‘Il segreto di Chopin’, il grande successo d’esordio del napoletano Luciano Varnadi Ceriello

Il segreto di Chopin, è il romanzo d’esordio di Luciano Varnadi Ceriello che fa da seguito all’opera teatrale Ho sognato Chopin. Il sogno di Chopin è un’opera “sinestetica” nella quale confluiscono narrazione, poesia, musica e immagini, la parola è passata al suo eclettico autore. Di origini campano-venete, Luciano Varnadi Ceriello vanta infatti un versatile curriculum artistico che lo ha visto compositore prog rock, attore teatrale, cantante, docente liceale e ora anche scrittore. Ceriello ha poi parlato della bizzarra genesi del suo romanzo, ispirato da un’apparizione in sogno di Chopin.

A quel sogno sono poi seguiti i quattro anni di lavoro e ricerche che hanno portato alla stesura (in appena 20 giorni) delle oltre 300 pagine del romanzo. Pagine che tuttavia scorrono rapide alla lettura e offrono un’immagine inedita del musicista polacco. Perché Chopin, lungi dall’essere un melanconico “Leopardi musicale”, era in realtà un uomo vitale e addirittura palpitante di sensualità.

Nel corso di una missione di devastazione e annichilimento di una nazione e di un popolo, Reinhard Friedmann, un alto ufficiale nazista scopre, per puro caso, delle lettere fino ad allora rimaste segrete. Quelle lettere che Apollonia Dabrowski, la donna amata in segreto da Chopin, il suo unico e misterioso grande amore, scrisse, ma non inviò mai al compositore polacco.
Incuriosito, il soldato inizia la lettura dei documenti rinvenuti e si accorge, così, che tra le lettere ve ne sono anche alcune inviate da Chopin alla sua adorata.

Attraverso la lettura di questa corrispondenza segreta, il romanzo ripercorre la vita del musicista dalla nascita alla morte, intrecciandola con elementi di fantasia, che s’intersecano con i momenti reali della vita di Chopin e con dati storici e biografici certi.
Caratteristica peculiare di questo lavoro è l’inserimento di poesie, i cui testi sono stati scritti dall’autore seguendo le linee melodiche dei 21 Notturni composti da Chopin ed in cui ad ogni nota corrisponde una sillaba. I brani realizzati dall’autore, eseguiti dal Maestro Giuseppe Giulio Di Lorenzo al pianoforte e dalla vocalist Vera Mignola al canto, hanno un sapore deliziosamente “old style” e si adattano perfettamente al ritmo narrativo dell’opera, stabilendo una meravigliosa corrispondenza fra musica e testo letterario.
Il romanzo si estende anche al campo dell’arte figurativa. Sono infatti in esso contenute 24 tavole pittoriche a tema (acrilico su cementite), dipinte dalla pittrice Amelia Musella, e scaricabili gratuitamente dal sito. Tali immagini rievocano i personaggi presenti nei testi dei brani.

L’opera ha ricevuto l’eccezionale contributo del cantautore Juri Camisasca, che ha donato un suo prezioso cameo nell’incipit del libro. Inoltre, l’opera ha ricevuto il patrocinio morale del Comune di Saviano (NA) e del Comune di Sirignano (AV) come Opera letteraria di grande spessore, levatura culturale e valenza storico-musicale e, sia nella sua stesura definitiva, sia nella sua riduzione ad Opera Teatrale e monologo, ha ricevuto i seguenti riconoscimenti: Premio speciale “All’originalità” al Rive Gauche Festival (Firenze); 1° classificato, con il titolo Monologo di Chopin, al Premio internazionale Voci di Abano Terme (Padova); 1° classificato nel concorso “Va in scena lo scrittore”, organizzato dalla FUIS (Federazione Unitaria Italiana Scrittori) con l’ Opera teatrale “Ho sognato Chopin”; Segnalazione di merito, per l’Opera teatrale “Ho sognato Chopin”, da parte della giuria del 58° Premio nazionale Vallecorsi (Pistoia); Menzione speciale con medaglia del Presidente, per l’Opera Teatrale “Ho sognato Chopin”, al Festival internazionale teatrale per autori, registi e attori Teatrando (Roma). Segnalazione di merito, per l’Opera teatrale “Ho sognato Chopin” al Concorso artistico letterario “La Musica è…”, istituito dall’Associazione Concertistica Camellia Rubra di Montebelluna (Treviso); Premio speciale della giuria del Concorso letterario nazionale Ave O Vergine Maria al brano “Mater Divina”, ivi contenuto, Ottaviano (Napoli); 3° classificato con il brano “Farinelli”, ivi contenuto, al Concorso internazionale di poesia “Il valore di un passo”, Casale Monferrato (Alessandria).

 

http://www.ilsegretodichopin.it/stampa/

La duplice avventura de “La nave di Teseo-V. M. Straka”, a cura del creatore di “Lost”

Si chiama come la casa editrice fondata da Elisabetta Sgarbi e ha per creatore J. J. Abrams, ideatore fra le altre delle serie tv Lost e Fringe. Come se non bastasse, è protetto da una vera e propria scatola-custodia sigillata, che deve essere aperta una volta acquistato il volume. È un’opera di cui si sente parlare poco nell’ascoltare il grande pubblico, sebbene sia in commercio già dal 2013, ma di cui chi l’ha letta non può fare a meno di esprimersi con meraviglia. La nave di TeseoV. M. Straka è, infatti, un vero e proprio caso editoriale. Un romanzo assolutamente unico nel suo genere, che è stato scritto concretamente da Doug Dorst in lingua inglese e che ha poi fatto il giro del mondo in pochissimo tempo, per via della sua struttura innovativa e insolita.

Il volume sembra piuttosto antico e, nello sfogliare le prime pagine, si ha l’impressione che sia stato effettivamente scritto dal già citato V. M. Straka e dato alle stampe nel 1949, motivo per cui la sua carta è ormai ingiallita e malandata. Dall’etichetta di una biblioteca che si nota sul retro, peraltro, si intuisce che la copia che si ha fra le mani appartenga a una struttura dalla quale è possibile solo chiedere in prestito il libro. In verità, l’intera ambientazione è una finzione letteraria che catapulta il lettore nel secolo scorso anche se i veri autori sono altri, e che sulle prime sembra seguire le vicende di un unico personaggio principale, affetto da amnesia e protagonista di un viaggio fuori dal comune alla scoperta di sé stesso.

A rafforzare questo patto di lettura c’è una prefazione firmata F. X. Caldeira, uno studioso che Straka ha scelto personalmente come proprio traduttore e che fornisce alcuni dettagli misteriosi e affascinanti sull’identità dello scrittore. Dopodiché, la trama si sviluppa contemporaneamente su due piani: quello ufficiale, che ha un suo filo logico e un suo svolgimento autonomo fino alla fine, e un piano parallelo e inaspettato.

Sui bordi di ogni foglio, infatti, appaiono via via delle annotazioni a penna, dei ritagli di giornale, delle cartoline, dei manifesti, delle fotografie e altri oggetti, attraverso cui si ricostruisce una seconda storia. La storia di due lettori de La nave di Teseo, che indagano sulla figura di Straka leggendo entrambi l’opera e lasciandosi dei messaggi e dei commenti a margine, nel tentativo di venire a capo di una serie di teorie e ricerche incompiute.

Il lettore, pertanto, ha di fronte a sé due binari paralleli e diversi fra loro, e può scegliere se seguirli entrambi contemporaneamente, proseguendo sia nella lettura firmata Straka sia nella comunicazione fra i due studenti che hanno preso in prestito il volume, o se leggere prima solo uno strato della narrazione e poi l’altro, per evitare sovrapposizioni complicate e incomprensioni.

Qualunque sia la sua scelta, comunque, non riuscirà a fermarsi prima di essere arrivato fino in fondo, perché ironia, profondità, fantasia, dilemmi, intrighi, riflessioni, pericoli e legami affettivi rendono V. M. Straka un romanzo mozzafiato e lo trasformano in un grosso puzzle di cui si vuole a tutti i costi venire a capo, aiutandosi con gli inserti disseminati qua e là, con gli appunti cancellati e poi riscritti e con il testo della storia stesso, dal momento che ogni elemento può essere cruciale per capirci di più.

Quando si conclude l’esperienza e si trova il bandolo della matassa, dunque, si realizza di avere partecipato a un’avventura letteraria senza paragoni, costruita in maniera meticolosa e attenta finanche ai più piccoli dettagli, e in grado di coinvolgere chiunque abbia una curiosità spiccata e il gusto per i colpi di scena. Un’invenzione che val bene il suo prezzo e che di certo è preferibile in formato cartaceo anziché in formato elettronico, ma che soprattutto restituisce il piacere della scoperta e del brivido perfino ai lettori più svogliati.

Fonte:

Il Libraio

Jojo Moyes: “Io prima di te”

Lo baciai, cercando di riportarlo indietro. Lo baciai e tenni le labbra contro le sue finché i nostri respiri si mescolarono e le lacrime che sgorgavano dai miei occhi diventarono sale sulla sua pelle, e mi dissi che, da qualche parte, minuscole particelle del suo corpo sarebbero diventate minuscole particelle del mio, assorbite, inghiottite, vive, eterne. Volevo imprimere anche il più piccolo pezzettino di me contro di lui. Volevo lasciare qualcosa di mio dentro di lui. Volevo dargli ogni briciolo di vitalità che sentivo e costringerlo a vivere. Mi resi conto che avevo paura a vivere senza di lui. <<Com’è che tu hai il diritto di distruggere la mia vita>> volevo chiedergli <<ma io non ho voce in capitolo nella tua?>>. Ma avevo fatto una promessa.

Leggere Io prima di te (Mondadori, 2013) della scrittrice britannica Jojo Moyes può essere per molti giovani lettori un’esperienza letteraria di passaggio. Ci si può impiegare settimane prima di trovare il coraggio di mettere per iscritto la portata delle emozioni che è in grado di suscitare la lettura di questo libro tanto osannato nella reta che prilifera di e-book Young Adult parecchio stereotipati. Ed Io prima di te l’impronta la lascia, eccome. La copertina può trarre in inganno. Lo sfondo rosa e la ragazza in primo piano fanno pensare ad un romanzo rosa, una commedia leggera già letta e riletta.

Io prima di te racconta la storia di una comune ragazza inglese, né colta, né speciale, né bellissima. Louisa Clark è fidanzata da sette anni con un uomo che ormai non ama più, con il quale sta assieme quasi esclusivamente per abitudine. Ha perso il lavoro ed è in cerca di un nuovo impiego per aiutare la famiglia, in gravi condizioni economiche, ad andare avanti. Dopo una serie di esperienze lavorative disastrose si imbatte in un annuncio promettente: si cerca una donna che funga da ‘dama di compagnia’ per un ricchissimo uomo tetraplegico. Dato che l’impiego non prevede conoscenze infermieristiche pregresse, Louisa si reca al colloquio e inaspettatamente ottiene il lavoro. Viene scelta per la sua simpatia e la sua parlantina, indispensabili per allietare le giornate di Will Traynor, trentacinquenne depresso e costretto su una sedia a rotelle, scorbutico e intrattabile, privo ormai della voglia di vivere.

Per Will, giovane e affascinante manager della City, abituato agli sport estremi e alla bella vita, adattarsi alla condizione di tetraplegico è stato ancora più difficile che per un qualsiasi altro paziente. La voglia di indipendenza e l’impossibilità di fare anche solo una delle cose che amava lo hanno reso un emarginato, un uomo burbero sempre chiuso in casa che ha rotto i ponti con tutti i suoi amici e chiunque gli ricordasse la sua vecchia vita. Il rancore e il senso di impotenza sono ben trattati nel romanzo, così come l’angoscia e la paura per il proprio incerto futuro. Louisa, allettata dal lauto salario, accetta subito il lavoro, ma rimane incuriosita dalla durata del suo contratto: solo sei mesi. Scoprirà ben presto che Will Traynor, dopo un tentativo di suicidio fallito, ha stretto un patto con la madre: le ha concesso sei mesi di tempo prima di ricorrere al suicidio assistito presso una rinomata clinica svizzera. Ecco la reale motivazione di quella stramba offerta di lavoro; Louisa infatti ha il compito di portare un po’ di vitalità nella ormai squallida esistenza di Will Traynor invogliandolo a vivere, nonostante la tetraplegia, nonostante tutto.

La ragazza entrerà a forza nella vita di Will, andando contro le sue reticenze, il suo sarcasmo, le sue cattive maniere, facendo breccia nel muro di inavvicinabilità che l’uomo ha eretto attorno a sé, prima con l’amicizia poi con un sentimento più forte. L’allegria contagiosa di Louisa, caricata dall’autrice rendendola quasi un personaggio comico (vedesi anche i suoi discutibili gusti in fatto di abbigliamento), riuscirà a riportare Will nel mondo esterno ma, inaspettatamente, sarà lui a ‘insegnare’ a lei a vivere, a trasmetterle quell’audacia che tutti dovremmo avere nell’affrontare la vita giorno per giorno, attimo per attimo, cogliendo ogni momento come fosse l’ultimo. I personaggi sono delineati quanto basta, approfonditi sì, ma lasciando sempre alcune domande inespresse (un libro in fondo per metà lo scrive l’autore e per metà il lettore).

Lo stile è fluido e scorrevole, con parti volutamente più lente per dare l’idea della vita monotona e ripetitiva che si respira nella dépandance di Will, tra lo scetticismo iniziale di lui e l’incapacità di lei di relazionarsi con un uomo che non vuole relazionarsi con nessuno. Il finale facilmente intuibile sin dall’inizio, ma non per questo meno intenso e commovente quando arriva. Io prima di te è un libro che distrugge. Forse perché nella sua semplicità e leggerezza non ci si aspetta una riflessione così forte sulla vita e la morte, sulla libertà di scelta dell’individuo portata fino all’estremo. Quello che ci si chiede è: fino a che punto la vita è degna di essere vissuta? Nel romanzo non si dà una risposta a questa domanda, ma si afferma espressamente che a volte, purtroppo, l’amore non basta a guarire ogni cosa e che si può aiutare solo chi vuole essere aiutato, come afferma lo stesso Will:

«So che la maggior parte della gente pensa che vivere nelle mie condizioni sia praticamente la cosa più terribile che possa capitare, ma potrebbe anche andare peggio. Potrei finire per non essere più in grado di respirare da solo o di parlare, oppure avere dei problemi circolatori che potrebbero implicare l’amputazione degli arti. Potrei essere ricoverato per un tempo indefinito. La mia non è una gran vita, Clark, ma quando penso a quanto potrebbe peggiorare certe notti resto disteso sul letto e mi manca il respiro. Deglutì. E sai una cosa? Nessuno vuole sentir parlare di tutto questo. Nessuno vuole sentirti dire che sei spaventato, o che soffri, o che hai paura di morire per colpa di qualche stupida infezione presa per caso. Nessuno vuole sapere come ci si sente a essere consapevoli che non farai più sesso, non mangerai mai più il cibo che hai cucinato con le tue stesse mani o non potrai più tenere tuo figlio tra le braccia.Nessuno vuole sapere che qualche volta mi sento così intrappolato su questa sedia che ho soltanto voglia di gridare come un pazzo al pensiero di trascorrere un altro giorno inchiodato qui. […] Tutti vogliono vedere il lato positivo. Hanno bisogno che io veda il lato positivo. Hanno bisogno di credere che esista un lato positivo».

L’animo sentimentale di molti è profondamente in conflitto con questo concetto, ma in certe questioni, come è giusto che sia, il giudizio deve restare sospeso. Quello che è certo è che Io prima di te non si dimentica, e qualsiasi libro leggerete subito dopo vi deluderà inevitabilmente.

Il fenomeno Hunger Games-Il canto della rivolta

Hunger Games. La ragazza di fuoco. Il canto della rivolta. Questi i titoli della trilogia di Suzanne Collins, un fenomeno editoriale prima, cinematografico poi.
Una storia semplicemente cruda e brutale, la traiettoria di una società portata al limite della legalità, del rispetto e del senso di umanità, il disegno della democrazia distorta e dell’abuso tecnologico, la precisa descrizione dell’irrazionale senso dell’amore, l’evidenza della fragilità della vita.

Il 20 Novembre scorso, le sale cinematografiche italiane hanno iniziato la proiezione di Hunger Games – Il canto della rivolta, parte uno e nei soli primi quattro giorni di programmazione il numero di spettatori ammontava a 603.542. Una cifra che non può essere casuale, il mero frutto di trailer ben montati, battute accattivanti ed effetti speciali usati con maestria.
Tutto questo c’è, ma dietro vi è molto di più.

Nascosti dietro a quei biglietti venduti ci sono occhi che sono rimasti aperti ancora un’ora, nella penombra, ancora un’ora prima di dormire, ancora un’ora ancora rubata alla cucina, ai compiti, alle pulizie, un’ora ancora per leggere qualche pagina in più.

Perchè una ripresa può far sentire i brividi e lasciare a bocca aperta, ma le parole sulla carta, riempiono gli occhi e chiudono lo stomaco.
Perchè associare un personaggio ad un volto è istintivo, ma costruirlo lentamente, una frase alla volta, e aggiungendo una parte di se stessi ad ogni dettaglio crea un legame con la storia.
Perchè le luci spente, un grande schermo e ampie casse possono convogliare tutta l’attenzione del pubblico sulla proiezione, ma ad un libro non serve nient’altro che se stesso e tutto il resto svanisce. Ed è questa la differenza. Felici Hunger Games, e possa la fortuna sempre essere a vostro favore.

Nascosti dietro a quei biglietti venduti ci sono adolescenti che hanno cercato tra le righe le risposte ai paradossi che riflettono il reale, ci sono lavoratori che hanno scelto quelle pagine come via di uscita e come conforto, ci sono studenti che hanno sospirato e lottato credendo ancora nella via d’uscita. Se noi bruciamo, voi bruciate con noi.

Nascosti dietro a quei biglietti venduti ci sono persone che credono ancora nel peso di un libro nella borsa, nel profumo dell’inchiostro sulla carta, nel rumore sottile della pagina che viene voltata.
E ci sono le persone che leggono prima l’ultima parola della storia e aspettano, per capirla, solo dopo. Ma esistono giochi molto peggiori a cui giocare.

Hunger Games – Il canto della rivolta è un film che merita di essere visto, per la costruzione delle scene, per il ritmo dato alle riprese, per l’abilità degli attori, per le musiche scelte, per la fedeltà alla trama originale e per lo sforzo di riflettere tutto ciò che l’audiovisivo elimina, ovvero la forza indomabile delle parole, sebbene non riesca ad esprimere grande  personalità di scrittura, suspence e simbolismo. Le tessere del mosaico sono sempre le stesse: la casta e il popolo sotterraneo, i giochi sanguinari e la voglia di rivoluzione.

Nascosti dietro a quei biglietti ci sono lacrime e sorrisi sinceri, c’è la passione, la rivolta, la speranza e il desiderio di allontanarsi, di amare, di crescere e cambiare tutto partendo da se stessi. Devi occuparti di me, non è vero? Come mio mentore? Questo chiediamo ai nostri libri. Una guida, un sostegno, compagnia ed amicizia nei momenti bui ed in quelli di crescita. Chiediamo di esserci, chiediamo a chi ne ha il potere di continuare a darci storie per nutrire l’anima.

Quello di cui ho bisogno è il dente di leone che fiorisce a primavera. Il giallo brillante che significa rinascita anziché distruzione. (Da Il canto della rivolta)

Cos’è un best seller?

Erroneamente si pensa che il termine “best seller” (si prenda no in considerazione i vari King, Grisham, Roth, Miller, ecc..) indichi i libri più venduti; in realtà sta a significare “libri meglio venduti”. Ma cosa stabilisce il successo di un libro, e quindi fa di esso un best seller? Senza dubbio un fattore importante è costituito dalle strategie di marketing e dal controllo, o meglio, manipolazione del mercato per la promozione del libro ma, in realtà, non è propriamente cosi.

Sono le storie stesse a decretare o meno il successo di un libro che  oggi è da intendersi non più come opera letteraria ma come testo, mezzo di comunicazione in cui sono presenti vincoli di semantica, affinché sia chiaro al lettore. Quanto più la storia è aperta, ovvero universale, in cui tutti possono riconoscersi allora maggiore sarà il successo, un testo stereotipato quindi, con un linguaggio chiaro e che trasmette forti emozioni, che ha poco a che vedere con il letterario o il poetico ; una sorte di specchio in cui il lettore può riflettersi e compiere un viaggio mentale ed emotivo insieme ai suoi protagonisti.

A questo proposito trova pieno riscontro la “teoria” secondo la quale la letteratura sia polisemica e che vanta il maggior numero di sostenitori; tuttavia non sempre un libro di successo corrisponde necessariamente ad un libro di qualità, si veda l’esempio recente  di “Cinquanta sfumature di grigo”dell’inglese E.L. James (pseudonimo che nulla ha a che vedere con  Henry James), romanzo “erotico” , scontato, superficiale, con dialoghi ripetitivi, infantile, grottesco. Sarebbe troppo facile accusare la scrittrice di aver fatto leva sul sesso per guadagnare più facilmente, sebbene sia una tematica sicura, ma la verità è  che non c’è traccia di tecnica narrativa, di talento, di inventiva che sembra ricalcare il successo cinematografico di “Twilight” o di “Tre metri sopra al cielo”. Come spiegare un simile successo se non dal punto di vista sociologico? Si cerca soprattutto evasione, non riflessione ed originalità; l’abile strategia promozionale, soprattutto nel web, ha incuriosito  ed attirato moltissime persone. Ma la lista dei migliori/non migliori venduti è abbastanza lunga e sarebbe anche il caso di fare un mea culpa per la mancanza di volontà di leggere un romanzo più impegnativo ma avvincente e  soprattutto che possa essere legittimamente definito tale.

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