‘Canale 616’, il nuovo romanzo ad alta tensione emotiva di Marco de Fazi

“Canale 616” di Marco De Fazi è un romanzo misterioso e dalle sfumature horror, caratterizzato da una scrittura incisiva che avvince il lettore: attraverso le sue parole, l’autore riesce a creare visioni potenti che tolgono il fiato e che fanno immergere in un clima di profonda tensione emotiva. Nell’opera si possono respirare quelle atmosfere provinciali e oppressive tipiche dei libri di Stephen King, così come si possono trovare echi di alcune narrazioni di Ray Bradbury, come “Il popolo dell’autunno”; anche la scelta di usare dei ragazzini rimanda a quel tipo di letteratura orrorifica che punta sul percorso di maturazione e di presa di consapevolezza dei giovani protagonisti, costretti a fare i conti con una forza soprannaturale che distrugge le loro certezze.

«È come se il male si fosse riversato nelle nostre strade, come un fiume in piena che ha divelto gli argini».

In questa storia nera il male si appropria del ruolo di protagonista e si riversa su una cittadina del Tennessee come magma incandescente; in poche ore avvengono tre omicidi efferati, che sono solo un antipasto per colui che brama sangue e che esige il suo spargimento a macchia d’olio. Mentre la follia dilaga, i quindicenni Jamie ed Eric osservano impotenti la caduta nel caos della loro città: Jamie, però, ha un’intelligenza fuori dal comune e intuisce presto l’agghiacciante verità che si cela dietro a quei terribili accadimenti. Ma cosa possono mai fare due ragazzini per contrastare quella parte oscura che ogni essere umano nasconde dentro di sé, e che qualcuno è riuscito a far emergere prepotentemente grazie a una strana e ipnotica trasmissione televisiva?

Marco De Fazi presenta un’opera dal fascino magnetico, con un antagonista spaventoso in frac e bombetta e con due protagonisti impavidi e pronti a tutto pur di salvare le persone che amano; tra attacchi di follia omicida, leggende che risalgono a tempi molto lontani e la presenza di un’enigmatica cacciatrice mossa da una cieca vendetta, si dipana una trama avvincente che riserva molte sorprese, e che propone un finale davvero spiazzante e in perfetto accordo con la natura tenebrosa del romanzo.

 

SINOSSI DELL’OPERA. Morray è una tranquilla cittadina di provincia. Un giorno, all’alba, un furgone ne varca i confini e si dirige verso una piccola stazione televisiva abbandonata. Quel giorno, in tutta la città, stanno terminando i preparativi per la grande fiera che celebra ogni anno l’anniversario della fondazione. In un clima di festa e fervore, alcuni strani volantini cominciano ad apparire per le strade. Allo scoccare della mezzanotte sarà inaugurato un nuovo programma televisivo: Canale 616. Chi guarderà quel programma si troverà di fronte a Walden, uno strano individuo in grado di comunicare direttamente all’anima degli spettatori. Chi guarderà quel programma scoprirà di essere improvvisamente liberato da qualunque freno inibitorio e morale, sentendosi costretto a compiere gli atti più cruenti e brutali pur di raggiungere finalmente il proprio sogno più recondito, come Walden gli ha promesso. Chi guarderà quel programma, sarà condannato. Solo Jamie ed Eric, due giovani amici, sembrano immuni da questa follia collettiva che si diffonde a vista d’occhio. Sarà loro compito cercare di liberare Morray dalla presenza del misterioso Walden, prima che l’intera città venga completamente rasa al suolo dalla ferocia dei propri abitanti.

 

BIOGRAFIA DELL’AUTORE. Marco De Fazi, classe 1986, è nato e risiede a Legnano. Appassionato da sempre di arte e intrattenimento, è un musicista e compositore per diletto. Ha all’attivo tre album musicali pubblicati, tutti contenenti pezzi originali in lingua inglese. Inizia a scrivere nel 2020 e vince diversi concorsi letterari, che includono la pubblicazione cartacea di alcuni suoi racconti brevi. Pubblica “L’uomo nel buio” (Bookabook, 2021) e “Il killer del loto” (Porto Seguro Editore, 2021). “Canale 616” è il suo terzo romanzo.

 

 

Casa Editrice: Rossini editore

Genere: Horror soprannaturale

Pagine: 275

 

 

Contatti

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Link di vendita online

https://www.amazon.it/Canale-616-Marco-Fazi/dp/B09SL7Q2HL/ref=sr_1_1?qid=1653063591&refinements=p_27%3AMarco+Fazio&s=books&sr=1-1

“Il sesto sigillo” di Mario Pastore e Giulio Spreti: mai un fantasy fu così ‘profetico’

Il sesto sigillo edito, Brè Edizioni, è il romanzo a quattro mani di di Mario Pastore e Giulio Spreti. 

Mario Pastore, esperto di organizzazione, docente in ambito manageriale e comportamentale. Giornalista a La Stampa di Torino, direttore del personale di una grande azienda manifatturiera, dopo un lungo periodo come consulente e quindi amministratore di Forrad e Forbank, vive l’esperienza di Vicedirettore generale di una Cassa di Risparmio. È tra i primi docenti di Centro Internazionale FOR di cui diventa Presidente nel 2012.

Giulio M. Spreti, esperto di marketing. Docente in ambito manageriale e comportamentale. Matura la sua esperienza in agenzie di Direct Marketing a livello internazionale, divenendo Direttore generale di Rapp & Collins. Approda alla formazione in Accademia di Comunicazione a Milano. Collabora come Cultore della Materia al Politecnico di Milano. Dal 2012 è Direttore generale di Centro Internazionale FOR.

Il sesto sigillo: Sinossi

Il sesto sigillo, vincitore del primo premio al concorso letterario Città di Jesi 2021 , è sempre più attuale.

Il 25 marzo, nel corso di una funzione religiosa tenuta in San Pietro il Pontefice, in osservanza a una specifica richiesta dell’ultima veggente di Fatima, ha consacrato Ucraina e Russia al Sacro Cuore di Maria.

E proprio dalle parole profetiche di suor Lucia dos Santos, ultima veggente di Fatima, muove il romanzo di Mario Pastore e Giulio Spreti che nel 2010, diversi anni prima degli avvenimenti, ideavano una storia basata sulle dimissioni di un Papa (avvenute poi nel 2013) e sulla possibile clonazione umana (lo stesso anno moriva a Cambridge il suo fautore e Premio Nobel per la Medicina Robert Geoffrey Edwards).

Coimbra, 11 luglio 1977
La marchesa Olga Morosini de Cadaval, sfidando la pioggia battente, insolita per la metà di luglio a Coimbra, si incamminò lungo la discesa del convento delle Carmelitane gettando un’occhiata distratta al brutto mosaico che deturpava il lato sinistro della chiesa,
proprio sopra la salitella che porta all’ingresso della clausura. Il Patriarca le aveva chiesto con uno sguardo gentile, che lei aveva saputo interpretare grazie alle ripetute frequentazioni
veneziane, di lasciarlo solo per qualche minuto con suor Lucia. Anche se in fondo era stata lei l’artefice di quell’incontro, con la sua insistenza e grazie ai consigli di Don Mario, parroco della chiesa di San Lorenzo e amico, oltre che per diversi anni segretario di Monsignor Albino Luciani, la marchesa ritenne di ritirarsi dalla cella e lasciare il Cardinale in confidenza con l’ultima Veggente di Fatima.

Ancora una volta i Cardinali sono riuniti in conclave chiamati a trovare il successore di Pietro. La Chiesa di Roma è di fronte a un bivio: continuare una gestione della tradizione multi millenaria che l’ha portata oggi a confrontarsi con problematiche che la vedono minacciata nella credibilità, oppure tentare una rifondazione riproponendo valori trascurati che possono, tuttavia, rappresentare una minaccia al sistema. Il romanzo, con il piglio di un thriller, rievoca una vicenda che prende le mosse dal terzo segreto di Fatima e da Papa Albino Luciani per giungere a maturazione ai giorni nostri. Chi sarà il portatore di questi valori, da dove viene, da dove nasce e, soprattutto… da chi? A ricordarlo è una voce inaspettata, insolita, che agisce sulla cultura e non sulle rappresentazioni; una voce che viene da lontano, molto lontano.

2010: seduti in veranda in una tiepida serata di primavera, dopo una giornata di lavoro e una bottiglia Prosecco, commentando l’ostensione della Sacra Sindone nel Duomo di Torino, nasce di getto la trama de Il Sesto sigillo – rendono noto Mario Pastore e Giulio Spreti.

Ne abbiamo abbastanza di saggi a 4 mani legati al nostro comune lavoro, lasciamo correre la fantasia e divertiamoci!  Ci siamo immaginati una storia di ‘fantascienza’, con un Papa che si dimette e con un professore che afferma di poter clonare un essere umano. Nei giorni successivi, entusiasti dell’idea, ripartiamo i compiti e buttiamo giù qualche capitolo. Poi veniamo assorbiti dalla vita, dagli impegni, dagli eventi. La storia rimane accantonata nel limbo delle nostre menti a ‘maturare’ per tre anni buoni.

2013: fine febbraio, Papa Ratzinger si dimette e nell’aprile dello stesso anno muore il prof. Robert Edwards, premio Nobel per la medicina e padre della fecondazione in vitro. Potevamo noi autori far finta di nulla e non leggere questi due avvenimenti come un ‘segno’?

Immediatamente abbiamo ripreso il Prosecco e la storia che avevamo ipotizzato, adattandola alle date fatali. Se uno scienziato fosse in grado di ‘clonare’ da un resto di DNA l’essere impresso nella Sindone e nascesse un uomo e se quest’uomo all’età di 33 anni fosse ucciso…beh, il resto è la storia de Il Sesto sigillo. Una vera e propria Apocalisse”.

 

 

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‘Il Signore di Notte’ di Gustavo Vitali al Salone del Libro e a Libri in Piazza

Sono una cinquantina gli stand che attendono i visitatori di “Libri in Piazza” in programma il 2 e 3 aprile a Rivoli (Torino), comprese tre emittenti radio televisive. Due le aree che li suddividono, una dedicata al genere “comics” e l’altra agli editori.

La manifestazione prevede un nutrito programma di eventi collaterali, dalla cerimonia di benvenuto con le autorità locali e la madrina Elena Mirullo, agli incontri con gli autori, dalla presentazione di opere e scrittori nella Sala Convegni di piazza Martiri della Libertà, agli aperitivi letterari presso le attività commerciali di via Piol.

Infine lo stand dell’organizzazione, il CSU, Collettivo Scrittori Uniti, gruppo di appassionati di scrittura nato con l’obiettivo di promuovere libri durante le fiere nazionali. Sito nei pressi della Sala Convegni, ospiterà numerose opere e tra queste, per la prima volta in piazza, il libro Il Signore di Notte, un giallo nella Venezia del 1605. Il tutto condito da incontri musicali dal vivo nonché approfondimenti su tematiche di attualità e attività video-ludiche.

Non ha bisogno di presentazioni il Salone Internazionale del Libro, giunto quest’anno alla XXXIV edizione che come sempre si preannuncia ricca di incontri ed eventi straordinari.

Sotto il titolo “Cuori Selvaggi”, le riflessioni ruoteranno attorno al tema della ricerca di speranza per il futuro, ricerca che non ci abbandona mai a dispetto del mondo inquieto, turbolento e pieno di enormi problemi nel quale viviamo.

Gli 81 mila metri quadrati dell’ultima edizione sono stati attraversati da oltre 150 mila visitatori. Con la concreta prospettiva di replicare il successo, l’esposizione del 2022 terrà banco nel capoluogo piemontese dal 19 al 23 maggio presso il Lingotto Fiere di via Nizza e non solo. Infatti l’iniziativa Salone Off porterà libri e spettacoli fuori dai padiglioni, con uno sguardo privilegiato alle periferie e all’area metropolitana.

Tra i numerosi attori della più grande fiera italiana dell’editoria, autori, librai, bibliotecari, docenti e studenti, case editrici e tanti, tanti lettori, il padiglione 2 ospiterà ancora una volta lo stand del Collettivo Scrittori Uniti. Qui saranno disponibili le opere di numerosi scrittori, compreso il libro Il Signore di Notte, opera d’esordio di Gustavo Vitali, che, come segnalato nel sito del libro medesimo, sta ottenendo lusinghiere recensioni da parte di lettori e addetti ai lavori. Nelle giornate di giovedì 19 maggio e venerdì 20 sarà presente lo stesso autore.

“Scappa e vinci”, il thriller di Antonello Marchitelli

Antonello Marchitelli è un avvocato civilista, che coltiva la sua passione per la scrittura fin dai tempi dell’università. Ha vinto numerosi concorsi letterari, tra i quali “Città di Pontremoli”, e “Bari Città Aperta“. Il suo ultimo lavoro è stato pubblicato da Les Flauners Edizioni nel 2019, dal titolo Progetto R.

“Scappa e vinci” è una storia di passione, che ingarbuglia la vita di ognuno dei personaggi della vicenda.

Ambientato in un’Italia in piena crisi lavorativa, si lega irrimediabilmente alla realtà ed espone il dramma di una verità la quale si cela nelle difficoltà di persone che cercano di sopravvivere all’interno di una società che non le aiuta in alcun modo; il tutto riportato in maniera cruda, e mostrato attraverso i dialoghi scorrevoli, e narrati con uno stile che si rifà al genere poliziesco.

Eusebio è un uomo di mezza età, che rimpiange di non aver avuto il coraggio, quando ancora era giovane, di fare carriera, e di essersi accontentato; come tende a ricordargli, ogni volta che litigano, sua moglie. Raffaele, invece, è un giovane ragazzo cresciuto con i manga, nella perpetua convinzione che l’unico modo di essere libero, sia quello di non impegnarti in nulla.

Vincenzo ha rovinato la sua vita in seguito a una scappatella, una scelta sbagliata che, inesorabilmente, lo spinge a compierne altre, una dopo l’altra. Gino è un uomo di mezza età che ha perso la moglie in seguito a un tragico incidente, e da quel giorno “tira avanti” pensando che la sua vita sia finita. Marta è un’anziana signora che trascorre le sue giornate in compagnìa della foto dell’uomo che lei ha amato, parlando con lui, in modo da consolarsi di quella mancanza che sente nei confronti del defunto ogni giorno, attendendo il momento in cui si potrà ricongiungere a lui.

Una storia drammatica che si addentra nella psicologia dei personaggi, la quale mostra la realtà di vite comuni protratte dai protagonisti, con la speranza di trovare, prima o poi, la felicità e un futuro dignitoso, per sé e i propri cari.

 

Casa Editrice: Les Flauners Edizioni

Genere: Narrativa – Thriller

Pagine: 200

Prezzo: 15,00 €

 

 

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‘La Madre’, il thriller di Marco Lugli, ambientato in un Salento arido ed emozionante

Marco Lugli è uno scrittore e fotografo emiliano che da alcuni anni vive in Salento. “La Madre” (2020) è il terzo romanzo giallo della serie dedicata al commissario Luigi Gelsomino, dopo “Nel Tuo Sangue” (2015) e “Ego Me Absolvo” (2017).

La Madre racconta il parto di una ragazza madre, l’innesco del caso di omicidio che riporta il commissario Luigi Gelsomino al centro dell’azione investigativa dopo mesi di aspettativa. Nella sua Lecce, la città dove ha vissuto, dove si è sposato e dove ha sempre lavorato, alcuni fantasmi sembrano materializzarsi e interferire nell’indagine con i loro messaggi provenienti dal mondo dei morti.

E se il periodo di riposo lo aveva illuso di essersi liberato della zavorra del suo doloroso passato e di averlo preparato a spiccare un salto verso il futuro, è un intreccio di morte e nuova vita a tenerlo ancorato a terra. Un Salento arido eppure generoso di emozioni, fa ancora da sfondo a questa terza indagine di Gelsomino e sospinge il lettore tra Lecce e il Capo di Leuca, in balia dei venti di Scirocco e Tramontana.

Da qualche anno a questa parte ci sono sempre nella società occidentale i soliti film gialli o romanzi thriller con il serial killer che ha una personalità multipla. In questo periodo la correlazione tra omicida seriale e sindrome di personalità multipla nei film e nei romanzi  thriller americani è molto sopravvalutata.

Diciamo pure che questi film americani adoprano alcune nozioni della moderna psichiatria per riprendere il topos de “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”, scritto da Stevenson. Nei film e nei romanzi gialli americani inoltre viene dato grande spazio ai cosiddetti profilers; è innegabile che in America esistono professionisti, che fanno questo mestiere. Ma spesso nei film viene dato grande spazio al profiler perché è più accattivante un esperto che fa ipotesi sulla personalità del killer piuttosto di un anatomo-patologo, di un medico legale o di un esperto di balistica, che utilizzerebbero termini incomprensibili ai più.

Gli sceneggiatori dei film gialli e dei thriller rischiano sempre di scadere nel già visto, nell’ovvietà, nella banalità. Rischiano di utilizzare luoghi comuni abusati. Questa premessa era doverosa per dire che è  difficile trovare una trama  originale come nel caso di questo romanzo di Lugli.

Oggi scrivere gialli e thriller è molto più difficile di trent’anni fa: un giallista si trova di fronte ad un bivio: consultare esperti della scientifica e coroner oppure sfoggiare la sua creatività nel modo più spontaneo e meno artefatto possibile, che è quello che fa Lugli. In molti gialli di oggi la documentazione ha nettamente la meglio sull’ispirazione, sulle trovate, sull’inventiva, ma non in questo caso. Spesso in fondo ai libri gialli vengono rivelati tutti i debiti contratti dagli autori, che ringraziano esperti del crimine e poliziotti consultati.

Lugli lavora più che altro in proprio per quello che è possibile. È un ottimo artigiano del giallo. Il suo ė un giallo procedurale ma è più incentrato sul commissario che sul suo team. Gelsomino è un piccolo commissario Maigret, pur con sostanziali differenze, nel senso che accentra su di sé l’attenzione del lettore.

La madre è un romanzo corposo ma mai noioso. Sono 352 pagine dense ma avvincenti. Un genuino sottofondo di ironia pervade il libro e lo rende divertente.  L’ambientazione lo aiuta. La scelta del paesaggio pugliese si rivela azzeccata. È una scelta logica ed appropriata. L’autore è anche un promotore della bellezza del Sud. Non vanno discusse in questa sede le  ragioni ma c’è tutta una narrativa che descrive un Meridione in modo negativo, diciamo pure col segno meno.

Non è questo il caso. Viene da chiedersi se lo scrittore mette al centro del romanzo il parto di una ragazza madre per porre l’accento sulle culle vuote, sulla denatalità, sul fatto che gli italiani facciano sempre meno figli. Secondo alcuni studiosi delle linee della mano sembra che della gravidanza indesiderata resti una traccia nei palmi, sembra che sia somatizzata.

Per gli psicologi di certo è un trauma psicologico, spesso rimosso. Ma nel romanzo le vicende portano il lettore a riflettere ad ampio raggio sulla procreazione e sulla genitorialità perché il commissario Gelsomino ha perso una figlia e la moglie. Tutti i suoi progetti di padre sono terminati. La perdita di un figlio è il lutto più tremendo per una persona, è il lutto più difficile da elaborare perché è quello meno prevedibile e più contro-natura di tutti.

Gelsomino è un protagonista solitario ed ironico,  che suscita nel lettore simpatia ed empatia. Lo scrittore lo ha definito in una intervista un antieroe, è una figura complessa e complicata,  un uomo mai pienamente risolto. La vena ludica emiliana, la cifra lunatica nel senso migliore del termine  dell’autore hanno fatto sgorgare dalla penna un personaggio chiave ben delineato e allo stesso tempo ricco di sfumature, contraddittorio e contraddetto, in una parola sola sfaccettato, così come indefinibili e polisemiche sono le figure di donne che si avvicendano nel libro.

Il romanzo è ricco di peripezie e capovolgimenti di fronte. Il lettore rimane spiazzato, spesso deve cambiare prospettiva. Lugli adotta uno stile originale, il quale, pur avendo riferimenti, non soffre di epigonismo ed occupa un posto a parte tra I bastardi di Pizzofalcone, I delitti del BarLume e i romanzi di Carlo Lucarelli.

La madre è un romanzo in cui entra in scena prepotentemente il soprannaturale senza però utilizzare immagini, simboli e linguaggio esoterici. Si perdono i punti di riferimento. Si rimane spaesati. E poi lo sfondo del bel Salento è un omaggio alla Puglia.

È un giallo scritto bene, cosa non comune e che non dovrebbe lasciare indifferenti. Lugli è la riprova ennesima che si può fare della pregevole narrativa senza recarsi per forza nelle metropoli ma rimanendo ancorati alla provincia, in città a misura di uomo. E poi chi l’ha detto che nella provincia apparentemente sonnolenta e sorniona non possano accadere crimini efferati? .

Il romanzo di Lugli è un congegno ben pensato: un ottimo incastro di situazioni, circostanze, atmosfere,  stati di animo, enigmi, paesaggi: molto di più di quello che si trova in un comune romanzo giallo.

 

Davide Morelli

 

 

‘Area riservata’ di Roberto Van Heugten: una nuova avventura per l’investigatore Gianluca Vanetti

Area riservata, edito da Homo Scrivens è il nuovo romanzo uscito dalla penna di Roberto Van Heugten. L’autore è nato in Olanda ma vive in Italia, sul Lago di Garda. Con Homo Scrivens ha pubblicato i romanzi La casa sul meteorite (nuova edizione 2020); Il silenzio di Ada (2017); Asia, ombre e intrighi nella Brescia che conta (2019); L’e-book 1000 Miglia 1951; Una fantastica edizione della corsa più bella del mondo (2020) più volte premiati e tutti con protagonista lo scrittore Gianluca Vanetti, investigatore suo malgrado.

 

Area riservata: Sinossi

Area riservato è uscito 25 Marzo 2021 per la collana “Dieci” e racconta la quarta avventura di Gianluca Vanetti, l’investigatore della Valtènesi.

Ore 14:30. Tutto scorre… Primo pomeriggio di un caldo mercoledì di inizio settembre, l’ora di pranzo è appena trascorsa. È tempo di caffè corretto, amaro con ghiaccio, due mani a briscola e la consueta sessione di chiacchiere inutili sul campionato appena iniziato e sulla tresca tra la farmacista e il figlio del fornaio, sulla nullafacenza del sindaco e sul governo maledetto e ladro. Niente di nuovo, dunque, nelle parole dei pochi presenti al bar tabacchi in centro, due passi dalla piazzetta dedicata agli alpini e pochi di più dalla chiesa parrocchiale. Rilassati, un pizzico anche svogliati, si attardano nel ritorno alle loro attività. L’atmosfera è ancora agostana, vacanziera, il rientro al lavoro è lento, meditato, carico di racconti e ricordi di ferie ormai terminate. Sul terrazzo che allunga l’ombra sui tavolini sotto, occupati da quelli che spesso nomina lazzaroni, la signora Gina ha appena finito di bagnare i gerani.

 

Pomeriggio settembrino, un boato scuote la paciosa pausa caffè di Calvagese, nei pressi del lago di Garda. La soddisfazione per il successo dell’annuale asta antiquaria di casa Vanetti è oscurata da fumo e calcinacci, così la famosa Casa sul meteorite, piegata ma non sconfitta, diventa di nuovo lo sfondo su cui prendono forma trame misteriose e intrighi inediti.

Cosa c’è di tanto importante nei suoi scantinati? Perché un cliente folle, ma non meno determinato, è pronto a tutto pur di accaparrarsi il pezzo mancante di un ordigno dall’ignota origine?

Quali macchinazioni si nascondono dietro i sempre più frequenti attentati a negozi e ristoranti del nord Italia gestiti da stranieri?

Per vederci chiaro, Gianluca Vanetti, biografo e investigatore non convenzionale, decide di entrare nel mondo sfuggente delle communities digitali d’affari e partecipare ai progetti della Nuovi Panorami, gestita da Asia Vangadizza, sua vecchia conoscenza. E per cercare la verità, dovrà incamminarsi su un terreno accidentato.

Nel libro il lettore compie un viaggio nel mondo delle communities digitali, quelle che davanti ai recenti, drastici cambiamenti di abitudini si pongono come nuovi ambienti lavorativi, di scambio e di conoscenza. Tutto bello e condivisibile, senonché in uno di questi circoli virtuali succede qualcosa che esce dallo scopo per cui la community “Nuovi panorami” era stata ideata.

Sullo sfondo, la pressione di azioni criminose condotte da chi vuole compromettere i delicati equilibri dell’integrazione tra comunità reali, approfittando dell’anonimato garantito dal virtuale.

«Ho iniziato a pensare al romanzo Area riservata – ha dichiarato l’autore Van Heugten – già all’indomani della pubblicazione del precedente Asia, ombre e intrighi nella Brescia che conta. Avevo appena finito di raccontare la crescita professionale e investigativa del protagonista, Gianluca Vanetti, che già pregustavo l’idea di affibbiargli un caso intricato in ambientazioni che non fossero confortevoli e vicine alle sue abitudini. Difatti gli ho fatto scoppiare la casa, e da lì in poi la trama è diventata un vortice di fatti e misfatti di crescente atmosfera thriller. Il libro mette a confronto le nuove tecnologie digitali con le tradizioni di una civiltà millenaria, affronta inoltre il tema dell’integrazione e del rifiuto, creando un insieme ad alta tensione che lascia al lettore ben poche pause di relax. Posso però dire di essermi divertito molto, durante la sua scrittura; spero di riuscire a trasferire questa sensazione in chi si troverà a viaggiare insieme alle mie parole».

«Roberto Van Heugten – ha affermato l’editore Aldo Putignano è di quegli autori cui non è difficile prevedere un futuro luminoso. Nato nel sottobosco del noir italiano, cui anche la grande editoria ha iniziato da qualche anno ad attingere con sempre maggiore frequenza, più volte premiato e segnalato in concorsi e manifestazioni di genere, ha col tempo affinato gli attrezzi del mestiere e sviluppato una scrittura che crea grande empatia con il lettore. Ha inoltre il pregio di accompagnarsi a un personaggio gradevole e anticonvenzionale, Gianluca Vanetti, detective “suo malgrado”, che fa dell’ascolto il suo principale strumento di indagine». 

Un romanzo, che ricorda le storie di Conan Doyle e George Simenon, rapido, incalzante e pieno di colpi di scena, sorretto da una scrittura che non lascia tregua

 

https://www.homoscrivens.it/product-page/area-riservata-roberto-van-heugten

‘Memoriale di un anomalo omicida seriale’ di Davide Buzzi: un thriller noir dalla potenza riflessiva

Memoriale di un anomalo omicida seriale, edito da 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni, è l’ultimo romanzo di Davide Buzzi. Lo scrittore ticinese nasce il 31 dicembre 1968 ad Acquarossa (Svizzera). Cantautore e autore, inizia la sua carriera artistica nel 1982 accanto a Giampiero Albertini e Franco Diogene nel film in L’oro nel camino. Nel 1993 pubblica il suo primo cd, Da grande, cui seguiranno Il Diavolo Rosso: Romaneschi (1998), Perdo pezzi (2006), Non ascoltare in caso d’incendio (2017) e, nei prossimi mesi, Radiazioni sonore artificiali non coerenti.

Nel 2013 Buzzi pubblica il suo primo libro di racconti dal titolo Il mio nome è Leponte… Johnny Leponte e nel 2017 il racconto breve La Multa. Negli anni ottiene importanti riconoscimenti internazionali quali la Targa Città di Milano(1997), il Premio Città San Bonifacio a Verona (2000) e il Premio Myrta Gabardi a Sanremo (2002). Nel 2012 ottiene due nomination agli ISMA Award di Milwakee (USA) per la canzone The She Wolf. Nel 2013 ottiene una nomination i NAMMY Award di Niagara Falls (USA) per la canzone “The She Wolf”. Fotografo di formazione, è attivo anche nel campo del giornalismo come membro di redazione del mensile “Voce di Blenio” e, da diversi anni, come inviato speciale di Radio Fiume Ticino al Festival di Sanremo.

 

Memoriale di un anomalo omicida seriale: Sinossi

Memoriale di un anomalo omicida seriale  è il romanzo autobiografico (spoof) di Antonio Scalonesi che, tramite la sapiente penna di Buzzi, si propone al lettore nelle vesti di un memoriale raccontato in prima persona, frutto dell’interrogatorio ad un uomo, Scalonesi appunto, che il 21 novembre del 2011 si presenta presso gli uffici di Lugano della Procura Pubblica del Cantone Ticino, in Svizzera, per confessare di essere un assassino seriale.

 

Sebbene sia un demone a parlare, non devono essere gli uomini a giudicare.

Antonio Scalonesi

 

No! Non lo voglio un avvocato! Certo, signor procuratore pubblico, lei mi ha letto tutti quanti i miei diritti e mi ha informato che ho la facoltà di restare in silenzio, che ho pure diritto alla presenza di un avvocato e che se non posso permettermelo me ne potrete affidare uno d’ufficio. Ma adesso mi dica lei, che ci sono venuto a fare qui se non fosse mia intenzione quella di parlare? Mi sono consegnato a lei perché avrei alcune cose da raccontarle, niente di che, solo alcuni morti ammazzati che nell’arco degli ultimi cinque anni hanno riempito il mio tempo libero.

 

Antonio Scalonesi, affermato mediatore immobiliare e proprietario di una piccola agenzia in una valle discosta dell’alto Ticino (Svizzera), è un uomo benestante, single, al quale la vita sembra avere riservato tutto il meglio possibile.

Persona di grande cultura, nutre numerosi e svariati interessi, fra i quali l’arte pittorica e la scultura. Sportivo, in passato è stato pure un ciclista dilettante di buona caratura, vincendo addirittura qualche gara importante.

Ma spesso la realtà si presenta ben diversa dall’apparenza, e non sempre nelle sue connotazioni migliori.

Il 21 novembre del 2011 Antonio Scalonesi entra spontaneamente nel palazzo della Procura della Repubblica e del Cantone Ticino di Lugano e chiede di incontrare l’allora Procuratore pubblico Giuseppe Cortesi, davanti al quale inizia a rovesciare un racconto dai risvolti terribili e inimmaginabili.

L’uomo afferma infatti di essere un omicida seriale e giorno dopo giorno, per undici lunghi mesi, confessa una lunga serie di delitti, a partire dal primo e commesso nel 2004.

Qualche mese prima di quella data Scalonesi perde un grosso affare, subendo quella che per lui rappresenta una grave umiliazione pubblica. Questo fatto scatena nell’immobiliarista ticinese un rancore smisurato nei confronti dell’imprenditore reo di avergli soffiato l’impresa, tanto che comincia a contemplare la possibilità di toglierlo di mezzo. Inizia così un intenso periodo di pedinamenti, mentre nel contempo studia un piano perfetto per arrivare finalmente, il 18 dicembre 2004, a colpire il suo “nemico” per strada, freddandolo a colpi di pistola. È solo l’inizio di una tragica epopea che lo porterà a diventare uno dei più spietati serial killer europei di tutti i tempi.

Infatti a partire da quel momento le sue azioni criminali continuano a crescere, anche perché le indagini degli inquirenti non riescono ad arrivare a lui.

Eppure, ad un certo punto il suo operato viene comunque notato da qualcuno che, seppure rimanendo nell’ombra, con il ricatto lo obbliga a compiere diversi delitti su commissione.

Il killer si ritrova così a dover ampliare il suo raggio d’azione, arrivando perfino a colpire in Francia e in Italia, mettendo però sempre in pratica delle abili strategie che gli permettono di confondere indagini e moventi e di sfuggire regolarmente a qualunque tipo di sospetto. Le diverse inchieste degli inquirenti, infatti, non riescono ad avvicinarsi in alcun modo alla verità, o anche solo ad associare fra di loro i diversi omicidi. Questo fatto porta Scalonesi a convincersi di essere un invincibile Dio della vita e della morte.

Ma qualcun altro arriva ad accorgersi dei suoi talenti nascosti, e questo a causa di un’azzardata ma abilissima impresa che Scalonesi commette all’interno del Museo d’Orsay di Parigi, dove si rende responsabile della sottrazione di un celebre dipinto di Vincent Van Gogh. Questo fatto lo proietta però inaspettatamente all’interno di un complicato intrigo internazionale e da cacciatore improvvisamente si ritrova a diventare preda. Ormai la sua vita è appesa a un filo, ma grazie ad un drammatico e tragico gioco a rimpiattino, durante il quale riesce con scaltrezza capovolgere gli eventi, il killer riesce a spuntarla e persino a scoprire l’oscuro personaggio che con il ricatto lo tiene in pugno da troppo tempo. La resa dei conti di Antonio Scalonesi si rivela terribile e lascia dietro di sé una lunga striscia di sangue che sembra non avere mai fine.

 

Antonio Scalonesi. Memoriale di un anomalo omicida: una finta biografia che terrà il lettore incollato alle pagine

Il racconto si sviluppa tutto su un supposto dialogo che avviene fra il protagonista dei fatti, Antonio Scalonesi, e il procuratore pubblico, che però non appare mai in prima persona. Il periodo storico dei fatti raccontati va da più o meno attorno al 2004 per il primo assassinio fino al 2010 per l’ultimo omicidio e l’autodenuncia di Scalonesi alle autorità.

Il Lavoro è corredato da tutta una serie di allegati, redatti da parte di vari specialisti: Articoli di giornali (redatti dall’autore e dallo scrittore, giornalista e direttore di Radio Fiume Ticino Duilio Parietti);  Rapporto della polizia scientifica in merito ad un caso specifico (redatto dall’ex. Commissario capo della polizia scientifica del Cantone Ticino E. Scossa Baggi); Richiesta di estradizione nei confronti di Scalonesi, emesso dalla corte di appello di Genova verso le autorità giudiziarie del Cantone Ticino (redatta dall’avv. Giovanni Martines, già difensore di Bernardo Provenzano nel “Processo per l’omicidio di Mario Francese” tenutosi nel 2001 a Palermo);Profilo psicopatologico e criminologico del personaggio (a cura del Dr. med, Orlando Del Don, Spec. FMH psichiatria, psicoterapia, psicopatologia del comportamento violento e criminologia). Resoconto dell’avvocato difensore di Antonio Scalonesi (realizzato dall’avvocato Amanda Rueckert).

Il protagonista parla a ruota libera e cinicamente dei suoi omicidi e (solo in parte) di alcuni aspetti legati alla sua vita, in un linguaggio non sempre educato (anzi) e con fare altezzoso e sdegnoso. A volte mente palesemente, altre stravolge la verità, omette particolari o inventa aneddoti che possano contribuire a buttare fumo sull’intera vicenda. Nel contesto generale del racconto appare quindi molto difficile intravvedere le bugie di Scalonesi in mezzo all’insieme delle verità, seppure il lettore più attento può riuscire qualche volta a coglierne gli indizi.

Scalonesi è un serial killer, ma non nel modo più stretto del termine, infatti non è ripetitivo nel suo agire e, sebbene in effetti uccida per il piacere di farlo e per poter godere del brivido della caccia, a volte esegue anche alcuni incarichi che riceve da parte di una oscura organizzazione che lo ha scoperto. La polizia invece non lo scoprirà mai, seppure forse in qualche caso potrebbe anche avere avuto qualche sospetto sul personaggio, ma non tanto in merito alla sua attività criminale, bensì più per il fatto che Scalonesi fosse spesso in viaggio e poco sul posto di lavoro. Quindi, come poteva mantenersi senza troppi problemi?

“Quando tempo fa ho iniziato a raccontare questa storia, mai avrei creduto che il tutto si sarebbe trasformato in un volume di oltre trecento pagine – dichiara lo scrittore Davide Buzzi. Scrivere l’autobiografia di un personaggio tragico come Antonio Scalonesi ti obbliga a penetrare tutto il tuo subconscio, fino ad arrivare nel nero più profondo di te stesso. In fondo, chi nel corso della propria vita, almeno per una volta, non ha mai pensato seriamente di ammazzare qualcuno, per vendetta o per arrivare alla soluzione di una diatriba impossibile? Poi, però, la maggior parte delle volte, il raziocinio ci riporta alla ragione, impedendoci di oltrepassare certe barriere. Ma non sempre… A volte purtroppo succede che la sete di vendetta, come anche la curiosità di capire fino a dove si è disposti ad arrivare con le proprie azioni, possono condurre un uomo apparentemente normale e pacifico al di là di ogni confine morale, senza che questi possa provare alcun pentimento per i crimini compiuti”.

“Memoriale di un anomalo omicida seriale è il frutto di mesi di lavoro che lo staff di 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni ha portato avanti insieme all’autore, Davide Buzzi. Si è trattato – spiega la Casa Editrice –  sicuramente di un incontro tra persone esigenti, pignole, attente ai dettagli. Abbiamo realizzato, con l’autore, quello che crediamo sia un romanzo alquanto inusuale e ricco di particolarità. Abbiamo scelto di percorrere la strada più ripida, e siamo certi che Memoriale di un anomalo omicida seriale troverà il giusto consenso tra il pubblico, sia per la struttura, che per la voce d’autore che lo caratterizzano. Davide Buzzi ha avuto l’idea di scrivere questo romanzo facendo raccontare direttamente al protagonista le vicende che lo vedono coinvolto. Crediamo sia stata una scelta audace e siamo soddisfatti del risultato finale. Adesso vogliamo raccogliere i frutti di questo lavoro e contribuire alla diffusione della cultura e della lettura, anche attraverso questa Opera. Grazie a Davide Buzzi per il contributo importante e per la fiducia che ha riposto in noi”.

Un thriller dalle tinte noir, che si presterebbe benissimo ad una trasposizione cinematografica. Una storia, ricca di suspense, assolutamente imprevedibile e potente che innesca una disarmonia in noi stessi, obbligandoci a riconsiderare i limiti della nostra coscienza.

 

http://www.ruedelafontaineedizioni.com/negozio/davide-buzzi-memoriale-di-un-anomalo-omicida-seriale/

 

‘Parasite’: la guerra totale tra ricchi e poveri secondo il sudcoreano Bong Joon-ho che fa ridere amaro

Il Joker e il ParasiteParassita, attenti a noi. Perfettamente in sintonia con il recente cult hollywoodiano, “Parasite” è ambientato a Seul, ma la metropoli asiatica funziona come un gigantesco specchio in cui ci è dato l’amaro privilegio di vedere cosa sta per succedere nel mondo. O forse ciò che è già successo.

La guerra totale tra poveri e ricchi come evento ineluttabile non è, peraltro, l’unico argomento del film premiato con la Palma d’oro a Cannes perché nel corso del suo imprevedibile percorso emerge una metafora raramente diramata al cinema con altrettanto cinico determinismo: i derelitti e gli svantaggiati non sono affatto “buoni”, non sono guidati da nobili ideali o consunti manuali ideologici, non hanno la faccetta corrucciata di Greta o di Carola, vogliono godere anch’essi dei beni consumistici, sono furbi, notturni, coriacei, duri a morire anche se –annota a margine il cinquantenne regista e sceneggiatore Joon-ho– non possono togliersi di dosso il tanfo emanato dalla loro condizione di perdenti.

Da un tetro seminterrato la famiglia dei Ki-taek riesce a trasferirsi, grazie a una serie di raggiri, nella villa da sogno della famiglia dell’archistar Park dando il via a una spericolata variazione di generi che passerà col giusto dosaggio di ritmi e toni dalla commedia sociale al thrilling psicologico (“Il servo” di Losey), dall’horror (“L’invasione degli ultracorpi”) al catastrofico, dal grottesco della commedia all’italiana (“Brutti, sporchi e cattivi”) al surrealismo bunueliano all’acido muriatico.

In Parasite La full immersion nella lotta per la sopravvivenza in cui ciascuno si tramuta in parassita di un altro procede, così, a base di allarmanti carrellate nell’appartamento (il principale “personaggio” dell’apologo), strategici tagli di luce, recitazioni strepitose di attori sempre sull’orlo del collasso: se la tragedia del divario sempre più abnorme scavato tra derelitti e benestanti ci riguarda tutti, il film non indulge alle solite artificiose indignazioni, non elargisce morali pret-à-porter, non recapita messaggi di speranza all’annichilito spettatore.

Quella che spiazza e avvince, insomma, è una questione di topografia sociale, le strettoie, le stratificazioni e i doppi, tripli fondi di una mappa prim’ancora fisiologica che umana in cui l’altissimo sovrasta l’alto, l’alto schiaccia il basso e l’ancora più basso è adibito a funzionare esattamente come funziona una cloaca.

La chance degli spazi perlustrati dall’occhio della cinepresa viene, dunque, utilizzata per scatenare una brutale sarabanda; una spirale satirica che via via costringe i contendenti a protestare, ringhiare, contorcersi, strisciare, rosicchiare, mimetizzarsi, rintanarsi; un’apnea emotiva sconsigliata a chi ama fare il tifo per una sola delle parti in gara; un gioco al massacro in cui la sinistra risata della governante licenziata sembra raccogliere e amplificare quella del grande Joaquin Phoenix che ancora trabocca dalle sale.

PARASITE
THRILLER/GROTTESCO, COREA DEL SUD 2019
Regia di Bong Joon-ho. Con: Song Kang-ho, Jo Yeo-jeong, Park So-dam, ChoiWoo-sik, Lee Sun-kyun

 

Parasite

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