di mercificazione che ha investito la società industriale? Rilke ci ha lasciato, tra i tanti, questo grande interrogativo che tutti noi dovremmo porci.