Il Laboratorio di Restauro Alberto Guarino, della Biblioteca Nazionale di Napoli, fu istituito nel 1977 come uno dei complessi staccati dell’ “Istituto di Patologi del Libro di Roma”.
Il laboratorio è intitolato ad Alberto Guarino, primo direttore del centro di restauro napoletano, colui che più di tutti si è adoperato affinché nella città partenopea fosse intrapreso un progetto per il ripristino degli scritti conservati negli archivi della biblioteca. Ad oggi è uno dei più importanti laboratori di restauro d’Europa. Volumi e Documenti appartenenti alla Biblioteca Nazionale di Napoli vengono qui difesi dall’usura del tempo.
Gli artigiani del libro si adoperano affinché questi scritti non vengano perduti. Il loro lavoro è richiesto sia in Italia che all’estero, anche per programmi di restauro di altre biblioteche e collezioni private. Durante gli anni di attività qui hanno avuto nuova vita molti dei manoscritti e documenti storici nazionali risalenti al periodo Borbonico e al Regno d’Italia.
Il laboratorio è addetto alla salvaguardia delle opere napoletane del poeta e scrittore Giacomo Leopardi e di tanti altri celebri scrittori nazionali e internazionali che hanno regalato a Napoli i loro lavori. Purtroppo negli ultimi anni i finanziamenti ministeriali per progetti e per il personale competente sono diminuiti notevolmente e la struttura si sostiene per lo più con i lavori commissionati da privati con le visite guidate di scolaresche. I dipendenti addetti lamentano una poca collaborazione con le università, le quali potrebbero incentivare progetti e garantire il ricambio generazionale di personale.
Proprio la mancanza di addetti qualificati potrebbe essere motivo che causerebbe la chiusura della struttura per la fine dell’anno 2020. Neanche il Ministero per i beni e le attività culturali ha lavorato affinché il laboratorio di restauro della Biblioteca Nazionale non chiuda: il MIBAC ad oggi non ha indetto alcun concorso per garantire nuovi artigiani che si occupino dei libri qui custoditi.
Gli ansiosi si addormentano contando le apocalissi zombie, edito da Rogas Edizioni è il romanzo d’esordio dell’autore italiano nato di origini bulgare, Alec Bogdanovic. Bogdanovic, nato a Sofia nel 1992, all’età di 6 anni si trasferisce a Roma con i suoi genitori adottivi. Dopo aver lavorato nell’editoria come traduttore ed editor, debutta nel 2020 come scrittore.
Con queste parole si apre la prefazione a cura della pagina facebook Persone che pubblicano canzoni impegnate e non ne capiscono il significato:
“Un giorno mi arriva un messaggio indirizzato alla casella di posta elettronica di una mia pagina Facebook: era l’autore del libro che mi inviava un estratto poiché aveva tratto ispirazione da un mio post. È incredibile come un pensiero scritto di getto e «sotto sforzo» possa ispirare l’ingegno altrui, ci ragiono spesso su questa cosa e sorrido, penso alle nostre azioni, positive e negative, penso ai loro effetti, inutili, risibili per noi che le compiamo ma che – magari – lasciano un segno inconsapevole nell’animo degli altri. Posso dirvi che nel libro non troverete le storie di un borghese annoiato alle prese con la crisi di mezza età, non troverete il borghese intento a urlarsi contro ‒ faccia a faccia – a tre centimetri dal volto della propria ex come in un film di Muccino e, questione di estremo rilievo, non vi imbatterete in quei «micro periodi» e punti perentori che tanto successo riscuotono nei social”
Gli ansiosi si addormentano contando le apocalissi zombie: Sinossi
“Gli ansiosi si addormentano contando le apocalissi zombie non ha nulla a che fare con la mia pagina Facebook– si legge ancora nella prefazione- «quel» post era solamente un trampolino di lancio .Questa è un’altra storia, forse la fine di un percorso intrapreso dall’autore e che ora volge al termine per intraprendere un nuovo inizio. Tutti voi, cari lettori, anche se non direttamente, potreste sentirvi coinvolti, toccati, potreste emozionarvi”:
Ho cominciato a soffrire d’insonnia all’età di sedici anni. Ricordo che tornavo a casa troppo stanco per studiare, così passavo la giornata a rimandare: dopo pranzo, dopo i Simpson, me lo studio la sera così si fissa meglio in testa. Però c’è un bel film, vabbè facciamo dopo il film. Dopo aver passato tutta la giornata così, arrivavo alla notte con gli occhi che non ce la facevano a star su, allora decidevo di mettermi la sveglia mezz’ora prima in modo da anestetizzare l’ansia e riuscire ad addormentarmi tranquillo col proposito che avrei studiato una volta sveglio. Quando mi svegliavo però la roba da studiare era troppa per mezz’ora, e alla fine mi limitavo a leggere solo i titoli dei capitoli, pensando che in caso di interrogazione avrei improvvisato. Pian piano però la mia amigdala cominciò a capire il trucco e decise che mezz’ora non era più sufficiente, diventò quindi un’ora, poi un’ora e mezza, poi due ore. Alla fine ero arrivato al paradosso di far suonare la sveglia ancor prima che riuscissi a prendere sonno. Fu allora che chiesi a mio padre di cambiare scuola, ma lui mi consigliò di ripetere il mantra «posso farcela, ce la farò». Inoltre, per darmi la carica, mi spiegò che gli ostacoli non si evitano ma si superano, e si produsse in qualcun altro di questi motivational che si trovano appesi alle pareti d’ufficio degli imbecilli o condivisi sulle bacheche Facebook di altrettanti imbecilli.
Cosa hanno in comune un primitivo fuoricorso, un personaggio di The Sims, un cinese troppo basso, Papa Francesco e Nadia Venticentesimi?
Contribuiscono tutti alla spirale discendente del protagonista, condannato alla continua ricerca di una dose di ossitocina. Dall’adolescenza all’età adulta Alec cerca con metodo e disciplina di liberarsi dalla depressione, toccando il fondo della miseria umana e diventando sfortunata cavia di se stesso.
La depressione è il male della nostra epoca. È la malattia più diffusa al mondo ed è la più temuta dopo il cancro, di però non si conosce ancora tutto. Il nostro anti-eroe ci si imbatte nell’adolescenza e cerca di liberarsene con la disciplina e il metodo di un ricercatore, peccato che la cavia da laboratorio sia lui stesso. Finirà così per autocondannarsi a un’interminabile escalation di sfortune e miserie umane: queste daranno corpo a un romanzo di formazione in cui tragedia e commedia si intersecano e fondono fino a diventare del tutto indistinguibili.
Gli ansiosi si addormentano contando le apocalissi zombie alterna sagace ironia a momenti di spietata verità, che non lascia indifferente il lettore quando si spoglia dell’assurdo e racconta il male della nostra epoca.
“Leggendo il libro di Alec ho incontrato uno spirito puro, la volontà di sfogarsi, di giungere a una catarsi col lettore che non porti, però, a giudizi di merito ma «solo» a una nuova consapevolezza dell’autore del proprio «io» di oggi e di ieri, senza velleità ma con amara lucidità– Questo mi basta per esortarvi a leggere, a cogliere l’essenza di un «piccolo» e prezioso manifesto generazionale, politicamente scorretto, che potrebbe restarvi nel cuore facendovi sorridere un po’” conclude l’autore della prefazione.
Un romanzo da leggere, che ci induce a riflettere su cosa è catalogabile come malattia e cosa invece rappresenta semplicemente ma anche drammaticamente una parte di noi in quanto essere umani e che, inevitabilmente, ci riporta alla mente Italo Svevo e la sua concezione di malattia.
Avrei voluto portarti sulla luna, ma ho trovato posto solo al lago, edito dal Gruppo Albatros Il Filo, è l’esordio letterario dell’autrice genovese Anita.
Anita è nata nel 1988 e vive a Genova. Grazie alla scrittura è riuscita ad affrontare paure e fragilità. Proprio per questo motivo nasce Anita, nome di fantasia che le ha permesso di liberarsi dalla convinzione di essere sbagliata, riconquistando se stessa.
Avrei voluto portarti sulla luna, ma ho trovato posto solo al lago: sinossi
Avrei voluto portarti sulla luna, ma ho trovato posto solo al lago è uscito nel 2020. Il romanzo, corredato dalla prefazione di Barbara Alberti, racconta di un amore drammaticamente meraviglioso.
Continuo a pensare incessantemente a quella mattina, a quando mi sono svegliata e la persona che più ho amato nella mia vita non era più accanto a me. Era andato via per sempre. La sera prima ho parlato con lui, gli ho detto quanto lo amavo, l’ho baciato, mi sono addormentata stringendo la sua mano e qualche ora dopo non ho più sentito il suo cuore. La notte passò velocemente. Troppo velocemente. Il suo battito era sempre più debole fino a quando si fermò di colpo. La mattina seguente ero abbracciata al suo corpo disteso, immobile, freddo. Ancora il suo profumo nell’aria ma lui non era più con me. Continuavo a guardare quella pelle sempre più bianca. Sono rientrata a casa dopo due giorni e le lenzuola conservavano ancora la sua sagoma, il suo corpo sembrava ancora sdraiato nel nostro letto. Lo sento ancora vicino, ma non c’è, mi manca l’aria e lui non è qui con me. Non mi basta percepire la sua presenza, io voglio il suo corpo, voglio vederlo. Mi ero illusa stupidamente di potermi abituare all’idea. Speravo con tutta me stessa che questo dolore atroce e terribile fosse meno soffocante, invece mi sento strappare il cuore, come se qualcuno mi prendesse a calci e non riuscissi a difendermi. Ho la terribile sensazione di avere la testa immersa in una vasca d’acqua ghiacciata senza poter tornare su e riprendere fiato. Mi sento soffocare, non riesco a respirare e lentamente sento il buio intorno a me. Un silenzio assordante, un ossimoro che spezza la mia anima, mi toglie la serenità, probabilmente anche la vita, due parole così diverse ma tanto esplicite da farmi tremare anima, mi toglie la serenità, probabilmente anche la vita, due parole così diverse ma tanto esplicite da farmi tremare.
Una donna che racconta un passato e un presente travagliati con una tenerezza e una fragilità in cui potersi rivedere e confrontare, un viaggio in un amore drammaticamente meraviglioso.
Anita e Agostino uniti da un destino che li dividerà, forse invidioso di un sentimento così travolgente e peccaminoso da scatenare contro di loro la morte: una tragedia che però non li fermerà, continuando a sopravvivere a emozioni come rabbia, odio e paura.
Agostino si è innamorato dello sguardo di Anita, Anita è stata conquistata dalla semplicità genuina di Agostino, ma dopo pochi mesi dall’inizio del loro sentimento vengono travolti dal dramma della malattia, un tumore cardiaco colpisce il giovane. La sentenza dei medici è drammatica: solo un trapianto lo potrà salvare.
Finalmente la chiamata tanto attesa arriva, ma la cattiva sorte non li abbandona: qualche giorno prima ad Anita, dopo aver accusato violenti episodi di difficoltà respiratoria, viene diagnosticato un tumore avanzato ai polmoni e consigliato di iniziare immediatamente le cure, ma lei si rifiuta di intraprendere le terapie per stare vicino ad Agostino, nella speranza di iniziare un percorso di guarigione a fianco del suo grande amore.
Durante gli screening di routine effettuati prima del trapianto i due innamorati si salutano, dandosi un addio silenzioso nella paura che durante l’intervento qualcosa possa andare storto, ma neanche un’ora dopo il cardiologo che avrebbe dovuto operare Agostino spiega ad Anita che, per colpa di un’incomprensione, la famiglia che aveva dato disponibilità per l’espianto degli organi ora non firmerà più il consenso, condannando così il giovane alla morte.
La coppia decide di passare le ultime ore di vita insieme, abbracciata in un letto d’ospedale per darsi un addio straziante agli occhi di tutti, anche del personale medico che nei mesi prima aveva conosciuto quell’amore viscerale e inspiegabile.
Anita ci porterà quindi nella descrizione angosciante di cosa vuol dire affrontare la morte di chi si ama facendone un racconto dettagliato e, circa un anno più tardi, straziata e sfinita dalla perdita dell’amato e dalla malattia che l’ha colpita, deciderà di anticipare la morte ricordando fino all’ultimo quell’uomo che l’ha salvata dalla paura e dalla solitudine, eternamente grata di aver vissuto un amore così totalitario e carnale.
Spaventata da ciò che non sa, si convince che dopo la morte inizierà una nuova vita, alla ricerca inconsapevole di un amore che saprà riconoscere, ritrovando così Agostino e quell’amore diviso da due corpi ma unito da due anime che si cercheranno per sempre.
Dalla penna di Anita ha preso vita una storia dalla grande carica emotiva. Un romanzo scevro dai toni sdolcinati tipici dei romanzi rosa. Un amore intenso e struggente che vive nel tempo, oltre la vita, oltre la morte ma anche una storia dove malattia e amore si fondono irrimediabilmente. Questi temi non sono di certo nuovi: Romeo e Giulietta ed Anna Karenina sono gli archetipi dell’amore eterno. Bianca come il latte e rossa come il sangue, Ad un metro da te e Colpa delle stelle invece quelli del connubio malattia-amore. Eppure il romanzo emana un’aura innovativa: Avrei voluto portarti sulla luna, ma ho trovato posto solo al lago rappresenta una doppia nascita: da una parte quella dell’opera stessa pagina dopo pagina e, dall’altra, quella di Anita, nome di fantasia che ha permesso all’autrice di liberarsi dalla convinzione di essere sbagliata, riconquistando se stessa.
“Questo libro – spiega la scrittrice – nasce quasi all’improvviso, mentre guardavo fuori dalla finestra ho sentito la necessità di mettere nero su bianco e descrivere i miei pensieri, le mie fantasie e, forse, anche le mie paure. La spinta è arrivata dalla voglia irrefrenabile di dare voce alle emozioni provate, regalando così un volto a tutto questo”.
Un viaggio che il lettore intraprende al fianco della protagonista. Un’opera profonda, ricca di pathos per chi la leggerà e colma di riscatto e catarsi per l’autrice, perché è proprio grazie alla scrittura se Anita è riuscita ad affrontare, appunto, paure e fragilità. E si auspica lo abbia fatto in modo non melenso e retorico, incentrando l’attenzione sul rapporto malattia-relazione d’amore.
Cronache quotidiane, edita da Les Flâneurs Edizioni, è l’ultima silloge poetica del giornalista barese Giuseppe di Matteo. A breve distanza da Frammenti di un precario, uscito nel 2019, di Matteo regala un nuovo scritto uscito il 18 maggio, quando ancora tutti erano rintanati a casa a causa della pandemia.
Cronache quotidiane: Sinossi
Cronache quotidiane consta di 147 componimenti, in forma di frammenti.
L’emergenza Coronavirus ci ha costretti a restare a casa e a cambiare radicalmente le nostre abitudini. In tanti, com’era prevedibile, hanno cominciato a rimpiangere la loro vita (e il mondo) di prima. Ma si stava davvero meglio? E in che modo la quarantena forzata ci ha cambiati? Giuseppe Di Matteo prova a entrare nelle viscere del Belpaese e a raccontare ciò che vede lasciandosi guidare dalla scia dei suoi frammenti, strumento di cui da tempo non riesce più a fare a meno. E già prima della fine del viaggio si materializza un inquietante interrogativo: ne usciremo davvero migliori?
La pandemia, il dramma che ne è scaturito, l’isolamento, sono solo le premesse dalle quali il giornalista parte per costruire la sua antologia poetica. Il filo su cui viene intessuto l’intera raccolta è quello ermetico: frammenti brevi, a volte crudi e severi, ma intrisi di significati. “La sua poesia rappresenta un ermetismo 2.0 dallo stile elegante, garantendo la continuità con la tradizione degli Ungaretti e dei Quasimodo” scrive Annibale Gagliani nella prefazione al libro.
Era l’Italiain cui non si usciva più.
Ogni tanto incontravo
un uomo in fuga
con la spesa della sua prigione.
Tutto andrà bene
come una preghiera
la mattina presto
e un bacio di caffè
sulla guancia del giornale.
alla poetessa autrice del primo post it “Tutto andrà bene”
Attaccata al tuo camice in trincea
è la vita di un pianto
e di un gioco da bambini
di tutti noi.
all’infermiera di Cremona, stremata dal sonno dei giusti, con riconoscenza
I versi sullo scrittore non sono circoscritti solo intorno a questo periodo storico. Leggendo la raccolta si ha l’impressione di guardare all’interno di un caleidoscopio. Come lo strumento ottico, anche Cronache quotidiane è un avvicendamento di luci, colori ed immagini diverse.
Tra le pagine ci si imbatte in riflessioni sul razzismo, morti sul lavoro, sfruttamento dei lavoratori, violenza, caporalato, migranti, ipocrisia di guarda ma non agisce e menefreghismo di chi governa. Virus altrettanto fatali per il nostro animo e nocivi per la nostra terra che ormai ospita creature inumane.
“Non cerca scorciatoie, Di Matteo: va dritto al centro del dolore, delle storie, dando voce agli invisibili, ai dimenticati, agli emarginati. La sua è una poesia civile. Dura, coraggiosa, necessaria. Giuseppe di Matteo non smette di essere cronista nelle sue vesti di poeta. Si immerge nell’attualità e ci offre il suo sguardo, attento, severo, dolce, spietato, sulle vicende di ogni giorno. Su questo tempo presente, in cui ci sentiamo tutti coinvolti e smarriti” scrive Darwin Pastorin nella postfazione
E quando si ha l’impressione di essere entrati in un vortice di pessimismo, degli spiragli di speranza si aprono al lettore, come la cura più efficace: la poesia:
Parlare con la carta
il mio rito più sano.
E poi fuggire
da un mondo che uccide
con parole di pietra
che hanno smarrito il confine.
Entrate in libreria
uno alla volta
e saccheggiatela
con quegli occhi di fame
che avete dimenticato.
la cultura;
Entrate in libreria
uno alla volta
e saccheggiatela
con quegli occhi di fame
che avete dimenticato.
e l’Amore:
Niente baci
abbracci, strette di mano
incontri nei luoghi affollati.
Su un lembo di terra
intanto si spara: l’Europa
si è ammalata. E non esiste
vaccino, se non l’Amore.
E come se lo scrittore nel mettere nero su bianco le sue riflessioni avesse soffiato sulla pagina regalando cristalli: pietre che ogni lettore raccoglierà e dove specchiandosi ritroverà un po’ di sé: “Non vi stancherete mai. Perché ci siete voi, ci siamo tutti noi in questi limpidi e taglienti versi. È questo il compito della poesia: raccontarci la vita in ogni suo spigolo, in ogni sua sfumatura, deve confortarci, essere arte maga, ma anche farci del male, colpirci alla bocca dello stomaco, nel cuore, deve lasciarci cicatrici per farci comprendere e rinascere” aggiunge Pastorin.
Di qua dal monte è un romanzo di Ugo Cirilli, scrittore toscano classe ’85, che vive in Versilia. Laureato in Psicologia Cognitiva
Applicata presso l’Università di Bologna, Cirilli si occupa di content writing per siti web e testate. Attualmente collabora con un’azienda della grande distribuzione organizzata e con il giornale web Toscana Today. Nel tempo libero si dedica alle sue passioni, in particolare alla lettura e alla scrittura. È autore di diversi romanzi, due dei quali editi: “Di qua dal monte”, disponibile gratuitamente sul sito web ugocirilli.it
e “Un accordo maggiore in sottofondo”, pubblicato dalle edizioni “Luci della notte” in formato cartaceo.
Ivan, giovane psicologo, viene contattato da Luca, un ragazzo tormentato dai dubbi legati a una scelta di lavoro. Ben presto la situazione si rivelerà molto più complicata: ad affliggere il paziente è un intreccio oscuro di problematiche, le cui radici affondano nell’ombra dell’interiorità più segreta.
Per Ivan, aiutare Luca significherà anche confrontarsi con una questione che ha sempre relegato in un angolo della mente: la fede religiosa. Fortunatamente, lo psicologo riceverà un aiuto insperato da parte di un singolare personaggio. Ambientato in una Versilia soleggiata all’avvicinarsi dell’estate, “Di qua dal monte” è quasi un giallo dell’anima, in cui le atmosfere primaverili e il mistero della psiche
creano un continuo gioco di chiaroscuri. La soluzione del caso sarà la ricerca di un nuovo equilibrio, da raggiungere collegando pochi indizi sfuggenti.
Il romanzo affronta il tema della fede religiosa in relazione alla psicologia che è una pseudoscienza e lo stesso titolo rimanda al celebre di discorso della montagna di Gesù, nonché al significato stesso di questa parola assunta come metafora della vita. Un monte da scalare, dalla cui sommità si possono capire le cose veramente importanti facendoci apparire problemi che prima sembravano indistricabili, lontani.
Un romanzo di formazione interiore dunque che si presenta come un giallo in quanto indaga sui “delitti” che avvengono nella nostra psiche.
Sì, si disse, siamo tutti di qua dal monte, senza poter vedere di là. Ma è questo che ci avvicina.
Ritorna in libreria, dopo tre anni di assenza, Anemone Ledger, autrice conosciuta soprattutto dal popolo del web appassionato del genere, con la rinnovata raccolta di racconti noir e horror dal titolo Il Sorpasso dell’ Irrealtà, edito dalla casa editrice napoletana Homo Scrivens. Anemone Ledger, giovanissima scrittrice campana, vive tra Roma e Caserta.
Già autrice del romanzo horror fiction “L’insana improvvisazione di Elia Vettorel”, pubblicato nel 2017, Anemone ha partecipato negli anni a diverse manifestazioni ed eventi regionali e nazionali, riscuotendo ampie approvazioni soprattutto tra i giovanissimi. Se pur ventunenne, annovera presenze al “TOHorror Film Fest’ di Torino nel 2016, di Ruggero Deodato e Davide Toffolo e fa parte dello staff della fiera partenopea “Ricomincio dai libri.”
Nel 2019 Anemone ha presentato numerosi artisti al “Napoli Horror Festival”, come Sergio Stivaletti. L’autrice si appassiona al genere Horror e Noir in giovanissima età , a soli 8 anni, collezionando classici di Edgar Allan Poe, Lovecraft e Stephen King. Attratta dalle immagini forti e ambientazioni cupe, utilizza la scrittura come mezzo per esorcizzare le sue paure più profonde. I sogni più inquieti e le emozioni più terrificanti sono il principale materiale per i suoi racconti. Ama definire la sua scrittura “Horror essenziale perché capace di produrre una catarsi in chi legge piuttosto che spaventare. Per quanto abbia fatto tentativi nel cimentarmi in altri generi, cercando di distanziarmi da questo, con i mie scritti, inevitabilmente e inconsciamente ci ritorno.”
Il nuovo lavoro Il Sorpasso dell’Irrealtà è essenzialmente il rifacimento di una primissima raccolta già pubblicata nel 2016. E’ il frutto, per l’autrice, di un percorso letterario evolutivo durato ben cinque anni, nei quali è riuscita a raggiungere una miglior consapevolezza stilistica e letteraria.
Sinossi
“Cos’è davvero la realtà? E quanto ci nasconde? L’Horror è la terra di una realtà altra, in cui la paura dei personaggi è affrontata attraverso pensieri mistici e eventi stranianti. In nove stralci di irrealtà – così l’autrice definisce i propri racconti – Anemone Ledger mette in crisi la psiche umana e ci mostra, con corredo di illustrazioni horror e contaminazioni noir come l’irrealtà possa alterare la vita quotidiana e realizzare un sorpasso sulla realtà effettiva delle cose, provocando lo stravolgimento completo di qualsiasi situazione stabile.”
La pubblicazione del romanzo è avvenuta il 2 Luglio 2020 e la presentazione ufficiale è stata fatta il 10 dello stesso mese, al cospetto dell’ editore napoletano nonché mentore dell’autrice, Aldo Putignano. Anemone è riuscita ad elaborare e modificare “stralci” già presenti, conferendo agli scritti maggiore maturità. Ad avvalorare i nove racconti, le 13 immagini prodotte da ben 12 illustratori ed artisti, si alternano all’interno del libro. Accattivante è sicuramente il disegno riportato sulla copertina , frutto dell’artista Francesca Terrieri, la quale è riuscita a rappresentare in un’immagine, le paure che Anemone Ledger utilizza e descrive nei suoi racconti.
La raccolta , dunque, rappresenta il primo traguardo importante nella carriera della giovane scrittrice, che si dice intenzionata a continuare e migliorare il suo personale percorso esplorativo nel mondo editoriale, prefiggendosi come obiettivo di entrare in contatto con i più grandi esponenti contemporanei di noir e horror. L’artificio narrativo – che gode di illustri precedenti letterari e cinematografici, primo tra tutti quello della Divina Commedia – di descrivere la follia anche nei bambini, comunemente considerati i “puri” e “buoni” incide positivamente sull’originalità della raccolta.
Quel poco che basta, edito da Intrecci Edizioni, è l’ultima pubblicazione di Samuela Pierucci. La scrittrice è originaria di un piccolo paese toscano, vive oggi a Sesto Fiorentino e lavora come anestesista all’Ospedale Careggi. La sua opera prima Vuoto fino all’orlo, edita dalla stessa Intrecci, risale al 2016.
“Siamo nati nel 2015, grazie alla volontà di Lucia Pasquini e alla sua passione per l’editoria e la letteratura. Il nostro team è composto da persone con esperienza decennale in questo settore. Proprio la nostra esperienza e il confronto con altre realtà editoriali ci ha portato ad elaborare un nuovo progetto, analizzando ciò che nel mondo editoriale non ci piaceva proprio. Da lì siamo partiti. Siamo un editore con idee nuove ma soprattutto con la voglia di ascoltare ciò che gli autori e in particolare i lettori hanno da dirci, perché ascoltandoli e coinvolgendoli potremo riuscire a cogliere tutta la forza che un libro può sprigionare”, così si presenta la casa editrice Intrecci Editori che ha pubblicato anche il secondo romanzo della scrittrice.
All’origine di Quel poco che basta c’è il credo “Tutto è collegato” – dalle microstorie alla macrostoria.
Quel poco che Basta: Sinossi
Quel poco che basta esce sul mercato editoriale il 17 Febbraio 2020.
Sono morto tre anni fa. Ricordo tutto perfettamente, tra l’altro. Non proprio i particolari precisi, a essere sincero, ma le circostanze sì, quelle le ho presenti. Era una ragazza esile, con la pelle chiara e giusto un’idea di abbronzatura. Correvano i primi giorni di maggio e cominciavano le giornate lunghe e calde. La primavera ronzava appesa a grappoli di glicine, nell’aria si stipavano vapori di insettucoli volanti. Il sole arrivava a mazzi, tagliente, tra le foglie nuove, con le ombre marcate della prima sera che ingigantivano tutto. La ragazza si chiamava Nada, ventitré anni precisi, portava uno zaino da montagna scuro, di quelli tecnici con gli spallacci imbottiti. Lo aveva comprato parecchi anni prima, ci aveva fatto svariati viaggi. Se lo era portato carico di vestiti di ricambio, poche cose per l’igiene personale e piccole porzioni di cibo, perlopiù barrette e frutta secca, oltre all’immancabile borraccia. Amava camminare in montagna. Era una sua precisa, pungente necessità. Quella volta, però, era tutto molto diverso.
Quel poco che basta è la tragica storia, raccontata in chiave ironica, dell’amore e del fallimento di due ragazzi in cerca del proprio posto nel mondo. Seba e Nada si lanciano in un progetto di vita sballato e inciampano nel destino. Le loro vicende personali, le loro scelte, in apparenza leggere, e i loro fragili sentimenti di giovani innamorati si rivelano strettamente intrecciati, loro malgrado, alla Storia con la s maiuscola. Quella dell’Undici Settembre che ha cambiato il volto del mondo e che contribuisce, in questa narrazione dall’impostazione teatrale, a mettere un prematuro punto al programma semi-rivoluzionario di due esistenze insoddisfacenti.
“Ho scritto questo libro in un momento non facile della mia vita. Presa da mille impegni, piena di dubbi su alcune scelte fatte, stanca. L’ho scritto di getto, è stato terapeutico e liberatorio. Ho riflettuto su un periodo passato, sui miei 23 anni, in cui tutto sembrava possibile benché talora doloroso e difficile da realizzare. Nel mese di Settembre del 2001 ero stata in Brasile per un mese di esperienza di volontariato: mi si era spalancato davanti un orizzonte nuovo, un ventaglio di possibilità. Volevo parlare di quel tumulto di emozioni e pensieri provato nei giorni in cui un altro tumulto scuoteva il mondo con il crollo delle Torri Gemelle, l’attacco all’Occidente con le sue paure globali. Volevo intrecciare esperienze vissute e immaginate, amore e morte, unione della storia raccontata sui libri e della storia che si vive ogni giorno” – ha dichiarato l’autrice.
Quel poco che basta tratta di temi molto cari alla scrittrice toscana: la fuga come possibilità, il libero arbitrio e la sua inscindibilità con il destino. Il titolo riprende un modo di dire stravolto conferendogli un significo diverso: non è quel tanto che basta, ma quel poco, ed in questa differenza sta il senso degli eventi narrati.
“Da amante del vino lo definirei un libro da meditazione: va letto lentamente, assaporato, va fatto scaldare. È un libro breve ma denso, a cui devo molto” Ha concluso Samuela Pierucci.
Gli Elettiè una delle collane proposta dalla casa editrice Alter Ego. Alter. La casa editrice è stata fondata nel 2012 a Viterbo da Danilo Bultrini e Luca Verduchi ed è specializzata nella pubblicazione di narrativa. Attiva inizialmente sul territorio della Tuscia e del Lazio, dal 2014 ha esteso il proprio raggio d’azione a tutta l’Italia, ed è distribuita a livello nazionale. Dal 2020 la casa editrice ha aperto alla pubblicazione di autori contemporanei stranieri.
I romanzi di Alter Ego raccontano gli uomini e le donne di oggi, noi, la nostra società. Particolare attenzione viene riservata al tema del “doppio”. Una ricerca sapientemente condotta attraverso le molteplici collane: Specchi, Spettri, Egonomia e Crocevia. Le prime contengono generi che spaziano dal romanzo di formazione al romanzo psicologico, passando attraverso il distopico e il romanzo umoristico, fino ad arrivare al giallo e al thriller. In Crocevia, invece, trovano spazio alcune proposte che si discostano dal resto del catalogo. Insomma, pubblicazioni dai mille sapori capaci di accattivare i gusti di qualsiasi lettore.
Oltre ad editare nuovi talenti la casa editrice, fin dalla sua fondazione, si è proposta di indagare nel panorama culturale internazionale riscoprendo le gemme dimenticate della letteratura. Da questo presupposto nasce gli Eletti: capolavori della letteratura italiana e internazionale in formato economico e tascabile. La collana valorizza i classici intramontabili del panorama letterario, riproponendoli in una veste completamente originale.
La grande attenzione alla cura editoriale del progetto – grazie alla consulenza letteraria di Dario Pontuale – la grafica ricercata e le traduzioni inedite rendono gli Eletti unici e collezionabili.
Nel catalogo sono presenti le Pietre Miliari, immancabili nelle librerie di un lettore, come Alice nel paese delle meraviglie, Attraverso lo specchio, La sirenetta e Canto di Natale. Ma non mancano le Gemme, perle dimenticate o introvabili dell’opera letteraria delle grandi penne del passato: I racconti di viaggio di Charles Dickens,La cucina futurista di Filippo Tommaso Marinetti e racconti di Guy De Maupassant,Robert L. Stevenson, Honoré de Balzac,Edgar Allan Poe, Luigi Capuana e tanti altri. Questo consente di far conoscere ai lettori, a partire dai giovanissimi, i grandi autori al di là dei loro romanzi più famosi.
Ad aggiungersi alla già ricca collana sono altri due titoli: L’informatore di Joseph Conrad e I morti di James Joyce.
Gli Eletti e le new entry: L’informatore di Conrad e I morti di Joyce
Fresco di pubblicazione, inserito nel catalogo, è l’Informatore di Joseph Conrad:
Ambientato nell’Inghilterra vittoriana del 1908 il racconto ha come sfondo il microcosmo dei circoli anarchici, di cui l’autore si prende sistematicamente gioco. Spie, doppiogiochisti, anarchici cinici, anarchici convinti e finti anarchici sono i protagonisti di questa commedia nera. Il narratore si trova così immerso nel racconto di una vicenda sporca, intricata, dove il signor X racconta dei suoi sforzi per scoprire l’identità del viscido delatore che si nasconde tra le fila di un gruppo di anarchici londinesi e che ne sabota sistematicamente i piani. Un racconto che parla di ideali traditi, di significati sfuggenti, di maschere e pose, della fine di un’era e dell’inizio di un’altra. Un racconto che si racconta da sé, fin dal titolo: L’informatore – un racconto ironico.
L’altra new entry è I morti di James Joyce.
In questo ultimo, breve e stupendo racconto della raccolta Gente di Dublino, e come in tutti i precedenti, i personaggi di James Joyce rinunciano ai sogni e alle illusioni. “Era venuto per lui il momento di andare a ovest”, scrive Joyce: dove si trova Michael Furey, dove si trovano i morti e il loro ricordo. Nel racconto i coniugi Gabriel e Gretta si rendono conto che il presente è inscindibile dal passato, così come i vivi sono inscindibili dai morti.
Accanto agli Eletti c’è anche Gli Eletti XL che vanta titoli come Con gli occhi chiusidi Federigo Tozzi, Il primo fuoco e altre novelle di Gabriele D’annunzio e le Lettere d’amore tra Guido Gozzanoe Amalia Guglielminetti.
La Casa editrice Alter ego è infinitamente sorprendete, nuovi progetti si stagliano all’orizzonte. Tante sono le novità di prossima pubblicazione: un testo di Pavese, un racconto Fitzgerald, una selezione di racconti di Lovecrafte la raccolta di racconti popolari Nani e folletti dell’antropologa Maria Savi Lopez.
Un appuntamento importante è fissato a settembre 2020 per la collana di narrativa contemporanea straniera. In arrivo il primo titolo di un’autrice canadese, pluripremiata e mai tradotta in Italia, dedicato alla vita di Emily Dickinson.
Proprio la citazione della Dickinson “A tutti è dovuto il mattino, ad alcuni la notte. A solo pochi Eletti, la luce dell’aurora“ è stata scelta dalla casa editrice Alter ego per presentare al pubblico la loro nuova collana.