Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani: storia di una salvazione

<<Da molti anni desideravo scrivere dei Finzi-Contini – di Micòl e di Alberto, del professor Ermanno e della signora Olga – e di quanti altri abitavano o come me frequentavano la casa di corso Ercole I d’Este, a Ferrara, poco prima che scoppiasse l’ultima guerra. Ma l’impulso, la spinta a farlo veramente, li ebbi soltanto un anno fa, una domenica d’aprile del 1957>>. (Incipit Il giardino dei Finzi-Contini)

Il giardino dei Finzi Contini si può senz’altro considerare uno dei capisaldi della lettaratura moderna, sia per la qualità della narrazione, sia per una trama semplice, ma, come il più delle volte accade, fortemente evocativa che permette al lettore di immedesimarsi nei personaggi e nelle situazioni. Un romanzo della memoria, una storia di salvazione che ha avuto non pochi denigratori come non pochi sostenitori dato il grande successo di pubblico alla sua uscita.

Giorgio Bassani dà alla luce questo libro nel 1963: il romanzo è raccontato da una voce narrante che ripercorre gli anni dell’adolescenza e dell’università del protagonista. La storia si articola attorno alle vicende di una ricca famiglia ebraica di Ferrara. Bassani è molto abile a dipingere le storie dei protagonisti sullo sfondo degli eventi della metà del novecento: l’avvento del fascismo, le leggi razziali, la guerra. L’epilogo della storia sarà molto breve (due pagine), quasi a voler conferire un immagine di improvvisa morte e dolore, visto come terminano le sorti dei protagonisti.

All’interno della storia de Il giardino dei Finzi-Contini trovano spazio vari personaggi, alcuni dei quali molto emblematici. Uno di questi è il padre dell’io narrante (ovvero di Bassani, anche se non si rivelerà mai),  persona dotata di una grande umanità, che si preoccupa dei figli e fa di tutto per farli studiare. Sarà una figura fondamentale per il figlio, al quale consiglierà di allontanarsi dal giardino dei Finzi Contini, e soprattutto dalla bella Micol, perché, a suo dire, vivono in mondi troppo diversi.

Una delle figure principali, attorno alla quale si snoda la trama principale del racconto, è  l’enigmatica Micol: una ragazza allegra, dinamica, che dice di amare il  dolce passato e il presente, ma afferma il contrario di quello che pensa, anela al futuro ed è aperta alla vita e al diverso, nonostante la sua famiglia  tenda a sopprimere i suoi istinti di apertura verso il mondo esterno, motivo che l’ha spinta alla conoscenza con la voce narrante.

L’amore non corrisposto è forse il grande tema di questo romanzo: l’autore-personaggio dopo aver percorso un labirinto di emozioni contrastanti e difficoltose, arriverà poi a confessare il suo amore a Micol, che, impunemente, inizierà ad allontanarsi da lui. Ne nasce un vero e proprio gioco delle parti: il ruolo decadente svolto dai Finzi-Contini che guardano al passato e quello positivo rappresentato da Malnate, personaggio che nutre profonde convinzioni politiche ( è comunista e lavora in fabbrica) al centro vi è Giorgio.

Nell’atto di scavalcare, come la prima sera fece per entrare, il muro di cinta del giardino, l’autore-protagonista si rende conto che per tutto quel tempo è soltanto stato attore passivo del suo amore per Micol: è come se lei continui a stare in quel giardino, coperta come da un vetro che fa trasparire l’immagine, ma che non ne renderà mai possibile il contatto reale. Il ricordare, strategia fondamentale con cui è costruita la narrazione, ha l’obiettivo di rendere tutta la storia velata di una doppia malinconia: da un lato le amare vicende sentimentali del protagonista, dall’altro le cupe vicende della guerra e della distruzione che in quegli anni flagellavano l’Europa intera.

Dall’inizio alla fine del libro si respira aria di salvazione, quella riservata, slealmente,dallo scrittore al suo protagonista Giorgio: Bassani esercita violenza nei confronti di tutti gli altri personaggi, i quali incarnano la buona e la cattiva cosicenza del protagonista, per creare un’aurea di positività e speranza intorno a Giorgio, operazione portata avanti non senza uno spiccato autocompiacimento. Secondo lo scrittore Bruno Barilli quindi, Bassani compie una sorta di sopraffazione per agevolare a Giorgio la strada verso la salvezza, riempendo, da ultimo, la scena. In questa cornice, diventa funzionale anche il problema ebraico: Bassani fa delle persecuzioni razziali “uno strumento catartico, per la propria elevazione morale”.

La forza del romanzo sta nel saper unire motivi neorealisti a motivi lirici, decadenti. L’età dell’innocenza, come direbbe Edith Wharton, è immediatamente e bruscamente seppellita, anche letteralmente, dai morti e dalla morte che si respira alla fine del libro. Il giardino, luogo in cui i protagonisti si “rifugiano” dalla guerra che imperversa, forse non è riuscito a mantenere lontano dai loro animi, un altro tipo di guerra, ugualmente struggente: la guerra che ognuno di noi è chiamato a combattere con le proprie emozioni e sentimenti. Il difetto maggiore invece, risiede in un certo narcisismo con il quale l’autore vuole dire che solo chi è moralmente superiore può e deve salvarsi.

L’accusa principale che venne  mossa a Bassani fu quella di aver realizzato un romanzo di provincia che non si può inserire nella neoavanguardia italiana. Tuttavia il romanzo  è suggestivo  e avvincente che non può essere liquidato come un banale romanzetto provinciale per sole donne. Il giardino dei Finzi-Contini  come ha notato ancora Barilli, non ha in sé i “difetti più evidenti della narrativa italiana contemporanea, che stanno in un ingenuo documentarismo, in un recupero delle vecchie strutture del naturalismo, in una piatta trascrizione del parlato quotidiano”; il rapporto dello scrittore bolognese con la realtà è obliquo non univoco e razionale. La memoria, in questo senso, serve a Bassani non tanto per illuminare  cose, persone e ambiente, ma per dare loro una carica sentimentale, in questo modo è garantita una chiara ricostruzione di quel periodo storico sebbene gli attacchi in riferimento ad una carenza di coscienza storica nel romanzo dicessero il contrario. A tal proposito ci sembra opportuno riportare l’opinione dello stesso Giorgio Bassani in “Il mestiere di scrittore” di F. Camon:

“Io sono storicista e lo dimostro con le analisi di tipo storiografico in cui immergo la realtà umana dei miei personaggi. Il giardino dei Finzi-Contini è, da un punto di vista storicistico, un saggio, che mi permetto di giudicare obiettivamente valido, sull’Italia tra l’Ottocento e il Novecento..”

Il giardino dei Finzi-Contini è stato trasposto cinematograficamente da Vittorio De Sica nel 1970 provoncando un forte dissenso in Bassani.

 

 

Giorgio Bassani: una vita tra letteratura e antifascismo

Figlio di una agiata famiglia ebrea borghese, Giorgio Bassani nasce a Bologna nel 1916: negli anni della formazione si iscrive alla facoltà di Lettere di Bologna, dimostrando una mentalità aperta alle contaminazioni che fioriscono in quell’ambiente. Si dimostrerà infatti particolarmente vivace nei rapporti con altri esponenti non solo letterari di metà novecento, come Bacchelli, Longanesi e Morandi. Negli anni trenta Bassani si cimenta quindi con le prime prove di scritture: “Nuvole e mare” e “I mendicanti” vengono pubblicati nel 1936, suscitando l’apprezzamento di Roberto Longhi, suo grande maestro. Successivamente attiva una proficua collaborazione con la rivista “Il padano” : in questo periodo si accosta a quello che dichiarerà essere il suo principale ispiratore, ovvero Benedetto Croce.

Nel 1937, a causa delle leggi razziali, inizia a dedicarsi all’attività antifascista: tutti gli ebrei sono costretti ad emigrare e anche Bassani, diventato professore quello stesso anno, dovrà esercitare la sua professione nella scuola del ghetto ebraico di Ferrara.
Nel 1940, con lo pseudonimo di Giacomo Marchi, pubblica “Una città di pianura”: con uno stile lirico descrive la decadenza della borghesia e quest’opera sarà la definitiva prova giovanile prima di convicersi a calcare completamente la strada della scrittura.
Nel maggio del 1943 viene condotto in carcere, con l’accusa di antifascismo: vi resterà per poco meno di due mesi, visto che nel luglio di quello stesso anno il fascismo vedrà la sua fine. L’esperienza del carcere lo segna profondamente, infatti scrive lettere piene di malinconia e amarezza, che veranno pubblicate nel 1984 sotto il titolo di “Di là dal cuore”.

Segue  il  matrimonio, ostacolato però dalle pesanti ristrezze economiche e dall’ansia della liberazione anglo americana: nei periodi successivi si dedica alla poesia e a varia collaborazioni con riviste e biblioteche: nel 1948 gli viene affidata la redazione di “Botteghe oscure”, dove Bassani limerà il suo sprito critico.
Nel 1956 pubblica “Cinque storie ferraresi”, con cui vince il Premio Strega: storie che poi confluiranno nell’edizione definitiva de “Il romanzo di Ferrara” del 1980. Tutte le storie sono contrassegnate da un senso di esclusione e di amarezza, dettati dall’esperienza negativa che ha subito con il fascismo. Negli anni cinquanta diventa  amico di Pasolini e si cimenta anche in rielaborazioni cinematografiche: scrive sceneggiature per Mario Soldati e collabora con Pasolini nella sua “Ricotta” del 1963.

Nel 1962 pubblica il suo romanzo più noto, “Il giardino dei Finzi Contini”, che lo consacrerà nel pantheon della letteratura italiana: romanzo da cui, diranno i critici, emerge tutto il vero Bassani, la sua testimonianza memoriale, la sua prosa equilibrata e tutta la sua esperienza politica e sociale. I rapporti con la neo nata “Officina 63” si fanno difficili: critica il libro “Fratelli d’Italia” di Arbinio e quindi risente di un allontamento da un certo ambiente letterario, ma non lo scoraggia nella produzione. Nel 1964, infatti, pubblica  “Dietro la porta”, nel 1968 “L’airone”(che rappresenta un punto di svolta nel percorso letterario dello scrittore, data l’eliminazione della barriera spazio-temporale tra l’io personaggio e l’io narrante ) e numerosi saggi, con cui completa la sua produzione letteraria. In questi anni gli vengono assegnati numerosi premi e entra anche in politica, diventando presidente di “Italia Nostra”, allontanandosi dal PCI e avvicinandosi ai repubblicani.

Gli ultimi anni sono dedicati alla revisione delle sue precedenti opere: “L’odore del fieno” del 1972, è infatti una revisione di testi e poesie già pubblicati nei suoi numerosi saggi. Nel 1972, sempre nell’ambito delle revisioni, esce “Dentro le mura”, una edizione riveduta e corretta delle “Storie ferraresi”. Nel 1977 pubblica “Epitaffio”, ovvero un insieme di componimenti e versi che seguono il suo antico filone lirico, inaugurato in gioventù. Non apprezzerà, poi molte delle rielaborazioni cinematografiche dei suoi romanzi (come  “Gli Occhiali d’oro” e “Il giardino dei Finzi-Contini”), perché non si rivela mai convinto della congiunzione tra soggetto romanzesco e soggetto cinematografico.

Muore a Roma nel 2000, dopo aver ricevuto molteplici onorificenze, tra cui una laurea honoris causa a Ferrara e 1993 viene organizzato un convegno in suo onore come risarcimento simbolico dell’allontanamento patito nel 1938.

Il merito letterario di Giorgio Bassani sta nell’essere riuscito ad esprimere un punto di vista totale sulle questioni storiche  e sociali non affidandosi al realismo ma alle istanze novecentesche di Proust, Joyce, Kafka creando delle tensioni drammatiche estreme in maniera analitica, senza riscontrare identificazione tra vita e arte, ponendosi in questo modo, agli antipodi delle avanguardie. Inevitabili sono stati gli attacchi nella prima metà degli anni Sessanta da parte della critica marxista e della neoavanguardia nei confronti di Bassani; ma si è trattato di attacchi di natura prettamente ideologica, un pò come è avvenuto nei riguardi di Carlo Cassola.

 

Secondo il critico Ferretti il tema dominante delle storie bassaniane è quello “dell’individuo solo, incomprensibile, isolato in una realtà non modificabile, in un mondo ostile e inesorabilmente uguale a sè stesso” (G. C. Ferretti, “Bassani e Cassola tra idillio e storia”). Ferretti prosegue la sua analisi bassaniana ponendo la sua attenzione sulla concezione delle storia che ha lo scrittore bolognese: “la mancanza di una matura coscienza storica spiega l’istanza genericamente moralistica di Bassani, che, se mostra acutezza nello scandagliare il suo cosmo ferrarese, lo fa sempre e solo fino ad un certo punto”.

Il critico non ha tutti i torti, Bassani sembra non essere molto toccato dagli eventi storici, non li rende influenti per i suoi personaggi enigmatici; ma probabilmente questi personaggi che vivono un profondo conflitto tra l’elemento tragico e quello epico, come ha giustamente notato Italo Calvino, non hanno dei giudizi critici sulla Storia perché non la comprendono fino in fondo.Cogliere una particolare dimensione interiore del personaggio e la sua incomunicabilità non può rappresentare un limite per uno scrittore nè una tendenza da essere oggetto di dileggio da parte dei detrattori di Bassani (il quale rifiuta eticamente il concetto stesso di avanguardia)che lo reputavano uno scrittore mediocre.

Nel 1973 Bassani risponde a Ferretti dalla pagine de “Il mestiere di scrittore” di F. Camon: “Invece di scendere sul mio terreno, e leggere i miei testi, Ferretti applica, a me, schemi che non sono i miei.”

Come dare torto a Bassani…Il difetto di molti critici sta proprio nel non cercare di entrare nel mondo di chi scrive una storia, lasciandosi imbrigliare dal gusto, dalle tendenze dell’epoca, dal clima culturale vigente. Semmai, il “limite” dello scrittore potrebbe essere quello di non aver aperto le porte della scrittura introspettiva al mistero.

 

 

 

 

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