“Due vite” di Emanuele Trevi vince lo Strega 2021. Un vero romanzo che è un atto di fede verso l’amicizia e uno strappo alla regola

Finalmente vince un romanzo vero. Alla proclamazione del vincitore la conduttrice ha avuto timore di pronunciare la casa editrice che ha avuto il merito di pubblicare Due Vite di Emanuele Trevi, ovvero Neri Pozza, e ha menzionato la più rassicurante Einaudi.

Due vite è molto di più, e molto meglio, di quelli che minacciano di essere un romanzo. Non è questione di esercitare a tutti i costi il ruolo del bastian contrario, che in un Paese vocato al pascolo come questo causa pur sempre molti disagi. Si tratta piuttosto di saper individuare e riconoscere, nel libro di Emanuele Trevi, un’armonia antica e non esibita, un talento indiscutibile ma non ingombrante, una pazienza pesata come l’oro, una grazia presente ma non ossessiva, un equilibrio non pedagogico e una spettinatura calva: prerogative involontarie dei grandi libri.

Due vite: trama e contenuti

La sinossi del libro: Rocco Carbone nasce a Reggio Calabria nel febbraio del 1962, ma una buona parte della sua infanzia la trascorre in un piccolo paese dell’Aspromonte, Cosoleto: un posto di gente dura, taciturna, incline a una rigorosa amarezza di vedute sulla vita e sulla morte. Emanuele Trevi lo conosce nell’inverno del 1983, quando è arrivato a Roma da poco tempo e si è iscritto a Lettere.

Parlare della vita di Rocco, per Trevi, significa necessariamente parlare della sua infelicità, ammettere che faceva parte di quella schiera predestinata dei nati sotto Saturno, tratteggiarne la personalità bipolare e a tratti sadica, il carattere spigoloso, la natura lucida e sintetica dell’opera. Pia Pera cresce a Lucca in una famiglia colta, originale ed eccentrica. Poco più che adolescente lascia la città toscana e studia Filosofia all’università di Torino.

Dopo un dottorato in storia russa alla University of London inizia a insegnare letteratura russa all’Università di Trento, ma poi, delusa dall’ambiente, lascia perdere ogni ambizione accademica e decide di occuparsi di un fondo abbandonato a San Lorenzo, dedicandosi alla cura del giardino.

Quando Trevi la incontra, Pia è una trentenne spavalda e maldestra, brillante, anticonformista e generosa. Ma già possiede quella leggerezza e quella grazia di chi, mentre la malattia costringe alla resistenza continua, sa correre sempre in avanti, verso l’altrove. Tratteggiando, con affetto, le vite dei due amici, Emanuele Trevi persegue una ricerca narrativa fondata sulla memoria e, al contempo, rende un sentito omaggio a due talentuosi scrittori italiani.

L’evocazione dei morti tramite una scrittura raffinata

Trevi evoca i defunti attraverso la scrittura. Una scrittura raffinata, ricca di metafore e termini dotti. E nel mondo che sa occuparsi solo dei vivi, nel tempo che va troppo di corsa per dare retta a chi si è fermato ad allacciarsi le scarpe, rappresenta un investimento, un incoraggiamento antistorico. Forse anche troppo coraggioso, per un Paese vile come il nostro.

Due vite offre l’occasione, all’Italia e probabilmente al mondo intero, di sapere chi erano, chi sono stati e chi continueranno a essere Rocco Carbone e Pia Pera. Due italiani, innanzi tutto due italiani. Lontani dalla media nazionale, ma proprio per questo due italiani che avevano fatto della normalità, della sobrietà e della loro trafficata solitudine il tratto distintivo di un’esistenza che è valsa la pena nutrire.

Due vite è stato scritto da uno scrittore autentico. Uno che t’incanti ad ascoltarlo, quelle rare volte che lo passano in tv. Uno che nel deserto del niente pianta le tende della ragione, del ragionamento. Uno privo dell’aureola, privo dei galloni che decretano la differenza tra fenomeno e artigiano. Uno che non ha mai anteposto la propria faccia ai propri libri, che non ha mai umiliato il proprio talento al necessario sacrificio di certe vetrine (sempre le stesse).

Emanuele Trevi

Emanuele Trevi è nato a Roma nel 1960. Scrittore e critico letterario, ha esordito come autore di narrativa con I cani del nulla (Einaudi, 2003) e ha pubblicato per la collana Contromano di Laterza Senza verso (2005) e L’onda del porto (2005). Il suo ultimo romanzo è Il libro della gioia perpetua (Rizzoli, 2010). Collabora con «la Repubblica», «il manifesto», «Il Messaggero» e «Il Foglio». È conduttore di programmi radiofonici per Rai Radio 3.

 

Fonte

Davide Grittani

‘Il lungo inverno invincibile’ di Silvia Tufano dal 22 Giugno in libreria, con una nuova storia sull’amicizia

Il lungo inverno invincibile è l’ultimo lavoro di Silvia Tufano. Il libro appartenente alla collana Mondi, è edito dalla Scatole Parlanti. La casa editrice viterbese nata nel 2017 dedita ad un’editoria sostenibile e contemporanea ,pubblica per la prima volta uno scritto dell’autrice nolana. Sempre attenta ai disagi sociali, Tufano è un’ artista e studiosa a tutto tondo. E’ pedagogista specializzata nel recupero degli ultimi, tanto da aver diretto svariati interventi nelle zone della periferia napoletana. Oltre alla scrittura e al suo impegno civile, l’autrice è appassionata d’arte, illustratrice e ritrattista, nonché musicista e poliglotta: nel 2019 ha superato una selezione internazionale di 20 partecipanti diventando allieva di merito della Pixar/ Disney. Come scrittrice, con i suoi passati lavori , ha guadagnato fama internazionale, aggiudicandosi ben quattordici premi nazionali ed esteri tra cui il Premio Matera.

Il lungo inverno invincibile: sinossi

copertina del libro

Silvia Tufano, alla sua terza uscita dopo Il sole sorge ad est e La pioggia si può bere pubblicati rispettivamente da Aletti Editore nel 2014 e nel 2015, torna il libreria con una narrativa sorprendente.

E’ la storia di Bob che stringe fin da subito un legame indissolubile con Robert , un ragazzino conosciuto in circostanze non idilliache. Il legame tra i due risulta subito palpabile e indissolubile, ma un lungo inverno – metaforico e non solo climatico – spinge il loro cammino su due percorsi paralleli. Le loro unicità e le loro vite si fondono in un vortice di affetto, amicizia e surrealismo, in una dimensione spazio-temporale senza limiti e oltre il tempo. Quanto di quello che avranno vissuto insieme, però, sarà realmente accaduto e quanto, invece, soltanto immaginato?

Il racconto è incentrato sul legame nato dall’amicizia oltre ogni ostacolo e barriera. Il nuovo progetto non delude le aspettative: la passione e l’impegno della Tufano non possono non essere premiati anche questa volta. La sua ultima uscita, così come quelle precedenti, racconterà di vite al limite, anime perse, la cui forza e caparbietà sarà mezzo per una esistenza migliore. La sua inclinazione di sognatrice e artista è stata fondamentale anche per la stesura di quest’ultima fatica. Questo suo interesse per chi si trova ai margini, l’ha portata più volte a cimentarsi nel raccontare realtà tanto vicine quanto distanti dalla società moderna.

Il suo scrivere appare come un dovere nei confronti di chi spesso non ha voce per poter parlare, e il suo ultimo libro in uscita il 22 Giugno 2020, ingloba e ripropone la strada già percorsa in precedenza. “ Sento l’urgenza di creare sempre qualcosa di nuovo”, queste le parole che Silvia ha rilasciato a proposito dei suoi ultimi impegni artistici.

Per preordinare una copia del libro:https://www.scatoleparlanti.it/mondi/preordine-il-lungo-inverno-invincibile/

 

Acciaio, di Silvia Avallone

“Francesca ficcò il muso nel suo petto e finalmente riuscì a non fingere. Si lasciò scappare un pianto, quasi muto. Lui non cercò più spiegazioni. Solo, abbracciandola, aveva avuto un’erezione.”

Francesca ha circa quattordici anni, nasce e cresce a Piombino, un luogo dove vivere, amare, sorridere, essere adolescenti, sembra essere un lusso che non tutti possono permettersi. Accanto a lei Anna, l’amica di sempre, quella sola persona grazie alla quale la vita sembra essere meno dura. Ogni tanto, un sorriso, a questa vita, lo riesci a strappare.
Acciaio, il romanzo della scrittrice appena venticinquenne Silvia Avallone, viene pubblicato per la prima volta nel 2010, due anni dopo la trasposizione cinematografica, porterà dinanzi agli occhi del pubblico un’opera che lascia in segno nella letteratura contemporanea. Tradotto in 22 lingue, il libro è vincitore del premio Campiello nel 2010, l’opera, porterà con se numerose critiche dovute alla negatività con cui viene descritto quel luogo in cui le vite di queste due adolescenti andranno avanti, Piombino, appunto.
Tra il disagio e la miseria, Francesca e Anna, crescono con la voglia di sopraffarlo quel mondo che non lascia loro via d’uscita. Un padre padrone, una madre senza la forza di combattere, avvolgono i giorni di Francesca. Un padre, piccolo delinquente con manie di grandezza, una madre politicamente impegnata, un fratello operaio specializzato che di notte si droga e ruba per “avere più grana”, sono il contorno della vita di Anna.
Con una bellezza fresca e disarmante, la voglia di prenderlo a morsi il mondo, il loro mondo, che sembra tutto tranne un mondo, una vita degna di essere vissuta., le due adolescenti, come sorelle, vivono l’una accanto all’altra. Sarà un momento, un attimo, avvolto nella notte e nel silenzio, che le dividerà. Romperà quell’amicizia che dava loro la forza di lottare, di andare avanti, di entrare nel mondo degli adulti, forse l’unica via d’uscita.
Silvia Avallone ci mostra così un mondo fatto di sogni perduti; Piombino non è un luogo per sognare, desiderare una vita migliore. Quel mondo è fatto di piccoli ladruncoli, ragazzine che si muovono come donne, che usano la loro bellezze per disarmare l’altro sesso, usarlo, renderlo proprio, ma non sempre tutto va come vorremmo. Forse, non accade mai.
In un romanzo che lascia senza fiato, le parole scorrono veloci, ma pesanti come un macigno, ci trascinano fino a quell’ultima pagina, fino a quell’ultima immagine, come fossimo lì, a Piombino con Anna e Francesca, con i loro desideri, i loro sogni, la loro voglia di crescere anche se troppo in fretta.
E poi c’è lui, Alessio, la sua storia d’amore, la sua voglia di avere di più, più soldi, più controllo, più forza, più potere.
L’autrice ci parla di adolescenti feriti, pronti a lottare con i soli mezzi che hanno a disposizione, con quel qualcosa che possono inventarsi per andare via o forse per restare, ma a modo loro. Adolescenti che non hanno quegli anni spensierati e felici e colmi di sorrisi. Padri violenti, madri che non sanno, o forse non vogliono, ribellarsi. Una vita che scorre lentamente o troppo velocemente, una vita che non è una vita, una vita che non ha scelta. Genitori assenti, figlie spregiudicate che usano i loro corpo per andare avanti. Esempi sbagliati che portano Francesca e Anna a credere che non vi sia via d’uscita se non legata a quei corpi non ancora maturi e, per questo, pronti ad essere accolti da adulti sbagliati, disonesti, amorali. Genitori che di un genitore, non hanno nulla.
Acciaio è un romanzo contemporaneo, forte, schietto, dal sapore amaro dei sogni infranti ma anche di un’amiciza solida come l’acciaio, che in quell’ultima immagine, porta al cuore un sorriso amaro, una dolce malinconia. Un libro che va vissuto, che si lascia vivere, prima di lasciarsi leggere. Un’amicizia ancor più forte, che si spezza per una frase sbagliata, un abbraccio non voluto, indesiderato. La forza di Acciaio è proprio la capacità di rendere reale l’immagine dei suoi personaggi di periferia, che ogni giorno lottano per non essere soffocati dalla banalità delle loro vite fatte soprattutto di violenza. L’autrice non può non usare un linguaggio colorito e volgare per essere fedele al quella realtà, facendoci riflettere sul duro lavoro nelle fabbriche e la drammaticità delle morti bianche. I personaggi non hanno molte sfumature e il finale probabilmente affrettato, ha scontentato molti
Silvia Avallone ci porta nel mondo di Piombino, di Francesca, di Anna, di Alessio, ad interrogarci sul significato del lavoro, su cosa esso rappresenti per molti. La sua trasposizione cinematografica non lascia spazio all’immaginazione. Quella realtà, quella vita, è intorno a noi. Quelle parole non ci lasceranno mai. La voglia di trovare una strada nella nebbia, nel buio, nell’acciaieria di Piombino.
Acciaio è un fenomeno editoriale frutto di una sapiente operazione di marketing,  o davvero un caso letterario?

Pino Ciccarelli: “Magari in un’altra vita”

L’autore Pino Ciccarelli

“Ogni musica che non dipinge nulla non è che rumore.” Jean Baptiste le Rond d’Alembert, “Enciclopedia”, 1751.

“Perchè è questo ciò che fa la musica, dipinge la nostra anima, la nostra vita, ...magari in un’altra vita.”

Bob Dylan, Edith Piaf, Nicola Di Bari, Chicago, Bee Gees, Marcella, Elton John, Gabriella Ferri, Nuovi Angeli… Ogni pagina è musica, ogni parola è arte, pura poesia, un dipinto che segna l’anima.

Giovedì, 12 dicembre, Pino Ciccarelli, sassofonista napoletano, ha presentato presso la libreria Marotta&Calfiero store, il suo primo romanzo. Pagine e pagine che, vorresti, non finissero mai. Parole e musica.

Giuliano e Riccardo iniziano così la loro amicizia. Ciò che li lega è qualcosa che non puoi spiegare, perchè la musica, i ricordi, l’anima che vibra, non puoi spiegarla. Non puoi darle un senso reale. Lei vola, la musica e, con lei, anche le parole di questo splendido libro.

L’autore ripercorre così, attraverso un’amicizia che strappa e regala lacrime e sorrisi, la bellezza di un’epoca che, mai, potremo rivivere, non nel concreto almeno. La forza di quel mondo, di quegli anni, gli anni ’70, che rinascono nella memoria attraverso una canzone, una melodia, quella melodia mai dimenticata. Perchè quegli anni erano così. Ci batteva il cuore, allora. In quel tempo finito che lascia un segno indelebile nei cuori di chi li ha vissuti, amati, ancora una volta, mai dimenticati.

Amore, amicizia, odio, forza, coraggio, passione, desiderio di andare oltre, di strapparla con i morsi e con i denti questa vita, quella vita, che, molto spesso, non lascia scampo. Ma solo un breve ricordo. I ricordi di una vita.

La musica vive in ogni parola scritta dall’autore. Rende, ogni istante che vive nella mente, indistruttibile. La musica è anche questo. Indistruttibile. Una forza inaudita, inspiegabile, come un’onda che si infrange sugli scogli in una giornata di fine estate. La parole scorrono veloci, ci trascinano in un mondo che è stato ed è ancora il nostro. Ne abbiamo ancora di ricordi di estati passate alla ricerca di un sorriso, quello della ragazzina che ci fa battere il cuore, di scommesse fatte con gli amici dopo una partita di calcetto, di momenti e sguardi rubati al destino. Un destino beffardo, maligno. Un destino bastardo.

E poi ancora, i sogni proibiti, i desideri, la vita che scorre, la voglia di fermarla, o forse di correrle dietro, perchè il tempo va, inesorabile. Un’estate diventa una vita intera. Un ricordo, resta un macigno che non si alleggerisce mai, nemmeno dopo 32 anni. I ricordi, belli o brutti, restano dentro e la musica, la nostra musica, li riporta a galla e non lascia scampo.

Riccardo ama la musica, Riccardo ama la vita, e ama Tecla. Ma questa vita sembra troppo poco per lui, per quella chitarra che continua a suonare nonostante tutto, nonostante il tempo, il dolore, i brutti ricordi, il sangue che scorre.

Giuliano è li, guarda, osserva la vita che continua a muoversi, che vorrebbe rendere sua. In un corpo non ancora maturo e con la mete che aspetta un futuro che non tarda ad arrivare e a colpire, come quel pugno allo stomaco.

E i litigi, la fine di un’estate come la fine di un’amore. Le persone sbagliate, le decisioni da rimpiangere, da ricordare in eterno in quella Napoli anni ’70 che lascia un vuoto, una lacrima che bagna il viso.

In un linguaggio semplice e diretto, Pino Ciccarelli ci porta con lui. Non ha bisogno, però, di prenderci per mano, per accompagnarci in questo mondo, tra queste parole. La musica, la sua musica, lo farà per lui. Ci porterà accanto a Giuliano, alla sua voglia di imparare, di amare, di essere, di vivere, di non lasciare andare. E ancora, accanto a Riccardo, un “ragazzino” che resterà dentro di noi, alla fine di queste immense pagine, come un Jim Morrison, un Jimi Hendrix, a cui forse, questa vita, andava ancora troppo stretta. Non lo so, non lo sapremo mai.

E così, nella periferia cittadina, osserviamo, ascoltiamo, restiamo accanto a loro. Ai nostri protagonisti, quelli che diventano amici, che diventano compagni di giochi e scherzi, di una vita intera. Una vita che non aspetta, una vita che non torna indietro.

“Essere giovani vuol dire tenere aperto l’oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro.” Bob Dylan.

Ma tutto questo accadrà “Magari… magari in un’altra vita.”

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