‘La montagna incantata’ di Mann: una lettura filosofica di Davide Morelli

Ha perfettamente ragione Milan Kundera, quando scrive nel suo saggio “L’arte del romanzo”, che il romanzo è soprattutto complessità.  La montagna incantata infatti è impegnativa per la molteplicità di temi filosofici, politici, morali, scientifici, religiosi trattati. Il lettore si trova di fronte a molti spunti di riflessione.

La montagna incantata: un crogiolo di pensieri dell’epoca di Mann

Thomas Mann ha adoperato tutta la sua cultura per descrivere tutte le correnti di pensiero dell’epoca. Mann nella lezione per gli studenti dell’Università di Princeton dichiarò che questo è un romanzo del tempo in due sensi: “Anzitutto sul piano storico, in quanto cerca di delineare l’interiore immagine di un’epoca, quella dell’anteguerra europeo; in secondo luogo, però, perché suo argomento è il tempo puro, e questo oggetto è trattato non solo come esperienza del protagonista, ma anche in e per se stesso”.

Riguardo al primo punto Zecchi nel saggio “L’artista armato contro i crimini della modernità” sottolinea che la posizione assunta da Settembrini, ovvero che il nichilismo potesse essere contrastato con le scienze esatte in sinergia con le scienze dello spirito, sia stata una idea diffusa agli inizi del Novecento.

Trama e letture filosofiche

Poi giunse Husserl a spiegare che il progresso scientifico aveva allontanato l’uomo dal “mondo della vita”, facendogli perdere la visione globale del mondo e facendogli dimenticare l’interiorità. Per quel che riguarda l’argomento del tempo puro, ricordo che il protagonista mediterà più volte su di esso, chiedendosi quale sia l’organo specifico del cervello che che ci fa intuire lo scorrere degli istanti. Comunque iniziamo con la trama del romanzo che è semplice.

Nella Montagna incantata i protagonisti sono statici. Il romanzo fu ispirato da un fatto realmente accaduto a Mann. Egli stesso visse per tre settimane in un sanatorio, dove sua moglie fu curata per sei mesi. Anche Castorp, il protagonista, deve trascorrerci inizialmente solo tre settimane per far visita a suo cugino che soffre di tisi. Ma il giovane ingegnere Castorp per delle complicazioni alle vie polmonari finirà per trascorrere ben sette anni nel sanatorio svizzero.

In quel periodo si innamorerà di una ragazza russa a cui si dichiarerà e che gli concederà un bacio sulle labbra. Qui avrà modo anche di conoscere il letterato Settembrini e il gesuita Naphta. Settembrini è carducciano, massone, volterriano. Naphta è un nichilista, un conservatore.

Il primo è un razionalista. Il secondo invece è un irrazionalista. Castorp ascolta sempre le loro discussioni colte ed oscilla continuamente tra i due poli di questi suoi precettori. Oscilla tra l’evasione dell’arte e lo spirito religioso, tra l’impegno pratico e il riconoscimento della decadenza dei valori, tra rivoluzione e conservazione.

Le due posizioni presenti nel romanzo

Comprendere queste due posizioni non è facile perché contengono delle contraddizioni interne e delle antinomie. Le argomentazioni nella Montagna incantata sono complesse e rappresentano tutte le scuole di pensiero dell’epoca. Ma questi due personaggi sono complessi anche perché sono incoerenti. Settembrini dichiara che a volte bisogna utilizzare la violenza, eppure quando si trova a duellare con Naphta non mira all’avversario ma spara in aria.

Quest’ultimo decanta il misticismo cristiano e ciò nonostante soccombe alle proprie tare esistenziali e si suicida. Altro aspetto rilevante del libro è che tutti i personaggi sono borghesi e Mann riesce a fare una analisi spietata della borghesia della sua epoca.

Come ebbe modo di scrivere Lukacs nella prefazione alle novelle, lo scrittore fu testimone e giudice della decadenza borghese. Nel saggio “Mann e la tragedia dell’arte moderna” Lukacs scrive che lo scrittore tedesco è uno dei grandi esponenti del realismo critico e che riesce a svelare tutte le problematiche della società borghese, rappresentando l’apice del pensiero progressista di questa.

Rapporto tra conoscenza e malattia

Altro aspetto importante della Montagna incantata è il rapporto stretto tra voglia di conoscere e malattia. Se da un lato la malattia è disumana perché umilia l’uomo, dall’altro lato è occasione per Castorp per approfondire determinati argomenti che nella civiltà frenetica della pianura non avrebbe mai minimante trattato. La sofferenza quindi aiuta ad aumentare la consapevolezza.

La malattia è fonte di umanità, di conoscenza e di saggezza. Inoltre con il cristianesimo comunista di Naphta, Mann è riuscito ad intuire una delle possibilità della politica del novecento. L’unione del cristianesimo con il marxismo in Italia fu pensata da molti, anche dallo stesso Pasolini.

In America Latina fu anche applicata da preti rivoluzionari come Ernesto Cardenal, ministro della cultura del governo sandinista. Mann non era marxista, ma grazie al suo acume aveva intuito cosa sarebbe potuto accadere. Ad onor del vero va detto comunque che più che l’unione tra cristianesimo e marxismo si verificò almeno in Italia quella tra cattolicesimo e comunismo.

Da notare infine che anche il romanzo “Diceria dell’untore” di Bufalino tratta di un sanatorio per malati di tisi, anche se è ambientato nel dopoguerra, il protagonista è un reduce, non ci sono conversazioni così impegnate e in primo piano c’è una storia di amore che finirà con la morte della donna.

La montagna incantata è dunque completamente diverso dal libro di Bufalino. È innanzitutto un complesso romanzo di formazione, che riesce ad essere sia pedagogico che ironico. Bisogna ricordare anche che a Mann ci vollero dodici anni per completare questo capolavoro: niente a che vedere con certi scrittori di oggi, che pubblicano un libro commerciale all’anno.

“La montagna incantata”: il ritratto della civiltà occidentale

Con La montagna incantata la letteratura europea raggiunge uno dei massimi vertici espressivi. Elegante, denso di immagini indimenticabili, cattura dal principio alla fine con un andamento onirico e dilatato. Si tratta di un’ opera di non facile lettura, che in alcuni punti accusa qualche momento di stanchezza, trascurabile se se ne considera la lunghezza complessiva.

Nell’estate del 1907 Hans Castorp, giovane ingegnere di Amburgo, si reca nel sanatorio svizzero di Davos in visita al cugino malato di tubercolosi. Hans viene attratto dall’atmosfera del sanatorio, macabra e voluttuosa, ed è felice di sapere che un malattia ai pol­moni gli impedisce di ritornare in pianura, dove gli uo­mini conducono la loro piatta esistenza. La “montagna incantata” su cui sorge il sanatorio è un luogo mitico, al di fuori del tempo, in cui tutto sembra possibile. Hans cede alla passione per una signora russa, Clowdia Chauchat, che lo lega ancor più profondamente al mondo del sanatorio.

Conosce l’italiano Settembrini, il gesuita Leo Naphta e l’olandese Peeperkorn. Attraverso il confron­to con loro si compie il lungo tirocinio pedagogico di Hans. Settembrini, razionalista e fiducioso nella scien­za e nel progresso, difensore della democrazia, crede sia suo compito sottrarre Hans al fascino della montagna e far rinascere in lui l’interesse per il mondo reale. Naph­ta, nichilista, gli oppone l’esaltazione della violenza, del terrore, della morte e morirà suicida. Peeperkorn è l’a­more istintivo e prorompente per la vita. Lo scoppio del­la grande guerra sconvolge questo mondo, fa fuggire gli ammalati e costringe Hans, dopo sette anni, a scendere dalla “montagna incantata”. In pianura egli riesce a sottrarsi al suo fascino ambiguo e sceglie, arruolandosi vo­lontario, di confondere il suo destino a quello di migliaia di uomini offesi e disperati.

La montagna incantata è un romanzo che ha qualcosa di ipnotico, la narrazione è lucidissima e al tempo stesso quasi febbricitante. Significative le pagine che raccontano le due passeggiate solitarie di Castorp, la prima più o meno ad inizio romanzo e la seconda sulla neve verso la fine, entrambe caratterizzate da ricordi, sogni e visioni dense di emozioni. Le pagine memorabili di questo lunghissimo romanzo sono, però,  innumerevoli:  “La montagna incantata” non può essere descritta o riassunta se non molto genericamente, bisogna immergersi nel mondo che propone l’autore.
La narrazione è estremamente lenta, a scandire il lento passare del tempo dei pazienti del sanatorio, ma mai noiosa. Il libro è arricchito dalle numerose riflessioni del protagonista, Hans Castorp, e dai personaggi comprimari del libro, Berens, Settembrini, Naphta, Peeperkorn.

La montagna incantata  riflette anche un’epoca ed un ambiente che non esiste più, oppure non esiste più così diffusamente come doveva essere ad inizio del secolo scorso; queste persone nobili, o comunque benestanti, che si potevano permettere di stare ad oziare, se pur in alcuni casi anche gravemente ammalate, senza fare niente. L’unica attività che diventa quindi preminente è la disquisizione filosofica, portata avanti dai vari personaggi ognuno secondo la sua indole.

In generale è un testo di enorme complessità, capace di affascinare e coinvolgere il lettore come pochi altri. L’ ambientazione è il paesaggio alpino incombente, amico e ostile, spettatore delle vicende umane che si dipanano nel villaggio. Finisce per fungere anche da autentico “personaggio aggiunto” nel memorabile capitolo “Neve” in cui Hans Castorp, prigioniero della tormenta, ha una visione onirica e tragica sul destino dell’uomo. I personaggi fanno parte di una variopinta “fauna umana” che si aggira nel Sanatorio: dal “consigliere aulico” Behrens alla enigmatica Claudia, al pedagogo Settembrini, al terribile Naphta, al protagonista Hans Castorp nel suo straordinario viaggio di iniziazione umana e culturale e più di ogni altro a Joachim, il cugino di Hans ed a Mynheer Peeperkorn. Il primo, commovente esempio di incrollabile attaccamento e fede nella propria missione umana nella sua semplicità e estrema dignità ed umiltà, rappresenta un tipo umano sempre più raro. Il secondo, la personalità Peeperkorn… che si fa amare perché incita al sorriso per le sue espressioni stereotipate. Poi Hans, all’apparenza poderoso e dominante, crolla travolto dai suoi sentimenti e dalla incapacità di suscitare la passione di Claudia e pone fine con il veleno alla propria esistenza.

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