C’era grande attesa attorno all’esordio di The Young Pope, prima serie tv scritta e diretta interamente dal Premio Oscar Paolo Sorrentino. Attesa che, a giudicare dai primi due episodi trasmessi ieri sera su Sky, è stata ampiamente ripagata dagli ottimi ascolti. Di notevole e immediato coinvolgimento l’impatto visivo – grazie anche alla fotografia di Luca Bigazzi – , con i proverbiali ‘fellinismi’ entrati ormai in pianta stabile nella cifra stilistica di Sorrentino, e la sceneggiatura, esaltata da un buon ritmo complessivo e da dialoghi mai banali.
Ma la principale ‘attrazione’ di questo debutto non poteva che essere il protagonista, Lenny Belardo (Pio XIII), interpretato da un monumentale Jude Law, che condivide carisma da tutti i pori. Lenny è un giovane cardinale americano dal passato tormentato – i genitori in tenera età lo avevano abbandonato in orfanotrofio – e che vive con una certa inquietudine il suo personale rapporto con la fede; tuttavia, evidentemente per ragioni politiche, viene eletto papa dal collegio cardinalizio. Ma è proprio in Vaticano che, contrariamente a quanto avevano previsto i ‘manovratori’, Lenny dimostrerà una convincente riluttanza a farsi comandare.
A farne immediatamente le spese sarà il cardinale Segretario di Stato Voiello, interpretato dal formidabile Silvio Orlando, che a causa delle ‘stravaganze’, per così dire, del nuovo pontefice, vedrà il suo potere subire una verticale dequotazione. Due sono gli aspetti che hanno colpito maggiormente in questi primi episodi, e riguardano entrambi il protagonista, oltre alla sua giovane età, si intende: le sue ‘bizzarrie’, appunto, che vanno dal suo vizio del fumo alla non curanza dei bilanci del Vaticano opponendosi fermamente all’utilizzo della propria immagine per finalità di merchandising, passando per il poco piacere per il cibo e la decisone di far vigilare il segretario da Suor Mary (Diane Keaton), una suora di cui Lenny si fida perché l’ha cresciuto e aiutato a farlo diventare papa; e la tensione che dipinge sui volti dei suoi interlocutori ogni volta che sta per parlare o porre delle domande, che sono quasi sempre indiscrete. Tensione che ha raggiunto il picco massimo alla fine del secondo episodio, quando Pio XIII, dopo essersi rifiutato di leggere un testo ‘equilibrato’ confezionatogli ad arte da Voiello, decide di optare, per la sua prima omelia, per un testo scritto di suo pugno a dir poco destabilizzante, che recita con grande trasporto in una Piazza San Pietro gremita di fedeli, per l’occasione accorsi di sera per volere di Belardo stesso.

Sarà che in quel discorso emergeranno imperiose tutte le sue inquietudini ataviche, sarà che anche lo spettatore non può restare totalmente indifferente a quelle parole ‘rivoluzionarie’, ma sta di fatto che The Young Pope si è presentata come meglio non poteva: un prodotto di elevata qualità che ha tutte le carte in regola per tenerci incollati allo schermo per altri otto episodi, facendoci anche riflettere sul problema della fede. Che non è mai tempo perso.