“Oggetti solidi” comprende tutti i racconti e le prose brevi di Virginia Woolf, molti di cui da tempo inediti in Italia. Storie che hanno al centro il ruolo della donna, l’incomunicabilità, la fugacità delle emozioni, l’amore per la vita e per l’indicibile.
Adeline Virginia Woolf, questo il nome completo, è stata una delle più importanti autrici e saggiste inglesi della prima metà del Novecento. Fu una scrittrice di grande valore letterario, che sperimentò sempre nuove tecniche di scrittura, ma fu anche un’appassionata sostenitrice delle lotte per i diritti delle donne e la parità tra i sessi.
Uno dei tratti peculiari della sua scrittura è la continua sperimentazione, e in particolare l’attenzione alla psicologia dei personaggi e l’uso del flusso di coscienza, una tecnica sviluppata sotto l’influenza degli studi psicanalitici di Sigmund Freud, usata qualche anno prima anche da Joyce nell’Ulisse, e che consiste nella libera rappresentazione del flusso dei pensieri di una persona, così come si presenta nella sua mente, reso sulla pagina tramite l’uso del monologo interiore. Sono questi i tratti che si ritrovano in alcune delle sue opere più celebri, come La signora Dolloway, Gita al faro e Orlando.
Tra i saggi di Virginia Woolf merita di essere ricordato Una stanza tutta per sé, che ripercorre la storia letteraria della donna, e rivendica il suo pieno riconoscimento nel campo della cultura, fino ad allora appannaggio maschile. Un’analisi profonda del ruolo della donna, e delle discriminazioni sociali che subisce in società; un’analisi che investe anche il linguaggio, che la scrittrice decostruisce, per rivelarne il portato patriarcale.
Oggetti solidi, proposto da Racconti Edizioni, con una copertina disegnata da Franco Matticchio, comprende tutti i racconti e le prose brevi di Virginia Woolf, molti dei quali inediti in Italia. Un volume che non si limita a mettere insieme i racconti editi nelle diverse raccolte dell’autrice, ma rintraccia e accoglie anche manoscritti e testi pubblicati su rivista, e che per ogni testo fornisce i relativi riferimenti bibliografici.
Virginia Woolf scrisse questi racconti durante l’intero arco evolutivo della sua opera, dalle prime sperimentazioni del flusso di coscienza fino ai toni più ombrosi della maturità. Queste prose letterarie rappresentano dunque un viatico diretto per il suo universo linguistico e tematico. Il ruolo della donna, l’incomunicabilità, la fugacità delle emozioni, l’amore per la vita e per l’indicibile, attraversano tutte le sue storie con incredibile consistenza fra le pieghe di una quotidianità che si approssima in modo inaspettato all’universale.
Per celebrare il bicentenario della nascita del grande filosofo, critico letterario e politico Francesco De Sanctis, il 23 agosto “la città del principe dei musici”, Gesualdo, ospiterà l’attore Pietro De Silva, interprete di numerosi film (tra cui spiccano La vita è bella, L’ora di religione, Non ti muovere, Anche libero va bene) e fiction TV (Un medico in famiglia, Boris, Il capo dei capi, Il giovane Montalbano, Trilussa, Le mani dentro la città), che presenterà il Francesco De Sanctis politico, raccontandone il viaggio elettorale.
Nella suggestiva cornice di Gesualdo, rivivrà soprattutto la figura istituzionale e politica, in quanto ministro della pubblica istruzione italiana, dell’insigne scrittore nato a Morra Irpina il 28 marzo 1817. In seguito alla conquista di Garibaldi, Francesco De Sanctis venne nominato governatore della provincia di Avellino e per un breve periodo fu ministro nel governo Pallavicino collaborando per il rinnovamento del corpo accademico partenopeo. Nel 1861, anno dell’unificazione dell’Italia, venne eletto deputato al parlamento nazionale, aderendo alla prospettiva di una collaborazione liberal-democratica, e accettò l’incarico come ministro della Pubblica Istruzione, per cercare di attuare la spinosa opera di fusione tra le amministrazioni scolastiche degli antichi stati. Nel 1862 passò però all’opposizione e in collaborazione con il Settembrini, promosse una “Associazione unitaria costituzionale” di sinistra moderata, che ebbe come voce il quotidiano <<Italia>> diretto dallo stesso De Sanctis dal 1863 fino al 1865.
In seguito alla perdita delle elezioni del 1865 Francesco De Sanctis ritornò a un grande impegno di studi concentrandosi sulla struttura di una storiografia letteraria che fosse di respiro nazionale, questione che affronterà nei saggi sulle Storieletterarie del Cantù in Rendiconti della R. Accademia di Scienze morali e politiche di Napoli del 1865, e Settembrini e i suoi critici, in Nuova Antologia, nel 1869.
Intanto De Sanctis stava già lavorando a una Storia della letteratura italiana che si sviluppò presto in un’opera di ampia portata, un’opera titanica, rimasta ancora intatta e senza stirpe, che ogni amante della letteratura italiana che si rispetti dovrebbe possedere e studiare.
Dal 1872 Francesco De Sanctis insegnò letteratura comparata presso l’università di Napoli e quell’anno accademico iniziò con il discorso su La scienza e la vita. Nel 1876, vincendo la Sinistra, De Sanctis si dimise da professore e accettò un nuovo incarico ministeriale mentre il suo interesse critico si rivolgeva al naturalismo francese come testimonia lo Studio sopra Emilio Zola che apparve lo scritto Zola e l’assommoir. Intervenne in Parlamento dopo l’attentato al re Umberto I per mano dell’anarchico Giovanni Passannante, manifestando la sua contrarietà ad ogni tipo di repressione: «Io, signori, non credo alla reazione; ma badiamo che le reazioni non si presentano con la loro faccia; e quando la prima volta la reazione ci viene a far visita, non dice: io sono la reazione. Consultatemi un poco le storie; tutte le reazioni sono venute con questo linguaggio: che è necessaria la vera libertà, che bisogna ricostituir l’ordine morale, che bisogna difendere la monarchia dalle minoranze. Sono questi i luoghi comuni, ormai la storia la sappiamo tutti, sono questi i luoghi comuni, coi quali si affaccia la reazione».
Sono state diverse le iniziative e gli eventi per commemorare Francesco De Sanctis, e siamo certi che anche dal reading di Pietro De Silva emergerà la figura di De Sanctis quale l’autore di uno dei due (l’altro è stato espresso attraverso il melodramma di Giuseppe Verdi), grandi messaggi morali espressi dal secondo Ottocento italiano, attraverso la sua Storia della letteratura, estraendo dal suo tempo una sintesi dell’uomo italiano, suggellandone i lineamenti perituri entro le linee non periture della sua opera. Scoperto scientificamente e psicologicamente l’uomo grazie allo studio della storia, esploratone il cuore e venuto a capo di quello che egli, da grande studioso di Leopardi, chiamerebbe al suo modo, l’arido vero, Francesco De Sanctis ha ricalcato la storia di questo uomo entro un certo ideale della storia, aspirando, come Manzoni, a sviluppare un mondo ideale in un mondo storico.
In occasione della Rassegna Nazionale “Campaniliana 2017“, avviata a Velletri lo scorso 10 giugno, la Dottoressa Valentina Leone, dottoranda in Italianistica all’Università di Pisa, ha scritto un articolo sull’opera di uno dei più grandi scrittori umoristi italiani, Achille Campanile, La quercia del Tasso, analizzando l’epistolario di Bernardo Tasso. Alla rassegna, composta da mostre, concorsi e altri eventi, parteciperanno anche il figlio dell’autore Achille Campanile, Gaetano Campanile, Giorgio Montefoschi, Vito Molinari, Arnaldo Colasanti, Silvio Moretti, Angelo Cannatà e Simona Marchini.
Valentina Leone, nel suo articolo, ripercorre la produzione di Bernardo e Torquato Tasso, ma si sofferma soprattutto sull’opera di Achille Campanile, scrittore, drammaturgo, sceneggiatore e giornalista italiano, morto a Lariano il 4 gennaio 1977. Molti critici lo hanno elevato al rango di “classico” del Novecento, famoso soprattutto, per l’appunto, per il suo umorismo e i suoi giochi di parole. Qui di seguito il contributo prodotto dalla Dott.ssa Leone sull’opera di Campanile La quercia del Tasso.
Passeggiate “campaniliane”: La quercia del Tasso e la scoperta della poliedricità della parola di Achille Campanile
L’incipit narrativo del breve scritto intitolato La quercia del Tasso, comparso prima in Manuale di conversazione del 1973 e poi nel 1975 in Vite degli uomini illustri, tutto concentrato sulla descrizione dello scenario dalla quale prende le mosse l’imponente affastellamento di lemmi, di suoni allitteranti connotativo della prosa di Achille Campanile, non è esente da un primo accenno di verve corrosiva che figura per i resti dell’albero sacro a Zeus, dove il Tasso andava a sedersi, l’ipotesi di una confusione con la comune legna destinata a usi pratici e non contemplativi:
Quell’antico tronco d’albero che si vede ancor oggi sul Gianicolo a Roma, secco, morto, corroso e ormai quasi informe, tenuto su da un muricciolo dentro il quale è stato murato acciocché non cada o non possa farsene legna da ardere, si chiama la quercia del Tasso perché, avverte una lapide, Torquato Tasso andava a sedervisi sotto, quand’essa era frondosa.
Quando Campanile passò dal Gianicolo, uno dei colli in cui sembra di avere ai piedi l’enorme distesa di Roma, l’aspetto delle reliquie della quercia del Tasso, per la quale già al tempo poteva sembrare paradossale immaginare un passato di foglie frondose, doveva essere pressoché simile a quello odierno: un tronco superstite da cinque secoli, che ha perso il proprio aspetto fino a tornare a una originaria massa informe, sorretto non più da radici ma da mattoncini di un muretto artificiale, al tempo stesso indice della fragilità e della straordinarietà del cimelio. Impossibile, per il visitatore contemporaneo, non sovrapporre al quadro tracciato da Campanile l’attuale aspetto dell’anticofusto, rimasto carbonizzato nel 2014 a causa di un incendio doloso, facendo scoppiare un caso che ha sollevato le polemiche della cronaca cittadina. Ancora più ridotto nella sua superficie e divenuto quasi irriconoscibile, il tronco, in ogni caso sostitutivo dell’esemplare di epoca tassiana, è sorretto ora da una imbracatura di metallo, a sottolineare l’abbandono al degrado di una parte integrante della storia cittadina. Nella pluralità di sovrapposizioni letterarie che questo luogo ispira, per la stratificazione dei passaggi di personaggi d’eccezione nonché dei pellegrinaggi del Grand tour, da quel moncherino sembra emanare un grido lacerante, un dolore per una condizione irreversibile che potrebbe prendere in prestito le parole che Giacomo Leopardi, nella lettera dedicatoria dell’edizione Piatti dei Canti, attribuiva a sé stesso, rappresentandosi come «un tronco che sente e che pena». Un Leopardi richiamato con giusta causa, in quanto il recanatese ha lasciato una delle più potenti testimonianze di una visita al sepolcro del Tasso, ospitato nella chiesa di Sant’Onofrio al Gianicolo, ma fu anche protagonista, insieme allo stesso autore della Gerusalemme liberata, di numerosi racconti frutto dell’inventiva di Achille Campanile, in cui i due grandi autori della letteratura, tali anche nel capilettera maiuscolo del cognome, sono immersi letteralmente in una “giungla” popolata dagli omonimi animali.
Il sottile confine tra realtà e finzione
Da questo tronco assai scarno, Achille Campanile ricava spazio per costruire una situazione verosimile, eppure giocata, attraverso la polisemia delle parole, sul sottile confine tra realtà e finzione.Si intrecciano sullo stesso piano biografia e produzione letteraria. L’ombra della quercia, rifugio del «tasso della quercia del Tasso» e del poeta che a Roma sperava di trovare pace nell’ultimo scorcio di una travagliata esistenza,è un motivo della produzione lirica di tassiana, dove intende alludere, in forma metaforica, allo stemma e alla protezione ricevuta dalla famiglia Della Rovere. Ma l’«antica Quercia» da «l’altiero crine e ’l tronco forte e saldo» trama, con la stessa venatura encomiastica, anche il libro di Rime del Tasso padre, quel Bernardo che Campanile, con una funambolica prova di maestria, risuscita e rende antagonista del figlio, creando un conflitto “Tasso contro Tasso” in cui hanno parte specie arboree – la quercia, l’olmo, il tasso («l’albero delle Alpi»), il tasso barbasso –, il mammifero appartenente alla famiglia dei mustelidi e le due guerce:
Poi c’era la guercia del Tasso: una poverina con un occhio storto, che s’era dedicata al poeta e perciò era detta «la guercia del Tasso della quercia», per distinguerla da un’altra guercia che s’era dedicata al tasso dell’olmo (perché c’era un grande antagonismo fra i due). Ella andava a sedersi sotto una quercia poco distante da quella del suo principale e perciò detta: «la quercia della guercia del Tasso»; mentre quella del tasso era detta: «la quercia del tasso della guercia»: qualche volta si vide anche la guercia del Tasso sotto la quercia del Tasso.
Achille Campanile moltiplica l’esistente, sottopone alla massima tensione il linguaggio per saggiarne integralmente le possibilità e le sfumature, con una continua ricerca stratigrafica della parola e un gusto per il ritmo allitterante. L’autore conteso tra Velletri e Lariano, come Omero dalle undici polis greche, fa leva su parole che informano la vita quotidiana per innescare una situazione credibile proprio sulle basi di una logica grammaticale, quindi di un rapporto di dipendenza tra le cose non necessariamente obbligato da un unico punto di vista: E lo chiamavano: «il tasso della quercia della guercia del Tasso», mentre l’albero era detto: «la quercia del tasso della guercia del Tasso» e lei: «la guercia del Tasso della quercia del tasso».
Spinta a esiti estremi, poco prima di giungere al paradosso, La quercia del Tasso stabilisce prima di chiudersi una vera tassonomia (sic!) della realtà. Nel mondo di Campanile l’omonimia non sottrae l’identità e non è di ostacolo, anzi favorisce l’approssimazione verso una soluzione finale che si solleva nella leggerezza dell’ironia:
Il comune di Roma voleva che i due poeti pagassero qualcosa per la sosta delle bestiole sotto gli alberi, ma fu difficile stabilire il tasso da pagare; cioè il tasso del tasso del tasso del Tasso e il tasso del tasso barbasso del Tasso. (Ibidem). Così, appena sfiorata la sottesa materialità caratteristica dell’animo umano, si conclude la pagina scritta e oltre lo spazio bianco, nella mente del lettore, sembra poter dare inizio a una nuova catena di combinazioni.
Nella location romana del Museo etrusco di Villa Giulia si è celebrata ieri, 5 luglio, la 71° edizione del Premio Strega 2017.
Il presidente della giuria Edoardo Albinati, vincitore del Premio Strega 2016 con La scuola cattolica, in collaborazione con la Fondazione Bellonci, promotrice del Premio, hanno presieduto lo scrutinio per decretare il vincitore della più nota manifestazione letteraria.
Sulla lavagna, simbolo del Premio Strega è stato scritto il verdetto:
Il quinto posto con 52 voti è andato ad Alberto Rollo con Educazione milanese (Manni);
Al quarto posto si è posizionato con 79 voti Matteo Nucci e il suo romanzo E’ giusto obbedire alla notte(Ponte delle grazie);
Il terzo è stato conquistato con 87 preferenze da Wanda Marasco con La compagnia delle anime finte(Neri Pozza); secondo posto con 119 voti per Teresa Ciabatti con La più amata (Mondadori) e infine primo posto con 208 voti per Paolo Cognetti con il romanzo Le otto montagne, edito da Einaudi.
Duplice trionfo dunque per Cognetti, il quale, oltre al essere decretato come vincitore del Premio Strega 2017, ha portato a casa in questa serata un ulteriore riconoscimento: nel corso della manifestazione infatti è stato fregiato anche del Premio Strega Giovani.
Le otto montagne conquista il Premio Strega 2017
Lo scrittore 39enne milanese, nel suo romanzo Le otto montagne, catalizza l’attenzione del pubblico conducendolo in un luogo incantato che è la montagna. I protagonisti della storia sono due genitori, una madre, un padre e un bambino di nome Pietro. Questa famiglia con la passione per la montagna, vive con sofferenza la città, alienata, e comincia a peregrinare fino a quando giunge in villaggio ai piedi del monte Rosa, precisamente Grana, dove ritrova la propria identità. Lassù Pietro comincia a trascorre le sue estati con un nuovo amico, Bruno, che sarà il suo compagno d’avventura. Insieme giocano ed esplorano i luoghi che la montagna offre: i mulini i torrenti, le case.
“La montagna è un sapere, un vero e proprio modo di respirare”, scrive l’autore. Essere in montagna, quindi significa abbandonarsi alla civiltà, sentirsi liberi di vivere in maniera “selvaggia”. Il libro di Cognetti è stato un caso letterario prima ancora della pubblicazione ed è la terza opera montanara dello scrittore dopo Il ragazzo selvatico e alcune ispirazioni di A pesca nelle pozze più profonde. È il racconto di un apprendistato all’amicizia e alla vita, attraverso il rapporto tra Pietro e Bruno, un ragazzino che abita nel paesino ai piedi del Monte Rosa.
I temi trattati da Cognetti come il paesaggio, l’amicizia e il diventare adulti sono universali e toccano tutti noi, per questo il romanzo sta riscuotendo grande successo anche all’estero. Per molti, quando si parla di romanzo a tema “montagna” la prima cosa che viene in mente è Mauro Corona, e le sue elegie minime da eremita in divisa. In Cognetti non c’è niente di tutto questo. Siamo davanti ad un romanzo asciutto e classico, che verso il finale riserva delle sorprese.
Come ha sostenuto l’autore stesso, “Le otto montagne rappresentano il tanto vagabondare di ognuno di noi” dunque, il nostro ricercare un posto nel mondo: una nona montagna ancora inesplorata.
Molti sono gli ostacoli che ci riserva la conoscenza dell’Universo, anzi dei “molti Universi” che la nostra immaginazione via via escogita: materia, vita, energia. Ed è proprio a questi “Universi” che deve attingere l’animo umano per comprendere i mutamenti della nostra contemporaneità, quegli stessi “Universi” che saranno indagati in occasione degli incontri della XXV edizione della rassegna letteraria Positano 2017 Mare, Sole e Cultura.
La rassegna, presieduta dal critico televisivo Aldo Grasso e inclusa tra “Le Città del Libro”, il progetto promosso dal Centro per il Libro e la Lettura, dalla Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura e dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), torna nella splendida Positano dal 24 giugno fino al 20 Luglio 2017.
A tagliare il nastro della XXV edizione, sabato 24 giugno 2017 (Palazzo Murat -ore 21.00), l’editorialista del «Corriere della Sera»,Aldo Cazzullo, autore de “L’intervista. I 70 italiani che resteranno” (Mondadori), che insieme a Giulio Giorello autore de “Il fantasma e il desiderio” (Mondadori) e all’editorialista del Corriere della Sera, Aldo Grasso, darà vita ad una riflessione sul tema “L’Italia e i suoi universi”, ricostruendo una straordinaria galleria dei personaggi che hanno fatto la storia del Bel Paese negli ultimi trent’anni. Nel corso della serata Aldo Cazzullo sarà insignito del Premio Internazionale di giornalismo Civile, presieduto da Giovani Russo, conferito dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, è dedicato a Carlo e Salvatore Attanasio “in ricordo dell’impegno profuso per condurre nella loro Positano i fermenti e le testimonianze della cultura internazionale”. In occasione della premiazione sarà reso omaggio a Gerardo Marotta.
Positano mare, sole e cultura: il programma
Mercoledì 5 luglio 2017 (Terrazza Marincanto–ore 21,00) Pino Imperatore, autore di “Allah, San Gennaro e i tre kamikaze” (Mondadori) e Andrea G. Pinketts, autore de “La capanna dello zio rom” (Mondadori) evocheranno le dissacranti sfumature degli “Universi della commedia”, contrapponendo al fanatismo e all’odio le armi irrinunciabili dell’umorismo e dell’ironia.
Gli “Universi del racconto” daranno forma alla serata che giovedì 6 luglio 2017 (Lido L’Incanto – ore 21.00) vedrà ospite Federico Zampaglione, voce dei “Tiromancino” e Giacomo Gensini, coautori del romanzo “Dove tutto è a metà” (Mondadori). Coniugando talenti e temperamenti in una jam session inattesa e sorprendente, Federico Zampaglione e Giacomo Gensini daranno vita ad una testimonianza fresca, generosa e piena di ritmo, raccontando l’amicizia, i sogni e le passioni di donne e uomini di generazioni diverse, disperatamente, come tutti, alla ricerca della felicità.
Mercoledì 12 Luglio 2017 (La Scogliera – L’Incanto – ore 21.00) Mauro Corona, autore de “La via del sole” (Mondadori) insieme a Luigi Maieron torna a dare voce all’epica della montagna, addentrandosi tra gli “Universi inattesi” e regalando un grande racconto morale, una riflessione di assoluta attualità sul rapporto tra uomo e natura e una meditazione senza tempo sugli inganni del desiderio.
Giovedì 13 Luglio 2017 (Terrazza Hotel Le Agavi –ore 21,00) Rosanna Lambertucci, autrice de “La dieta per vivere 100 anni” (Mondadori) e Paolo Crepet, autore de “Il coraggio” (Anteprima – Mondadori) indagheranno gli “Universi del benessere”. Vivere a lungo non è sufficiente, ma soprattutto è importante vivere bene e in salute, attivando un circolo virtuoso capace di generare un atteggiamento positivo nei confronti dell’esistenza. Perché anche la salute dell’anima può fare la differenza in un percorso verso l’eterna giovinezza. Con la partecipazione di Gianluca Mech.
Martedì 18 luglio 2017 (Terrazza Hotel Le Agavi – ore 21.00) Marina Ripa di Meana, autrice di “Colazione al Grand Hotel” (Mondadori) e Antonio Monda, direttore artistico del Festival del Cinema di Roma e autore de “L’evidenza delle cose non viste” (Mondadori) indagheranno l’amore e i suoi universi attraverso il ritratto di un’epoca irripetibile e di un ambiente tra mondanità e cultura. Con la partecipazione di Simona Izzo e Ricky Tognazzi.
A chiudere la rassegna giovedì 20 luglio 2017 (Covo dei Saraceni – ore 21.00) il vice direttore del TG1, Gennaro Sangiuliano, autore di “Hillary” (Mondadori), che insieme all’onorevole Giorgia Meloni si interrogheranno sulla globalizzazione e le sue parole attraverso l’analisi dei volti del potere della geopolitica globale: Merkel, Putin, Hillary Clinton e Trump. Intervengono il direttore de Il Mattino, Alessandro Barbano e il Rettore dell’Università degli Studi di Salerno, Aurelio Tommasetti.
Oggi, 9 maggio 2017 parte la quarta edizione del Festival “Urbino e le città del libro”. La manifestazione che per il suo direttore artistico Alessio Torino“non è soltanto un festival di letteratura, ma la celebrazione di tutto il lavoro che c’è dietro alla nascita di un libro”, si concluderà il giorno 11 giugno nello splendido capoluogo marchigiano, tra le sede più importanti del Rinascimento italiano e il cui centro storico è patrimonio dell’UNESCO.
Il direttore artistico del festival di Urbino ha inoltre dichiarato: “Quello che vorremmo è far avvicinare il più possibile queste energie”. Da qui l’idea di un festival che parta dal basso, che coinvolga le eccellenze della città e si apra al panorama nazionale e internazionale: “Il titolo stesso dell’evento vuole rappresentare la nostra voglia di incontrare le altre città del libro. Per questo abbiamo avviato una serie di gemellaggi: l’anno scorso con l’Istituto italiano di Cultura di Madrid, quest’anno con quello di Lisbona”.
La rassegna è stata presentata durante il fine settimana al Salone del libro di Torino. “Segno della nostra volontà di entrare a far parte di un network nazionale più ampio”, ha ancora commentato il direttore artistico. I luoghi che ospiteranno gli eventi in programma sono tra i più suggestivi di Urbino. A partire dal Teatro Sanzio sul cui palco l’attrice Sonia Bergamasco leggerà alcuni brani della scrittrice Annie Ernaux, ha svelato Torino in anteprima. Poi Palazzo Santini che ospiterà la festa di inaugurazione. E ancora il Collegio Raffaello, la Casa della poesia e il Circolo cittadino. Il programma completo delle tre giornate è stato pubblicato sul sito internet dell’iniziativa, ma il direttore artistico si è già lasciato sfuggire alcune anticipazioni come quella sul workshop sull’editoria per l’infanzia organizzato in collaborazione con l’Isia o la presentazione della ristampa di una guida di Urbino dell’‘800 curata dai ragazzi della Scuola del libro.
Ospiti attesissimi di questa IV edizione sono gli Ex-Otago, che a Urbino hanno fissato la seconda data di un tour estivo che prevede 50 concerti in tre mesi e porterà il loro ultimo album Marassi (Garrincha Dischi e INRI) in giro per l’Italia. Nati a Genova nel 2002 come trio acustico, gli Ex-Otago vantano un percorso fatto di prestigiose collaborazioni (come quella con Davide Bertolini produttore dei Kings of Convenience e con Caparezza), partecipazioni in programmi TV, un libro di parole e immagini, Burrasca (Habanero Edizioni), e soprattutto ottima musica suonata dal vivo.
“Urbino merita un festival del libro e anche quest’anno mi auguro che ci sia grande partecipazione da parte della cittadinanza e di chi viene da fuori città per la rassegna. È bello vedere facce conosciute e facce nuove che si incontrano grazie alla letteratura”, ha concluso Torino.
Il Salone del Libro di Torino 2017 è stato ospitato, per il suo trentesimo anno, nella città di Torino. Come ogni anno, la città piemontese è stata raggiunta da appassionati di ogni età, a testimonianza del fatto che il mondo dell’editoria continua ad interessare diversi target di lettori. Una fiera pensata benissimo, dove protagonisti sono i libri e che ha dato modo ad editori, autori e lettori di confrontarsi e creare uno scambio più che positivo. Bilancio ottimo per questo Salone del Libro che, ancora una volta, si è rivelato un successo soprattutto per l’editoria italiana che ha avuto modo di respirare un po’.
Mille gli editori presenti, 165.000 visitatori e tanti gli ospiti, italiani e stranieri, che hanno dato il loro prezioso contributo a quest’evento dalla portata inaspettata. Cinque giorni, dal 18 al 22 maggio, in cui i libri sono stati, in effetti, il mezzo per discutere di altro; libri che hanno offerto l’occasione per riflettere sulla società e su quello che sta succedendo proprio oggi nel nostro mondo -si è parlato infatti di politica internazionale, di guerra e di immigrazione. La realtà, quella che non ci piace, portatrice di sofferenza e dolore, può essere raccontata in diversi modi e da diverse penne, attraverso le pagine.
Oltre il confine è il tema centrale che è stato scelto dal Salone del Libro per quest’edizione del 2017, più attuale che mai. Del resto, cos’è un libro se non un ponte che ci permette di oltrepassarlo questo confine e di valicare i limiti del pregiudizio? Cosa, se non uno strumento che ci dà la possibilità di guardare ”oltre”? Alcuni grandi gruppi editoriali sono stati assenti, per la scissione tutta interna che ha riguardato l’AIE, ossia la ‘Società Italiana Editori’ (diciamocela tutta: Torino batte Milano con una vittoria schiacciante!) ma al pubblico questo è sembrato non interessare, sempre più innamorato dei contenuti e non certo dei meccanismi.
Interessantissima la sezione Another Side of America e Solo noi stesse, quest’ultima dedicata alle donne e al loro ruolo. Cina, Romania e Marocco i tre stand internazionali mentre assieme alle grandi case editrici presenti, come Laterza, Sellerio e Feltrinelli , meritano di essere citate le altre; ossia quelle che hanno fatto breccia nel cuore del visitatore perso in quel labirinto, al Lingotto, fatto di parole e carta.
I ragazzi della Marotta&Cafiero, sicuramente quelli con più fila vicino allo stand, travolgenti con il loro entusiasmo, geniali a dir poco.
Poi Keltia Edizioni, Henry Beyle e Edizioni Del Baldo, colorate e dallostorytelling accattivante, fanno innamorare delle loro copertine dallo stile inconfondibile.
Indubbiamente l’evento culturale più riuscito, come attestano numeri e biglietti strappati. Inoltre, un momento di crescita meraviglioso che ogni lettore dovrebbe riservarsi almeno una volta.
Varcando la soglia dell’ingresso principale del Salone del Libro di Torino 2017, si respira un’atmosfera quasi magica che, solletica la curiosità dei visitatori che li spinge ad addentrarsi in questo importante evento. I visitatori muniti di mappa hanno iniziato il loro viaggio culturale
“Oltre il confine” è stato il filo conduttore attraverso cui si è snodata la trama dell’evento: cancellare idealmente i confini per imparare a conoscere diversi mondi.
Il viaggio nel Salone Internazionale del libro di Torino prevede diverse tappe: la prima è il padiglione 1 che, ospita tutte le sezioni regionali e la maestosa sala rossa destinata all’incontro con gli scrittori e gli ospiti dell’evento
Una delle sezioni regionali è dedicata alla sala Matera, capitale europea della Cultura 2019. E’ posizionata proprio di fronte all’ingresso del padiglione. In questo spazio è stato possibile allietare l’udito, grazie agli incontri diretti con gli ospiti ma anche ammirare una mostra dedicata a Pier Paolo Pasolini, che proprio a Matera girò il celebre film ” Il Vangelo secondo Matteo”
La Toscana insieme a Matera per quest’anno è stata scelta la sezione regionale ospite. Anche qui si tengono incontri con editori e ospiti
Il Salone Internazionale si è spinto “oltre il confine” non soltanto in senso ideologico ma anche geografico: ha ospitato tre stand stranieri: la Romania, la Cina e il Marocco
Insieme alla Romania e al Marocco, la Cina è l’altra sezione internazionale ospitata dal Salone del Libro
In ogni padiglione del Salone internazionale è collocata una sala, di colore diverso, dove si tengono convegni ed incontri. Nel Padiglione 1 vi è la Sala Rossa
Il viaggio nel Salone Internazionale del libro continua: attraversando il padiglione 1 i visitatori possono accedere al padiglione 2. Quest’ultimo ha ospitato la maggior parte delle case editrici
Anche nel padiglione 2 vi è la sala conferenze colorata: la sala blu. Come la sala rossa è collocata in fondo al padiglione
Nel Padiglione 3 è collocato questo spazio espositivo, curato dall’Università di Torino. La sezione è dedicata all’ambito scientifico, denominato “Open Science”
Nella sezione Open Science è esposto questo oggetto. Si tratta del Simulatore di volo inventato nel 1917, da Herlitzka appunto. Questo strumento, insieme ad altri, veniva usato per testare l’attitudine al volo degli aspiranti piloti della Prima Guerra Mondiale. Si trattava di un test molto attendibile perché riproduceva tutti i movimenti e le sollecitazioni a cui l’areo era sottoposto in quota. Il simulatore fu ritrovato nel 1994, in uno scantinato e opportunamente restaurato. Oggi è conservato presso l’ateneo
Nel padiglione 3, presso la piazza dei lettori è collocata la torre dei libri. La torre, composta da finti libri, è una delle immagini più note, riconducibile al Salone Internazionale
Dopo la sala rossa del padiglione 1 e la sala azzurra del padiglione 2, ecco la sala azzurra sita appunto nel padiglione tre
All’esterno dei padiglioni 1,2 e 3 vi è il padiglione numero 5. Esso è collocato in una zona distaccata dai padiglioni precedenti ed è un area dedicata esclusivamente ai più piccoli. Svariate sono le attività messe a disposizione: dai laboratori di immagine, di parola di lettura, fino a spazi dedicati ai giochi