J.R.R. Tolkien: lucido conservatore e sincero cattolico per il quale i grandi racconti non hanno mai una fine

Acuto conservatore ostile a qualsiasi forma di estremismo, sincero cattolico profondamente influenzato da numerosi altri apparati mitico-religiosi, tenace difensore degli alberi contro la società delle macchine: Tolkien è stato questo, e molto di più. Ripercorriamo la vita di uno dei più influenti autori del Novecento, nella convinzione che: “Non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo; il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo, sradicando il male dai campi che conosciamo, al fine di lasciare a coloro che verranno dopo terra sana e pulita da coltivare”. (Gandalf, Il Signore degli Anelli).

«[…] Non hanno dunque una fine i grandi racconti?». «No, non terminano mai i racconti», disse Frodo. «Sono i personaggi che vengono e se ne vanno, quando è terminata la loro parte. La nostra finirà più tardi…o fra breve»

John Ronald Reuel nasce a Bloemfontein il 3 gennaio 1892. Suo padre, Arthur Tolkien, aveva ottenuto un posto nella Bank of Africa ed era stato nominato responsabile dell’importante filiale in Sudafrica. Venne poi raggiunto dalla sua amata, Mabel Suffield, i due infatti, si erano sposati il 16 aprile del 1891. Il 17 febbraio 1894 Mabel dà alla luce il secondo figlio, Hilary Arthur Reuel, ma le condizioni – perlopiù climatiche – non ottimali a Bloemfontein la spingono a tornare in Inghilterra con i due pargoli. Arthur avrebbe dovuto raggiungerli successivamente, ma così non avviene: a seguito delle febbri reumatiche e della conseguente emorragia muore il 15 febbraio 1896. Pochi mesi dopo, Mabel abbandona la casa dei suoi genitori e si trasferisce con John e Hilary in un’abitazione a buon mercato nel piccolo villaggio di Sarehole, a circa un chilometro di distanza da Birmingham. J. R. R. porterà sempre nel cuore questi anni. In una lettera del 12 dicembre 1955, rispondendo a chi aveva paragonato la Contea – dei suoi cari Hobbit – ad Oxford nord, scrive:

In realtà è molto più simile a un villaggio del Warwickshire nel periodo intorno al Giubileo di Diamante; che è distante quanto la Terza Era dal deprimente e perfettamente banale agglomerato di case a nord della vecchia Oxford, privo anche di un indirizzo postale”.

A Sarehole il giovane Tolkien inizia ad usare parole dialettali, tipo gamgee “bambagia”, termine che deriva da un certo dottor Gamgee, inventore di un particolare tipo di tessuto fatto di cotone idrofilo. Inoltre, sviluppa due grandi passioni che risulteranno altrettanto significative da lì a poco: quella per gli alberi – con cui amava stare – e quella per i draghi, attraverso le fiabe di Andrew Lang. Pochi anni dopo, Mabel decide di convertirsi al cattolicesimo, incorrendo nella scomunica da parte della famiglia, in particolare del padre John, un unitario convinto, non in grado di sopportare una figlia papista. Questa decisione porta a vivere lei e i suoi figli in una situazione di grande ristrettezza economica. I tre cambiano casa più volte in questi anni, spostandosi in differenti zone di Birmingham (Moseley, King’s Heath, Oliver Road), ma la tenacia della madre è ammirevole, come John Ronald ribadirà continuamente nella sua vita, definendola anche martire, a partire da una lettera del marzo 1941 al suo primogenito Michael:

“Anche se di nome sono un Tolkien, per gusti, talenti ed educazione sono un Suffield, e ogni angolo di quella contea [Worcestershire] (non importa se bello o squallido) è per me in un modo indefinibile “casa”, come nessun’altra parte del mondo. Tua nonna, alla quale devi così tanto, poiché era una signora dotata di grande bellezza e spirito, molto provata da Dio con dolori e sofferenze, che morì giovane (a 34 anni) di una malattia aggravata dalla persecuzione della sua fede, morì nella casa del postino di Rednal, ed è sepolta a Bromsgrove”.

La precoce morte di Mabel – affetta da diabete – nel 1904 porta i due bambini a vivere dalla zia Beatrice, che diede loro “una casa, pasti caldi e poco più” nel centro di Birmingham. A giocare un ruolo determinate è invece il loro tutore padre Francis Morgan. In questi anni, J. R. R. inizia a scoprire la sua passione per la filologia. Entrò in contatto con un’introduzione elementare alla lingua gotica:

“non si accontentò di imparare il linguaggio, ma, per riempire i vuoti dello scarno vocabolario sopravvissuto, cercò di inventare altre parole, e proseguì nell’intento fino a costruire un linguaggio germanico plausibile”.

Nel corso della sua vita, di lingue Tolkien ne studierà e inventerà molte, interrogandosi profondamente riguardo le sue creazioni. In una lettera di risposta all’Observer del 1938 scrive:

“E poi, perché scrivo dwarves per i nani? La grammatica vorrebbe dwarfs; la filologia suggerisce che la forma storica sarebbe dwarrows. La vera risposta è che non ho saputo fare di meglio. Ma dwarves sta bene con elves; e in ogni caso elfo, gnomo, orco, nano sono solo traduzioni approssimate dei nomi in elfico antico per esseri che non hanno proprio le stesse caratteristiche e funzioni”.

Nel febbraio 1958, facendo i complimenti al figlio Christopher per una relazione ad Oxford, afferma di aver “improvvisamente capito di essere un filologo puro”, realmente emozionato dall’impatto estetico delle parole. Una consapevolezza raggiunta in piena maturità, ma presente fin da sempre. Del resto, in una certa misura, le storie tolkieniane non sono altro che il modo migliore per concretizzare le creazioni a lui più care.

È sempre in questo periodo che John Ronald conosce Edith Bratt, un’orfana di tre anni più grande di lui. I due si innamorano presto, ma padre Morgan si dimostra fin da subito contrario a questa relazione clandestina e proibisce al giovane di vedere la ragazza fino a quando non avrà compiuto ventuno anni. È il 1910, Tolkien ha diciannove anni. Per il ragazzo si prospettano due scelte: ubbidire a quello che per lui è stato un padre o ribellarsi e unirsi alla sua amata. Sceglie la prima. Lo fa straziato nell’animo, con la speranza di potersi ricongiungere ad Edith tre anni dopo. Nell’immediato, si dedica agli studi, che fino a quel momento aveva piuttosto tralasciato, vincendo una borsa di studio all’Exeter College di Oxford. Qui nel 1911, assieme a dei suoi compagni, fonda il Tea Club, Barrovian Society, per prendere il tè in compagnia di miti, poesie e musica. Scopre il Kalevala, la raccolta di poemi della mitologia finnica pubblicata solamente nel XIX secolo, che tanto influenzerà la sua produzione – direttamente ne La storia di Kullervo, recentemente pubblicata –. In una celebre lettera del 1951 all’editore Milton Waldman (alla quale promettiamo di dedicare un articolo a sé stante), Tolkien ritorna sul legame con le differenti mitologie:

“Inoltre, e qui spero di non sembrare assurdo, fin dalla più tenera età sono stato addolorato per la povertà del mio amato paese, che non aveva storie proprie (legate alla sua lingua e alla sua terra), non della qualità che cercavo, e trovavo (come ingrediente) nelle leggende di altre terre. Ce n’erano greche, celtiche, romanze, germaniche, scandinave e finlandesi (che hanno avuto molto effetto su di me); ma nulla di inglese, tranne materiale impoverito per libretti popolari. Naturalmente c’era e c’è tutto il mondo arturiano, ma malgrado la sua forza è naturalizzato imperfettamente, associato con la terra di Bretagna ma non con l’Inghilterra; e non sostituisce quello che a me mancava”.

Durante le vacanze estive del 1911, compie un viaggio in Svizzera ed acquista delle cartoline. Molto tempo dopo, accanto ad una di queste, una riproduzione del dipinto dell’artista tedesco Joseph Madlener intitolato Der Berggeist, scriverà: “origine di Gandalf”.

Da studente ad Oxford John Ronald è un tipo particolarmente socievole, tanto da partecipare a delle baldorie serali organizzate in giro per la città:

“Mettemmo a ‘ferro e fuoco’ la città, la polizia e i prefetti, tutti insieme per circa un’ora”.

Con bravate che tuttavia, non portano ad alcun tipo di conseguenze disciplinari, così potè continuare tranquillamente i suoi studi. Lentamente si arriva al 1913, J. R. R. ha ventuno anni e può ricongiungersi all’amata Edith, la quale lo ha aspettato. I due si fidanzano ufficialmente l’anno successivo, dopo che lei viene accolta nella Chiesa cattolica. Per il giovane Tolkien è un periodo decisamente movimentato, come ricorda in una lettera al figlio Michael riguardo al Santissimo Sacramento:

“Senza laurea, senza soldi, fidanzato. Sopportai la vergogna e le allusioni dei parenti sempre più esplicite, tirai dritto e nel 1915 ottenni il massimo dei voti agli esami finali. Scattai ad arruolarmi: luglio 1915. La situazione era intollerabile e mi sposai il 22 marzo 1916. A maggio attraversai la Manica (ho ancora i versi scritti per l’occasione!) verso la carneficina della Somme”.

L’amore, la guerra e la fede. Non è un caso che, proprio nel 1917, inizi a dare corpo al suo universo mitico con The Book of Lost Tales, il futuro Silmarillion. Secondo lo studioso Carpenter, questo percorso creativo si deve a tre fenomeni interdipendenti, precedentemente accennati: la passione per le lingue, l’innato sentimento poetico e la volontà di ideare una mitologia per l’Inghilterra. Tutti questi elementi si relazionano tra loro su un sostrato profondamente cattolico:

“Qualcuno ha riflettuto sulla relazione che intercorre tra le storie di Tolkien e la sua fede cristiana, e ha trovato difficile comprendere come un cattolico osservante possa scrivere di un mondo dove Dio non è adorato. Ma un simile mistero non esiste: Il Silmarillion è l’opera di un uomo profondamente religioso, che non contraddice il proprio sentimento cristiano, ma lo completa. Nelle leggende non c’è alcuna adorazione di Dio, eppure Dio è sicuramente lì, più esplicitamente nel Silmarillion che nell’altro suo lavoro, Il Signore degli Anelli, le cui radici affondano nel primo”.

Tra il 1918 e il 1929 i coniugi Tolkien hanno quattro figli – John, Michael, Christopher e Priscilla – e John Ronald compie una poderosa ascesa nel mondo accademico diventando prima lettore di Lingua inglese all’Università di Leeds, poi professore di lingua inglese, sempre presso quell’ateneo e infine, nel 1925, titolare della cattedra Rawlinson and Bosworth di Studi anglosassoni a Oxford, dove si trasferisce presto tutta la famiglia. Gli studenti ammirano le sue lezioni e la sua dedizione all’insegnamento è encomiabile, con una quantità di ore settimanali e corsi annuali nettamente superiore alla media.

Nel marzo 1939, Tolkien tiene una conferenza alla St. Andrews University dal titolo Sulle Fiabe, che fa parte della raccolta Il medioevo e il fantastico, curata dal figlio Christopher ed edita nel 1983. Questa è l’occasione per definire meglio la sua visione del fantastico, concepito non solamente come mezzo di riscoperta, evasione e consolazione, ma anche e soprattutto in riferimento alla fantasia intrinsecamente legata alla realtà, rintracciabile nella connessione tra Mondo Primario e Mondo Secondario realizzata attraverso l’autentica Arte Sub-creativa:

“Che le immagini si riferiscano a cose che non appartengono al Mondo Primario (se davvero ciò è possibile) è una virtù, non un vizio. La Fantasia in questo senso è, credo, non una forma inferiore ma una forma più elevata di Arte, invero la forma più prossima alla purezza e dunque (quando viene raggiunta) quella più potente. Naturalmente la Fantasia ha dalla sua un vantaggio: quella stranezza che attrae. Ma questo vantaggio è stato volto contro di lei, e ha contribuito alla sua cattiva reputazione. […] Creare un Mondo Secondario all’interno del quale il sole verde possa essere credibile, imponendo la Credenza Secondaria, richiederà probabilmente fatica e riflessione, e sicuramente avrà bisogno di una particolare abilità, una sorta di maestria elfica. Pochi tentano imprese così difficili. Ma quando queste imprese vengono tentate e quando sono in una certa misure riuscite, allora abbiamo una rara conquista artistica: della vera narrativa, l’elaborazione di una storia nella sua modalità primaria e più potente”.

Il 29 luglio 1954 esce La Compagnia dell’Anello, a novembre Le Due Torri e, nell’ottobre 1955, Il Ritorno del Re, con le tanto agognate Appendici. In una lettera del dicembre 1953 all’amico padre Robert Murray, che aveva letto parte del libro in bozze rimanendone entusiasta, riscontrando:

“Una positiva compatibilità con l’ordine della Grazia”

Tolkien aveva rivelato:

“Ovviamente Il Signore degli Anelli è un’opera fondamentalmente religiosa e cattolica; all’inizio lo è stata inconsciamente, ma lo è diventata consapevolmente nella revisione. […] In realtà ho pianificato consapevolmente ben poco; e soprattutto dovrei essere grato di essere stato educato (da quando avevo otto anni) in una Fede che mi ha rafforzato e mi ha insegnato tutto quel poco che so; e questo lo devo a mia madre, che restò fedele alla sua conversione e morì giovane, in gran parte a causa delle privazioni causate dalla povertà che ne era derivata”.

Nel giro di pochi anni, l’opera viene tradotta in più lingue – la prima è l’olandese –, vince premi e fa di J. R. R. un autore di fama internazionale. Nel 1965 nasce negli Stati Uniti il primo Tolkien Club, che diverrà poi la Tolkien Society of America e nel 1968 è la volta della British Tolkien Society. Alla fine del 1966 a Yale:

“La trilogia sta vendendo più rapidamente di quanto non facesse Il signore delle mosche di William Golding nel suo momento migliore. A Harvard sta superando di gran lunga Il giovane Holden di J.D. Salinger”.

 

Lorenzo Pennacchi

 

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