Luca Colombo, classe 1986, di Borgomanero, ha esordito non molto tempo fa con il suo primo romanzo Caccia al morto uscito per Graphofeel Edizioni quest’anno che immerge il lettore nel mondo mondo ironico e tenace dell’autore.
Abbiamo deciso di parlare ancora di Luca Colombo e questa volta abbiamo fatto una chiacchierata sui suoi gusti letterari, sul protagonista del suo libro e sui valori, attesi o disattesi, che dovrebbe avere il raccontare e, ovviamente lo scrivere.
Luca Colombo ama e si ispira a scrittori come Pirandello, Morante, Orwell, Rodari, sebbene sia stato il grande cantautore Fabrizio De André a farlo inamorare della parola.
1. Quali sono suoi scrittori preferiti? Quelli che le hanno cambiato la vita e che probabilmente la hanno maggiormente influenzato.
Il mio autore preferito è senza dubbio Pirandello. Tra i favoriti ci sono poi Morante, Orwell e Rodari. Devo però confessare che è stato De André a farmi innamorare della parola. E ciò la dice lunga su cosa penso del premio Nobel assegnato a un cantautore.
2. Con quali aggettivi descriverebbe il suo libro se ne avesse a disposizione solo sei?
Grottesco, surreale, deforme, vivace, insolito, bislacco.
3. Quanto c’è della sua esperienza di scrittore nella singolare vicenda di Filippo?
Vorrei rispondere nulla, ma sarei bugiardo. Chiaramente non ho mai avuto che fare con un’impresa funebre, ma le difficoltà che incontra Filippo come scrittore rimandano a quelle vissute da me in prima persona e, credo, a quelle vissute dalla maggior parte degli aspiranti scrittori.
4. Questo libro è il suo esordio quanto è stato difficile scriverlo? È riuscito a scriverlo
proprio come lo aveva immaginato?
Caccia al morto è un libro elastico, scritto di getto. Altri scritti (antecedenti) hanno richiesto più tempo. Ma non appartengo alla categoria di scrittori che – beati loro – sanno tratteggiare l’intera architettura di un libro ancor prima di aver cominciato a scriverlo.
5. Raccontare è un po’ come un incantesimo che agisce sullo scorrere del tempo, in un’epoca in cui la rapidità è un valore che importanza ha per lei l’indugiare e quanta importanza ha avuto nella scrittura del suo libro?
La rapidità è un valore perché dà accesso a piaceri immediati e schietti, per questo non la disprezzo. L’indugiare, invece, veicola piaceri più temperati, robusti, duraturi. Come ho già detto, Caccia al morto è un libro scattante, ma in generale concepisco una scrittura pigra, oziosa, che si alza dalla poltrona solo per appuntare una frase caustica e inesorabile.
6. Spesso le storie vere hanno un vantaggio sulla fiction, possono non finire mai, possono arrivare dove mai si penserebbe, non trova? Pensa che la scrittura di questa storia riesca a riprodurre l’effetto labirintico della realtà?
I reality show sono la più grande finzione che sia mai apparsa alla tv, ma anche il telegiornale che seguiamo per informarci è una totale finzione: tenta di riprodurre in maniera fedele la realtà, ma in quanto riproduzione è solo un’altra forma di neorealismo. Cinema, letteratura e teatro ci raccontano storie di un vissuto che conosciamo ma che da soli, a volte, non siamo in grado di comprendere; e per aiutarci a comprendere allestiscono una finzione appunto, un’allegoria. In Caccia al morto ho inscenato la caricatura di un’impresa funebre, portando all’ eccesso una serie di dinamiche. L’ho fatto perché individuo nel paradosso lo strumento migliore per rappresentare la realtà che ci circonda.