Breaking News
Home / Segnalazioni libri / ‘Amore negli Stati Vaticani’, il romanzo storico-giallo di Diomede Milillo
Amore

‘Amore negli Stati Vaticani’, il romanzo storico-giallo di Diomede Milillo

Il pensiero reazionario conosce la sua compiuta manifestazione intellettuale nella prima metà del XIX secolo. Di “reazione” in termini filosofici e politici si comincia a parlare durante la Rivoluzione francese, quando essa diviene sinonimo di controrivoluzione. La carica reazionaria del tradizionalismo filosofico è in primo luogo, e pressoché esclusivamente, un rabbioso rigetto degli ideali dell’Illuminismo che ruotano attorno a quattro concetti di fondo: individuo, ragione, natura e progresso. La critica a questi ideali fa tutt’uno con la condanna senza appello della loro concreta espressione storico-rivoluzionaria. Nei più diversi campi, dalle scienze naturali alla filosofia morale, “reazione” diventa la risposta a una stimolazione, a un’alterazione di stato, a una rottura di equilibrio o combinazione di elementi.

Amore

Nel nuovo libro dell’ex top manager Diomede Milillo, Amore negli Stati Vaticani, pubblicato da Il Seme Bianco, emerge tale assunto: C’è nella Rivoluzione francese un carattere satanico che la distingue da tutto quello che si è visto fino a quel momento. I discorsi di Robespierre contro il sacerdozio, la solenne apostasia dei preti, la profanazione degli oggetti di culto, l’inaugurazione del culto della dea Ragione: tutto ciò esce dall’ambito ordinario del crimine e sembra appartenere a un altro mondo. E, nello stesso tempo in cui la rivoluzione si è assopita, i maggiori eccessi sono scomparsi, ma i principi sono rimasti.

Dalle più grandi istituzioni che hanno segnato la storia fino alla più piccola organizzazione sociale, dall’impero fino alla confraternita, tutte hanno una base divina, e la potenza umana, ogni volta che se ne è distaccata, non ha potuto dare alle sue opere che un’esistenza effimera e fasulla.

Se le nostre moderne costituzioni devono anche alla Francia degli anni immediatamente successivi alla rivoluzione l’idea stessa di una Carta costituzionale scritta come legge fondamentale dello Stato, il pensiero controrivoluzionario – cui il movimento del tradizionalismo francese appartiene – esalta l’idea di un ordinamento frutto della tradizione storica, dove la permanenza di antichi retaggi e costumi non è che il segno tangibile di un assetto sociale e politico di stampo feudale, con le sue gerarchie, i suoi privilegi, le sue “libertà”. La lotta al razionalismo “astratto” del pensiero illuministico, prima, e rivoluzionario, poi, e l’attaccamento al mondo feudale (fondato sulle istituzioni naturali, a partire dall’autorità paterna fino a quella religiosa, passando attraverso il potere del monarca e del ceto della nobiltà e dell’alto clero) prendono le forme dell’organicismo politico, una concezione secondo la quale una comunità è un organismo vivente, la cui messa in forma è compito della Provvidenza che agisce tramite il suo inviato, il monarca, che assume le caratteristiche del pontefice.[1]

È esattamente questa la cornice storica e politica entro la quale Diomede Milillo inserisce le vicende del suo romanzo.

La Restaurazione in Italia non fu una reazione ma una terza edizione del dispotismo illuminato, indebolito moralmente, intellettualmente e praticamente. Indebolito moralmente perché le riforme settecentesche ebbero l’appoggio morale entusiastico del fior fiore della cultura militante italiana, e il dispotismo illuminato napoleonico, se incontrò l’opposizione liberale e democratica del Foscolo e dell’Angeloni, trovò in Cuoco e Romagnoli coloro che seppero dargli ancora una brillante formula giustificativa, ma il dispotismo illuminato della Restaurazione fu considerato dalla cultura militante italiana come un’imposizione estera.[2]

Dalla Restaurazione, la Chiesa cattolica, nella sua dimensione giuridico-istituzionale, si identificò prevalentemente nelle posizioni delle gerarchie ecclesiastiche, e in primo luogo della Santa Sede. La crescente spinta verso una prospettiva interiore nell’approccio alla religione doveva essere respinta nel nuovo contesto post-rivoluzionario come una forma di individualismo religioso, analogo al protestantesimo, che finiva per minare non solo la dimensione comunitaria della Chiesa e l’influenza delle gerarchie ecclesiastiche, ma anche la stessa obbedienza nei confronti delle autorità politiche. Già con Pio VII si ebbe la proposta dello Stato pontificio come visibile modello di organizzazione statuale in cui si era realizzata una compiuta restaurazione.[3] Leone XII, poi, si impegnerà molto nella valorizzazione dei più importanti siti archeologici romani, dei resti delle basiliche paleocristiane e di quant’altro nella Diocesi di Pietro sia in grado di dimostrare la millenaria presenza del cristianesimo. Così pure, in un breve periodo, egli svilupperà una vera e propria opera di restaurazione dell’autorità sovrana sulla capitale e sulle province rimodellando l’intero assetto amministrativo impostato dal Consalvi, segretario di Stato con Pio VII, durante quella che fu la restaurazione in senso classico nel decennio precedente il pontificato leonino. Con Leone XII la città di Roma velocemente recupera il suo ruolo di centro della cristianità e di faro di un nuova cultura che voleva tornare a leggere le testimonianze del passato per ricavarne energie nuove per l’avvenire.[4] Eppure il pontificato di Leone XII è sempre stato visto come uno dei periodi più oscuri della storia della Chiesa, durante i quali il papa era visto alla stregua di un semplice esecutore delle volontà dei cardinali zelanti e della cancelleria viennese.

Ed è proprio all’ombra di questi misteri e intrighi che si sviluppa il romanzo giallo di Milillo, lungo i “bui” corridoi dello Stato Vaticano.

Il dispotismo successivo al Congresso di Vienna fu molto diverso da quello settecentesco. Esso divenne reazionario, cercando cioè di reagire ai cambiamenti introdotti dalla rivoluzione francese, combattendoli e rifacendosi a un quadro di valori tradizionali. L’aristocrazia, un tempo élite delle monarchie europee, passò a rappresentare i resti di un mondo ormai superato, fatto di privilegi e disuguaglianza. La lettura reazionaria della rivoluzione francese fu affidata a Joseph de Maistre, che vedeva nel cristianesimo l’ultimo baluardo contro la diffusione delle idee atee e illuministiche e nella rivoluzione un castigo voluto da Dio per punire la Francia del suo malefico clima intellettuale.  Il diffondersi in tutta Europa di un clima poliziesco e di repressione di idee contrarie alla restaurazione favorì la nascita e la diffusione di moltissime società segrete. Al concetto di nazione venuto fuori dalla rivoluzione francese si affiancò un secondo e differente concetto di popolo-nazione, nato in Germania dal pensiero di autori quali Johann Gottfried Herder: esso faceva riferimento a un’unità assoluta e inscindibile di territorio, lingua, razza, costumi e religione. Si tratta della concezione che più influenzò la temperie culturale che caratterizzò l’Ottocento europeo: il romanticismo.[5]

Nobiltà e clero guardavano con livore ai moti rivoluzionari e ai loro promotori, considerati dei miscredenti, dei sovversivi. In effetti l’ordine che essi volevano “sovvertire” era proprio quello che questi volevano, al contrario, “restaurare”. Una condizione politica e sociale carica di tensioni che va a costituire  la tela su cui Milillo ha intessuto la sua trama, modellando i personaggi in base al loro ceto di appartenenza. Persone per le quali il mantenimento dello status quo, e dei relativi privilegi che ne conseguivano, aveva maggiore importanza delle libertà e dei diritti altrui.

Leone XII fin da giovane si era messo in luce, oltre che per le doti intellettuali e per l’origine sociale, per certe qualità che, pur rimanendo in un ambiente ovattato e presumibilmente sensibile alla trascendenza come quello della capitale del cattolicesimo, non erano passate inosservate: qualità come la solennità della figura, la fierezza del portamento, l’eleganze innata e la bellezza dei tratti fisici. Si narra che Stendhal avrebbe insinuato che proprio Annibale della Genga, futuro papa Leone XII, non sempre aveva saputo resistere alle seduzioni alle quali veniva esposto da questa sua qualità. Di buon grado coltivava il piacere della vita di società e delle conversazioni salottiere, nel corso delle quali i suoi modi aristocratici accentuavano agli occhi del pubblico presente, e a quanto sembra soprattutto di quello femminile più volte ricordato nella sua corrispondenza privata, il fascino di un personaggio che, come lui, non si privava mai del piacere di stimolarne curiosità e frivolezze.[6]

Anche a Monaldo, protagonista del libro di Milillo, piace lasciarsi stimolare da dette curiosità e frivolezze.

Ancora oggi, nella Chiesa cattolica romana l’amore tra un prete e una donna è severamente vietato. Non sempre però, oggi come in passato, la promessa del celibato viene rispettata e spesso nascono amori proibiti e relazioni clandestine. Di fronte al bivio “o la donna o il sacerdozio” alcuni scelgono l’amore per la propria compagna, riconoscendole un ruolo fondamentale nella loro vita, altri non si sentono pronti a rinunciare alla vocazione e, pur di continuare a esercitare il ministero sacerdotale, sono disposti a vivere in segreto la propria sessualità e le relazioni sentimentali.[7]

Quella combattuta dalla Chiesa contro l’incontinenza e il concubinato clericale è ed è stata una lunga e aspra battaglia: le sue radici affondano nell’esaltazione della verginità, condizione preferibile al matrimonio secondo gli scritti patristici che contribuirono a costruire la separazione tra sacro e profano.[8]

Anche se da un punto di vista fenomenologico il celibato potrebbe venire analogato alla continenza, alla castità, all’astinenza sessuale, alla rinuncia o all’impossibilità a contrarre matrimonio, a una condizione sociale, irreversibile o transitoria, di celibe/nubile, a situazioni psicopatologiche di sessuofobia o di altre condizioni morbose, antropologicamente se ne diversifica in modo sostanziale. Non è facile intendere il celibato né da un punto di vista umano né tanto meno da un punto di vista delle scienze del comportamento. Per un cristiano cattolico, celibato vuol dire celibato apostolico. Significa essere come Gesù.[9]

In quel mondo claustrofobico, chiuso, autoritario e tutto maschile che è il clero cattolico tornerebbe molto utile comprendere quale sia realmente la natura del legame tra il sesso e la formazione clericale, indagare sul motivo per cui i membri del clero sono, nei confronti del sesso, tanto disinteressati in pubblico quanto ossessionati in privato, chiarire se per caso sia proprio quella della sessualità una delle chiavi per comprendere la natura dell’istituzione millenaria che li ha con molta cura allevati e forgiati.[10]

Per certo quella della sessualità è stata una “chiave di indagine” utilizzata da Milillo per raccontare i personaggi, in particolare il protagonista, e il loro agire.

 

[1]U. Eco, Storia della Civiltà Europea, EncycloMedia Publishers, 2014 (L’Ottocento – Filosofia, vol.64).

[2]G. Santoncini, Appunti per una bibliografia critica sulla seconda Restaurazione pontificia, in Proposte e ricerche, fascicolo 32 (1/1994).

[3]G. Vian, La Chiesa cattolica dalla Restaurazione e Francesco, in G. Vian, (a cura di): Alessandro barbero Gustavo Corni, Storia dell’Europa e del Mediterraneo, vol. 14, Salerno, Roma, 2017.

[4]G. Piccinini (a cura di), Il pontificato di Leone XII. Restaurazione e riforme nel governo della Chiesa e dello Stato, Atti del Convegno, Genga, 1 ottobre 2011.

[5]F. Benigno, L’età moderna. Dalla scoperta dell’America alla Restaurazione, Laterza, Bari, 2005.

[6]G. Monsagrati, Leone XII, papa, in Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 64 (2005), Treccani100.

[7]A. Fiore, Uomini proibiti (documentario), Maxman Coop Società Cooperativa, Italia, 2015.

[8]S.T. Salvi, Diabolo Suadente. Celibato, matrimonio e concubinato dei chierici tra riforma e controriforma, Giuffré Editore, Milano, 2018.

[9]F. Poterzio, L’espressione celibaria dell’affettività, Pontificia Università della Santa Croce – Centro di Formazione Sacerdotale.

[10]M. Marzano, La casta dei casti. I preti, il sesso e l’amore, Bompiani, Milano, 2021.

About Loredana Galgano

Grande appassionata di Letteratura e Geografia Umana. Ama leggere e viaggiare. Ha scritto alcuni romanzi e diverse poesie. Si occupa di recensioni, valutazioni, editing, correzioni e ripetizioni oltre che della propria famiglia e dei propri figli.

Check Also

Lo scultore di uragani

‘Lo scultore di uragani’. L’esordio narrativo di Carlo Tortarolo

Un libro di rottura. Un alibi, un oltraggio al pensiero unico, che esplora quelle verità delle quali è troppo rischioso parlare per primi. L’hanno già scritto altri, alibi perfetto. Dal 18 aprile sarà in libreria la raccolta di racconti Lo scultore di uragani, l’esordio narrativo di Carlo Tortarolo (Coniglio Editore, 2025, pp. 192, € 17,50), con prefazione di Gian Paolo Serino