‘Atti osceni in luogo privato’, l’irriverente romanzo di formazione di Missiroli

Atti osceni in luogo privato dello scrittore riminese Marco Missiroli (Feltrinelli, 2015) ha per protagonista Libero, che più che un personaggio, rappresenta un’idea di istinto. Tutto comincia con una cena. Libero Marsell ha soltanto dodici anni, si è appena trasferito dall’Italia con mamma e papà. Sballottato in Francia, assiste al tradimento della madre, che si innamora del migliore amico di famiglia. A dominare l’inizio è il turbamento visivo del ragazzo, alle soglie del suo sviluppo sessuale, l’immagine della madre baciata da un uomo che non è suo padre. Uno choc, ex abrupto Libero entra nel mondo degli adulti ed è costretto a crescere sperimentando i sentimenti e condizioni proprie dell’essere umano: infatuazione ed amicizia, eccitazione, innamoramento e delusione, solitudine e libertà. Da qui in avanti una storia di formazione che condurrà Libero Marsell, tra coraggio e paura, di nuovo in Italia, a Milano, alla ricerca di se stesso e alla perdita della bussola emotiva e sessuale, inciampando o lanciandosi nelle vite di diverse donne, in una autoanalisi profonda e talvolta contorta che trova nel personaggio di Marie una complice ideale ed amica, bibliotecaria e oggetto di desiderio, fino alla scoperta dell’oscenità esistenziale.

Atti osceni in luogo privato: stile e contenuti

Atti osceni in luogo privato è un romanzo che vale la pena di essere sugli scaffali dei nostri lettori. Un libro di ricerca, formazione, autocritica e ironia anche di amarezza, che fa capire subito davanti a che tipo di scrittore ci troviamo. Marco Missiroli è uno che scrive senza chiedersi se andrà di moda, tanto che è stato criticato proprio per questo, per quei fraseggi troppo curati, articolati, poco limpidi. Atti osceni in luogo privato è un esempio di come la letteratura italiana possa ancora tirare fuori il meglio di sé. Non possiamo solo rimpiangere le letture di Moravia, Morante, Pirandello. Dobbiamo costruire un canone diverso, un approccio inedito versi i nuovi autori che stanno formando il nuovo filone dei grandi. Che poi ci sia valore anche nel piccolo (piccole case editrici o libri poco conosciuti), è giusto dirlo.

La copertina del libro potrebbe ingannare, perché sembrerebbe – ma non è – un libro erotico. Uno di quelli che i lettori da metropolitana acquistano distrattamente, non che sia una colpa ci mancherebbe, ma questo volume non è per lettori occasionali. Pretende molte conoscenze, le dà per scontate, allude a titoli come Lo straniero di Camus, Mentre Morivo di Faulkner, giusto per citarne un paio.

L’autore di Senza coda, Il buio addosso e del Senso dell’elefante, adotta uno stile coraggioso. Può non piacere, il modo di scrivere di Missiroli. E’ comprensibilmente vero. Un po’ zuccherato, non melenso, curato fino alla virgola, a volte sbavato e un poco scorretto. Come quelle calligrafie d’artista, o del medico di famiglia, che ogni tanto sul foglio lasciano traccia di una ribellione da non sottomettere a nessuna disciplina, nemmeno alla narrativa. A volte pecca di un esageato tentativo di comporre neologismi.
Non è certo politically correct l’incipit, e vince proprio per la sua imprendibilità “oscena” e invincibile, sfacciata:

Avevo dodici anni e un mese, mamma riempiva i piatti di cappelletti e raccontava di come l’utero sia il principio della modernità. Versò il brodo di gallina e disse – Impariamo dalla Francia con le sue ondate di suffragette che hanno liberalizzato le coscienze. – E i pompini. La crepa fu questa.

E la crepa si genera anche nell’universo narrativo. Il termine pompino scandalizza più di un romanzo scritto con i piedi? E’ probabile. Non a caso, scrosciano e sono piovute critiche ed apprezzamenti. Perché Atti osceni è un romanzo degli anni ’60, e il lettore vincolato al contesto storico e alle tendenze attuali, non può comprenderlo ed assimilarlo completamente. Forse anche per l’omissione della tecnologia dalla storia:
L’autore stesso ha spiegato la scelta di Atti osceni in luogo privato: “Non volevo raccontare il sesso ai tempi di WhatsApp. Ho eliminato tutta la tecnologia da questo libro. Altrimenti Libero avrebbe scopato a 14 e mezzo, non a 20”.

“O” come oscenità

Ma il romanzo, nonostante l’effetto vintage, resta impresso e durevolmente. In che modo? Con l’irriverenza, la strafottenza con cui Missiroli parla della caccia alla compagna sessuale giusta, la sobrietà nel narrare la scoperta del corpo e l’autoerotismo, l’ostinazione nella ricerca della felicità, e la voglia di libertà, maschilismo criticato ma tuttora esistente tra gli individui, la sincerità cruda, la ricerca sapiente delle parole che sa di snobismo, l’essere così deliziosamente francese e al di sopra di una contestualizzazione, o ad una corrente culturale. Atti osceni è un po’ quello che le opere di Moravia furono per i contemporanei. Uno schiaffo alla critica, perché indecisa e un’invidiosa perplessità di chi scrive sforzandosi di conquistare il pubblico. E si mostra così osceno, senza veli e quasi perturbante, quando descrive la propria eccitazione. In questo passo descrive Marie, sua amica e bibliotecaria che Libero ama dall’età preadolescenziale. Un’infatuazione che si trasforma col tempo un rapporto dal valore quasi psicoterapeutico. Un’amica vera, alla quale però Libero associa un’attrazione perenne. La dipinge così:

Era un seno bianco, i capezzoli rosa e l’areola ampia. Maestoso, strabordava dai lati e rimaneva inspiegabilmente ritto e compatto. Servivano due mani per ogni mammella. Quel seno avrebbe scalfito la mia corteccia cerebrale in eterno: il Big Bang della mia memoria masturbatoria.

 

Atti osceni in luogo privato farà ancora parlare di sé, e darà fastidio a molti, ma ai più resterà come un piccolo classico da rileggere con nostalgia degli anziani senza eros che riguardano le vecchie fotografie. Atti osceni ha il plus che manca a molti libri sfornati oggi dalle grandi case editrici. Una sua anima, un proprio perché. Quale? L’oscenità del rischio di piacere, o di essere odiato.

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