Gentiloni: “L’Ue deve preoccuparsi della crescita dei suoi membri”

Il governo Gentiloni, dopo una partenza e un proseguimento piuttosto paludati, in questi giorni ha avuto un breve guizzo di vitalità, quando il Presidente del Consiglio ha apertamente accusato l’Unione Europea di non fare abbastanza per il miglioramento economico dei singoli stati che ne fanno parte (sottinteso: specie alcuni, quale il nostro, a favore, magari, di nazioni attualmente più potenti e predominanti). Che sia l’inizio di un cambio di passo, rispetto al “mosciume” sinora mostrato? Confidiamo (pur senza eccessive speranze…).

Pirandello chiede a D’Annunzio di entrare nel Governo Gentiloni

Maria Elena Boschi, la nuova, si fa per dire, componente del governo (in realtà è nuovo solo il governo, in realtà neanche il governo), comunque… la Boschi ottiene che Gabriele D’Annunzio apra il cancello del Vittoriale e bussa al portone.

D’annunzio: Chi è?

Boschi: Governo Gentiloni.

D’Annunzio: Chi!!??

Boschi: Gentiloni.

D’Annunzio: E chi è?

Boschi: Il presidente del consiglio.

D’Annunzio: Pensavo fosse Renzi.

Boschi: Sì, infatti.

D’Annunzio: Ma come? Ha detto che è Gentiloni.

Boschi: Sì, infatti, diciamo che lo sono tutti e due.

D’Annunzio apre la porta, ma più o meno era un portone grande quanto l’ego che aveva, e per aprirne anche una sola anta gli ci vuole l’aiuto di altri tre camerieri.

D’Annunzio: Buongiorno, ecco, mi scusi, ma queste porte sono vecchie e pesano.

Boschi: Certo, capisco, anche a Palazzo Chigi, le chiudiamo solo in presenza dei cittadini normali, altrimenti le teniamo sempre aperte, così possono entrare cani e porci.

D’Annunzio: Ehm… lo vedo. – disse osservando l’interlocutrice. – Comunque, che cosa vuole?

Boschi: Non posso dirglielo subito, devo prima appurarmi che lei sia effettivamente Gabriele d’Annunzio.

D’Annunzio: Ma scherza!? Come osa non conoscermi, non ha studiato?

Boschi: No. – ammette candidamente lei.

E mentre D’Annunzio rimane perplesso, lei inizia con le domande di rito del nuovo programma televisivo del governo Gentiloni: “C’è un governo per te”, in onda da genaio a sperano il più lontano possibile.

Boschi: Allora comincio:

E’ lei quello che ha perso un occhio durante la prima guerra mondiale? – disse quel nome come se lo sentisse per la prima volta.

D’Annunzio: Secondo lei la benda sull’occhio la porta per estetica?

Boschi: Beh, conoscendo il tipo, potrebbe. Comunque, seconda domanda:

E’ lei quello che apostrofò il Presidente del consiglio Nitti con il nome di Cagoja?

D’Annunzio annuisce.

Boschi: Perfetto, è lei che a Fiume si occupò del governo della città con la carica di…

D’Annunzio: Presidente!

Boschi: Qui mi risulta proto-dittatore.

D’Annunzio: Sbagliato! Ero voluto da tutti.

Boschi: Non lo so, qui ho segnato proto-dittatore, e mi creda di proto-dittatori me ne intendo, sicuro di voler confermare presidente?

D’Annunzio: Allora direi vate.

Boschi: Water?

D’Annunzio: Come!?

Boschi: Scherzo, scusi ogni tanto scherziamo anche noi.

D’Annunzio: Soprattutto quando scrivete le leggi ho saputo, tipo la sua sulla costituzione, oppure la riforma madia… spero fossero scherzi. – rispose alla provocazione.

Boschi: Non sono qui per essere provocata, ma per convocarla. Comunque visto che lei è effettivamente Gabriele d’Annunzio, la invito definitivamente al nostro programma. Tenga la lettera e grazie.

Gabriele la prende senza dire prego, né arrivederci.

In studio a canale 5

Un postino, un uomo che ha sempre fatto daponte fra gli schieramenti, di nome Denis Verdini, aspetta all’entrata del set, mentre la Boschi conduce.

Boschi: Allora Denis, alla fine si è presentato il signor Gabriele d’Annunzio?

Verdini: Sì Maria, Gabriele d’Annunzio è qui!

D’Annunzio entra in divisa militare, con passo marziale e atteggiamento marziano.

Boschi: Cos’è signor d’Annunzio, si è fatto male all’occhio?

D’Annunzio: Ancora? Le ho già detto che è una ferita di guerra.

Boschi: C’è una guerra!?

D’Annunzio la guardò spaesato: Lasci perdere.

Boschi: Beh, mi dispiace per l’occhio a nome del governo.

Poi la Boschi si rivolge a Verdini: Scusa non mi convince questa storia della guerra, chiedi alla Pinotti… aspetta, la Pinotti è ancora il ministro della difesa?

Verdini: Sì.

Boschi: Ok, chiedi anche al ministro degli esteri, Gentiloni.

Verdini imbarazzato: ora lei è ministro del governo Gentiloni, cioè Gentiloni è presidente del consiglio.

Boschi: Ah è vero, è che mi sembra sempre tutto uguale, ma allora chi è ministro degli esteri?

Verdini: Alfano.

Boschi: Ma lui si intende anche di esteri? Non stava agli interni?

Verdini: No, non si intende di esteri, ma non si intendeva neanche di interni, quindi si poteva spostare.

Boschi: Sì, ora torna tutto. Beh, allora chiedi anche ad Alfano su questa guerra: ho sentito D’Annunzio chiamarla prima guerra mondiale, voglio sapere contro chi e con chi stiamo combattendo.

Verdini è ancora più imbarazzato, si limita a dire: Vado.

D’Annunzio: Non le chiedo a nome di quale governo si dispiace, tanto lei non si è dimessa comunque.

Boschi: Esatto! – lo prende  come un complimento.

D’Annunzio ci rinuncia: Mi siedo qui. – ed indicò il divano alla destra della busta da lettere enorme, che lo separava da chi lo aveva invitato.

Boschi: Allora, è pronto a vedere chi l’ha chiamata?

D’Annunzio: No, sono venuto a fare due passi. – la derise lui.

Boschi: Mi scusi signor water – e lo chiama così volutamente – ma devo proprio farlo prima di aprire la busta.

D’Annunzio: Cosa? – chiede lui, mentre lei si avvicina con passo svelto e deciso e, giunta davanti a lui, gli molla un ceffone che gli sposta la testa e tutta la benda.

Boschi: Sa? E’ ora chelei capisca che sono viscida, ambiziosa, scaltra, ma sicuramente non stupida, quindi alla prossima battuta Denis la accompagnerà fuori di qui e la costringerà a trasferire il suo conto in Banca Etruria.

Lo schiaffo era stato umiliante, ma Banca Etruria gli sembra anche peggio… è terrorizzato.

D’Annunzio: D’accordo, mi scusi.

Boschi: Niente. – e continuò a sorridergli sempre cortese e falsa – Allora aprite la busta.

Dopo un po’ di silenzio in cui D’Annunzio guardò chi lo aveva chiamato…

Boschi: Allora, lo riconosce?

D’Annunzio: Certo! Luigi Pirandello… Luigi perché mi hai fatto chiamare?

Pirandello: Perché tu ti sei chiuso nella tua proprietà e ti disinteressi dei destini d’Italia, volevo chiederti se ti va di entrare nel nuovo governo come sottosegretario agli strilli e alla parolacce, è una delle strategie del nuovo governo: combattere Grillo sullo stesso piano degli insulti,anche noi iniziamo a insultare. Gentiloni ha letto la tua citazione su Giolitti “ansimante leccatore di sudici piedi prussiani” gli sembra che tu abbia talento. Quindi sono qui per comunicarti che “C’è un governo per te!”

D’Annunzio: C’è un governo per me? – gli sembrava tutto uno scherzo, guardò inebetito sia Pirandello che la Boschi, che continuava a sorridere.

Boschi: Allora la togliamo questa busta? Accetta?

D’Annunzio: Io…

Due settimane dopo un aereo vola su Vienna e getta dei volantini. Sopra c’è scritto:

Cerco riparo in Austria, chiedo scusa per avervi sconfitto nel ‘18, oggi l’impero non mi sembra più così brutto.

Improvvisamente vostro,

Gabriele d’Annunzio

M’ALA o non M’ALA? Non M’ALA! Il rifiuto di Gentiloni a Verdini

ALA sta per Alleanza liberalpopolare-autonomie, partito di Denis Verdini, distaccatosi da Forza Italia e sostenitore ufficioso del passato governo di Matteo Renzi. Alcuni giorni fa Enrico Zanetti, ex vice-ministro dell’economia del detto governo ed ex segretario dell’ormai defunto partito politico Scelta civica, sia durante la formazione del Governo di Paolo Gentiloni, cioè nella scelta dei ministri, sia durante la conseguente scelta dei sottosegretari, ha sdegnosamente preso atto del rifiuto da parte del medesimo governo di accoglierli nella fila della nuova, ma solo formalmente, maggioranza di governo.

Cosa c’entra ALA? E soprattutto, chi è Zanetti? E’ una personalità curiosa: entra in Parlamento nel 2013 con Scelta civica, al cui vertice c’era l’ex presidente del consiglio e attuale senatore a vita Mario Monti, partito che si schiera per il governo di coalizione con il centro-destra di Forza Italia e poi con il nuovo centro-destra di Angelino Alfano. Quando Monti lascia (senza dirlo lui, ma probabilmente il dolore di non essere di nuovo presidente del consiglio deve averlo schiacciato) il partito elegge come nuovo segretario di Scelta civica Stefania Giannini, ormai ex ministro dell’istruzione del governo Renzi. La Giannini decide anch’ella di abbandonare il partito e di passare al partito democratico (di nuovo, senza dirlo lei si può sostenere che lasciò un partito senza prospettive per un posto nel carro del nuovo e apparentemente invincibile leader politico Renzi) insieme ad altri membri parlamentari del medesimo partito. Cosa che ovviamente lasciò il partito privo, in poco tempo e per ben due volte, dei propri vertici politico-parlamentari – da lì iniziò ad essere soprannominato Sciolta civica.

Fu eletto Enrico Zanetti come nuovo segretario. Segretario che sembrò voler puntare sulla riconquista di un’identità e di un peso del partito dopo quanto accaduto, tanto da apostrofaremalamente la Giannini, invitandola almeno ad un dignitoso silenzio. Quale spessore morale lasciò intuire il segretario! Pur se leader solo di una formazione parlamentare minima, esclusa ormai dal Senato, ma pronta a mantenere la propria dignità contro i propri stessi capi, che l’avevano tradita.

Poi… Già,poi… Poi Enrico Zanetti, da segretario (cioè nuovo vertice di Scelta civica) decide di traghettare il partito in una nuova formazione, insieme ai verdiniani di ALA, dando vita a Scelta civica verso i cittadini per l’Italia – maie (nome facile da ricordare, da vero comunicatore!). Già, peccato che a seguirlo, su 23 deputati, sono stati solo 3! Gli altri sono stati costretti a rinunciare al nome Scelta civica, anche se sono la maggioranza e anche se Mario Monti ha protestato, definendosi proprietario del simbolo e contrario, in quanto tale, alla cessione del nome al nuovo traditore, che in un colpo solo, da grande moralista ipocrita, pensa magari di non avere tradito sostanzialmente, perché il nome se l’è portato con sé. Il nome… ma non il partito, dettaglio abbastanza notevole da scordare per l’ambizioso Zanetti, che fondando un nuovo partito con Denis Verdini e i suoi, lo ha fatto entrare di fatto al governo di cui Zanetti faceva parte.

Era il 14 luglio del 2016, il 4 dicembre scorso, cioè pochi mesi dopo, il governo verso cui ogni capo di Scelta civica ha perso la dignità in cambio di una poltrona, cadde. Poveri Zanetti e Verdini! Hanno fatto tanto: il primo per assumere sempre più importanza, ma mantenere intatta l’immagine di non traditore, il secondo accettando da sempre anche quell’immagine, pur di entrare al governo, per poi ritrovarsi a dover negoziare di nuovo un posticino, che rifletta il loro ricatto numerico al Senato.

Gentiloni, nuovo presidente del consiglio, questa volta sì con un po’ di dignità, ha invece salutato Zanetti e Verdini. Forse perché, al contrario di Renzi, Gentiloni è meno ambizioso e più lucido e sa che i traditori, anche se dicono di volerti sostenere, prima o poi ti tradiscono, e farsi tradire per un governo destinato a durare poco, a fare poco ed ad essere in fondo poco, sarebbe stupido. Gentiloni è parso non esserlo. Per fortuna.

Dialoghi impossibili: Pirandello e D’Annunzio su Paolo Gentiloni

Vedi Gabriele, Paolo Gentiloni è come una vecchia. – cerca di spiegare Pirandello al suo vecchio quasi compagno di Partito PNF, Gabriele D’Annunzio.

D’Annunzio: Come una vecchia?

Pirandello: Sì una vecchia, non ne conosci nessuna?

D’Annunzio: Mi vanto di non averne mai conosciuta nessuna!

Pirandello: che domande faccio!… Comunque, la vecchia ce l’hai presente?

D’Annunzio: Ma chi Gentiloni o le vecchia in generale?

Pirandello: In generale.

D’Annunzio: Sì, presente.

Pirandello: Ecco, Paolo è proprio una vecchia: età, idee, governo. E’ vecchia. Io su una vecchia ho scritto proprio, hai mai letto quello che ho scritto sulla vecchiaia? E poi c’è Renzi, hai presente?

D’Annunzio: Renzi chi? Quello che voleva cambiare l’Italia?

Pirandello: Sì, ma non l’ha cambiata, lui anche è una vecchia, però come quella di cui ho scritto, una vecchia che non vuole sembrare di esserlo, così ha mascherato vecchie ricette politiche con slide, velocità… Gentiloni. In effetti, Gabriele, anche tu sei un po’ così.

D’Annunzio: Coooosa!? Io non sono mai stato vecchio, io sono eterno, vincitore, non come Renzi. Anche se ha osato e non mi dispiace per questo, viva il decisionismo…Memento audere semper!!!

Pirandello: Sì, sì, ma quindi a Fiume hai vinto?

D’Annunzio: In effetti no.

Pirandello: Insomma questo Gentiloni è la brutta copia di Renzi, poi è chiaro che ognuno di noi non è solo una cosa, può esserne centomila. Diciamo che potrebbe succedere anche l’inverso: Renzi potrebbe diventare la brutta copia di Gentiloni, se lui facesse bene.

Proprio in quel momento Gentiloni, finito il discorso al Senato, passa loro davanti, vicino agli spalti e, mentre sta camminando, Pirandello e D’Annunzio vedono che i capelli grigi si muovono tutti verso il basso…

Pirandello: E’ una parrucca! Sotto, i capelli sono… mori! Poi lo sentono dire all’autista: – <<Oh tu lo sai che ho fame, andiamo a la hasa, che l’ho proprio fame>>.

Pirandello: Caro Gabriele, imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti…

D’Annunzio: L’importante è che siano di femmine non asessuali!

 

 

 

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