E ascoltai solo me stesso, pubblicato in seconda edizione dalla casa editrice Kimerik, è la terza opera di Giovanni Margarone. Nato il 17 ottobre 1965, lo scrittore è originario di Alessandria ma friulano di adozione. Sin da ragazzo le sue due vocazioni naturali sono la scrittura e la musica.
All’età di dodici anni, mentre si accinge ad intraprendere lezioni di pianoforte, Margarone scrive i suoi primi due romanzi mai pubblicati. Assiduo lettore, cultore della musica e della filosofia , continua a scrivere, producendo pensieri e racconti brevi, anch’essi mai divulgati. Nel 2011 crea un blog che negli anni successivi ispirerà il saggio di scienze sociali Oltre l’orizzonte, pubblicato nel 2013. Il 2018 consacra Giovanni Margarone al mondo del mercato editoriale, scrive e pubblica per la casa editrice Kimerik tre romanzi: Note fragili (seconda edizione), Le ombre delle verità svelate (seconda edizione), Quella notte senza luna . Nel 2019 esce E ascoltai solo me stesso. Nello stesso anno, un suo racconto Il segreto del casone è inserito nell’antologia “Friulani per sempre” – con postfazione di Bruno Pizzul – edito da Edizioni della sera.
Tutte le sue opere sono state insignite da numerosi riconoscimenti a livello nazionale, posizionandosi spesso ai primi posti di diversi concorsi letterari. In particolare il suo ultimo romanzo si è aggiudicato il secondo posto al Premio letterario internazionale Lilly Brogi La Pergola Arte 2019 XI Ed. di Firenze. In più è finalista al Premio Letterario Internazionale di Poesia e Narrativa Virgilio in Antica Atella II edizione 2019 di Frattaminore.
I romanzi di Margarone rientrano maggiormente in quelli di formazione, per via dell’evoluzione che fanno compiere ai protagonisti. Forte è la componente introspettiva e psicologica, nonché l’evocazione al neorealismo del ‘900 italiano, per cui il personaggio resta sempre e comunque l’elemento centrale delle narrazioni, che potrebbero essere quindi ambientate in qualunque luogo. Per questo, le descrizioni dei luoghi in cui i personaggi si muovono fungono essenzialmente da supporto, senza peraltro appesantire, ma concedendo la giusta enfasi.
Si nota nell’autore una spiccata attenzione verso la letteratura ottocentesca russa, francese e tedesca (in particolare, Dostoevskij, Proust, Goethe, Tolstoj, Prevost, Balzac per citarne alcuni); senza dimenticare i riferimenti al Novecento italiano, nelle figure, fra gli altri, di Svevo, Cassola, Calvino e Cesare Pavese.
E ascoltai solo me stesso
Michel Dubois viveva in una piccola casa sulle rive del PetitRhône, in Camargue, non lontano da Saintes-Maries-de-la-Mer. Era un uomo rude, di poche parole e trascorreva le giornate a lavorare nei suoi campi e a curare i suoi cavalli bianchi. Era molto geloso dei suoi cavalli, li chiamava per nome, ne aveva tre. Erano bellissimi. Non avrebbe scambiato l’amore per nessuna donna al posto dei suoi cavalli. Dubois odiava le donne e, in generale in apparenza, l’intero genere umano, almeno così dicevano in paese. Sosteneva che gli animali erano i veri abitanti della Terra perché, se si ammazzavano, lo facevano solo per istinto di sopravvivenza. Per questo raramente andava a Saintes-Maries-de-la-Mere e quando ci andava, ci stava lo stretto necessario per approvvigionarsi di ciò che gli necessitava, schivando coloro che pure lo conoscevano. Li schivava perché sapeva che parlavano male di lui. Ci andava con la sua vecchia e sgangherata Renault 4. La riempiva di roba e poi, mentre la sua auto ansimava dallo sforzo, tornava lentamente a casa. Il Dubois chi fosse lo sapevano tutti, ma nessuno lo conosceva veramente. Molti lo canzonavano per quella vita da semi eremita che conduceva, pur essendo a un passo dal paese e dal mare. Era come se lui vivesse sul costone ripido di una montagna, in compagnia della sua solitudine e dell’echeggiare del vento. Lassù, dove solo le aquile riescono ad arrivare vincendo le correnti delle altitudini. Poco si sapeva di lui, qualcuno pensava che non fosse neanche francese. Tuttavia, tutti lo consideravano un uomo pazzo e malvagio, fosco e gretto.
In E ascoltai solo me stesso, l’autore racconta di Jacques, un giovane della provincia francese, che durante il proprio percorso tardo adolescenziale conosce Michel Dubois, un anziano agricoltore di origine spagnola dal misterioso passato che vive un’esistenza solitaria nel sud della Francia, nei cui confronti la popolazione del paese nutre profondi preconcetti. In questa fase la vicenda umana di Jacques si arricchisce anche del rapporto sentimentale con la coetanea Josephine. Tali incontri, in un crescendo di subitanei colpi di scena, rappresenteranno per il protagonista dei naturali concetti paradigmatici della maturazione esistenziale, nonché una sorta di palingenesi, vista come rinascita spirituale e sociale non solo personale ma collettiva. E nel suo percorso, Jacques ascolterà solo e soltanto se stesso, sordo dei preconcetti che aleggiano nel suo paese, Saintes-Maries-de-la-Mer.
Di E ascoltai solo me stesso il celebre artista e poeta Enrico Marras ha scritto: “In questo nuovo romanzo di Giovanni Margarone, ambientato nella Francia del sud, il protagonista principale narra il suo profondo percorso introspettivo, denso delle problematicità adolescenziali e della sua precipua intenzione di seguire solo ciò che sente dentro se stesso, con l’intento di sfuggire a qualsiasi tipo di preconcetto.
Questo incontro rappresenta per l’autore Giovanni Margarone la palingenesi, vista come rinascita spirituale e sociale non solo personale ma collettiva, quasi un percorso catartico di redenzione magistralmente articolato dall’autore. Meritano un’analisi di estremo interesse storico i capitoli della narrazione autobiografica del secondo protagonista, in una sorta di condivisione simbiotica col principale, sugli atroci eventi che hanno contraddistinto la guerra civile spagnola (con la menzione alla città di Guernica e ai suoi avvenimenti tragici, proiettati in modo indelebile nella storia attraverso il capolavoro di Picasso) e il conseguente dramma dei profughi spagnoli antifranchisti, dei quali Michel faceva parte, in terra francese
Giovanni Margarone, alla sua quarta fatica letteraria, si rivela sempre più padrone delle sue storie muovendosi in uno stile attento a coniugare il contemporaneo con la lezione dei classici da lui amati, inquadrabili in particolare fra la seconda metà dell’Ottocento e il primo Novecento, dalla descrizione dei processi interiori individuabili in un’attenta analisi della cifra proustiana (“Recherche”) o all’evidente insondabilità umana di pirandelliana memoria. Margarone, in un susseguirsi d’intrecci narrativi, insegue i suoi personaggi sviluppandone l’essenza da diversi angoli di visuale, costringendoci ad affrontare la natura umana nei suoi aspetti più impenetrabili e controversi che, una volta scandagliati, raggiungono la salvifica consapevolezza del dubbio.