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Il vascello di Ishtar

‘Il vascello di Ishtar’ di Abraham Merritt: l’uomo che trova gioia in una dimensione fantasy

Nelle ultime pagine di Mito e realtà, il celebre antropologo rumeno Mircea Eliade constatava la sopravvivenza di strutture mitiche nell’immaginario e nel contegno imposti alla collettività dai moderni mass-media (cinema, fumetti, romanzi di avventura): personaggi che presentavano la versione moderna di eroi mitologici o folkloristici incarnavano a tal punto l’ideale di una gran parte della società che gli eventuali “ritocchi” apportati alle loro figure provocavano vere crisi nei lettori e negli spettatori. A proposito di fantastico, segnaliamo la recente riedizione de Il vascello di Ishtar, una delle fiabe più vivaci e fantasiose di Abraham Merritt, apparsa per la prima volta nel 1924 sulle pagine della rivista americana Argosy, come narrazione seriale in sei episodi; questi ultimi furono poi raccolti in un unico volume pubblicato nel 1926, in una forma abbreviata, cancellando alcuni capitoli e riordinando il testo. Ad essere riproposta oggi dall’editore Il Palindromo è la prima versione del romanzo, pubblicata a puntate, con una nuova traduzione di Giuseppe Aguanno. Inoltre, viene rilanciata l’introduzione di Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco all’edizione del 1978, con l’aggiunta di un glossario mitologico. In appendice, troviamo le splendide illustrazioni realizzate da Virgil Finlay, apparse sui pulp magazine dell’epoca, un saggio di Andrea Scarabelli, un’approfondita biografia dell’autore a cura di Maria Ceraso e un’aggiornata bibliografia italiana.

Nelle prime pagine del racconto incontriamo John Kenton, un ricco archeologo americano appena rientrato a New York dalla Grande Guerra, il quale osserva – con un misto di ammirazione e inquietudine – un oggetto inviatogli da un amico e collega: si tratta di un blocco di pietra scolpito con una scrittura cuneiforme, recentemente rinvenuto negli scavi presso le sabbie dell’antica Babilonia, finanziati dallo stesso Kenton. Il protagonista non ha difficoltà a decifrare quei segni, a lui così familiari, e ad appurare che il contenuto del messaggio è indirizzato alla dea Ishtar. Poco dopo, la roccia si sbriciola e a disvelarsi è un modellino di vascello splendidamente ornato di gemme intagliate; Kenton viene trascinato di colpo sopra un vascello “reale”, del quale il cimelio altro non era che un magnifico emblema.
Il lettore scopre, dunque, che il vascello si agita in mari lontani, percorrendo nuove dimensioni, presidiato dai malvagi discepoli di Nergal, dio babilonese dei morti, e dalle sacerdotesse della dea della fertilità babilonese, Ishtar. La superficie del bastimento è rivestita per metà di avorio e per metà di ebano, simbolo di una lotta infinita tra i due poli; una barriera invisibile impedisce che le due parti entrino in contatto tra loro, e in questa condizione hanno solcato gli abissi per non si sa quanto tempo, in un mondo parallelo “congelato” da millenni, da quando il modellino era stato incassato nella pietra. Nella sezione inferiore, gli schiavi rematori sono incatenati ai banchi.

Sembra che parecchi secoli addietro un sacerdote di Nergal e una sacerdotessa di Ishtar si fossero resi colpevoli del peccato di innamorarsi e riuscirono a fuggire da quel vascello grazie al potere immortalante dell’amore; quell’eterna crociera, dunque, rappresentava la punizione inflitta dagli dèi. Lasciati indietro, gli altri sacerdoti, sacerdotesse e servitori dei numi, guidati da Sharane e Klaneth, proseguivano il conflitto. Kenton si ritrova coinvolto in questa incredibile lotta; avvertito da Sharane, viene a conoscenza che è in suo potere rompere l’equilibrio, perché a differenza degli altri abitatori della nave può attraversare il confine nel mezzo. Non essendo un uomo di quel tempo e di quel luogo, non è assoggettato alla maledizione degli dèi e può muoversi liberamente avanti e indietro tra i due lati della nave. Innamorato della bella Sharane, si offre per andare presso Klaneth, sacerdote di Nergal, tentando di trovare una soluzione per porre fine alle ostilità. Temporaneamente schiavo nella metà oscura della nave, Kenton lascia dietro di sé dubbi e paure, e decide di conquistare il grande vascello e il cuore di Sharane. In questa missione, ottiene alleati che avevano giurato fedeltà a Nergal, ma desiderano ora liberarsene, e guadagna un accanito compagno di lotta nel vichingo Sigurd, lo schiavo incatenato sui remi accanto a lui.
Durante l’avventura che ne segue, Kenton torna spesso alla realtà del suo appartamento newyorkese, ma ogni volta trova quel suo “vecchio” mondo sempre più distante rispetto a quello del vascello di Ishtar e Nergal. Desidera disperatamente di evadere ancora, nonostante il timore e il presagio di dover morire e la sofferenza e gli infortuni che subisce ripetutamente. La sua insoddisfazione per la vita “ordinaria” è in contrasto con la travolgente nostalgia di ripiombare in una dimensione fantastica, dove può soddisfare le sue passioni per l’amore e la lotta. Alla fine, prende il controllo della nave e si getta all’inseguimento di Nergal dopo il rapimento di Sharane.

Il romanzo delinea una straordinaria impresa di immaginazione, per la quale fornirono sicura ispirazione gli scavi di Uruk – città del culto di Ishtar – iniziati nel 1912 e l’opera fantasiosa di Henry Rider Haggard, in cui Ayesha, sacerdotessa di Iside, riceve una punizione eterna per le sue vicissitudini amorose. Abraham Merritt merita di essere considerato uno dei grandi maestri della fantasia e – tra le altre cose – dimostra una notevole comprensione delle civiltà antiche, che non si limita ad una superficiale antropologia da cattedra universitaria. I suoi lavori sono in gran parte sconosciuti ai giovani di oggi, nonostante il fatto che egli sia stato probabilmente il più famoso scrittore di fantascienza prima della seconda guerra mondiale. Sicuramente non giovò alla sua notorietà la prematura morte che lo colse per infarto nel 1943, mentre il filone letterario da lui creato non svanì del tutto, anche se – negli anni successivi – prevalsero per lo più gli appelli all’evasione e il sensazionalismo.

Il Vascello di Ishtar esemplifica un tipo di personaggio comune nell’inventiva pulp – un uomo, soffocato e svalutato nel mondo moderno, che trova gioia e realizzazione in una dimensione fantasy, meno “tecnologica” e “civilizzata”, dove le sue virtù possono essere integralmente dispiegate. Insoddisfatto della vita abituale, Kenton è un reduce di guerra che aveva lavorato come archeologo, ma ormai trova sempre meno interesse per le sue normali attività; l’inatteso arrivo di uno strano blocco di pietra da uno scavo in Medioriente costituisce un mezzo di fuga nell’oltre-mondo. Kenton simboleggia il modo in cui l’uomo moderno, la sua natura primordiale soffocata dalle esigenze della civilizzazione, può trovare appagamento – attraverso la piena soddisfazione degli ancestrali istinti di sensualità e conflitto.

About Annalina Grasso

Giornalista, social media manager e blogger campana. Laureata in lettere e filologia, master in arte. Amo il cinema, l'arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Collaboro con L'Identità, exlibris e Sharing TV

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