I tre gemelli imperfetti di Enrico Casartelli è un romanzo che guarda alle grandi saghe familiari, in particolare della letteratura americana. La storia si svolge tra le città di Pisa e Como, in Italia, e New York, Boston e Southampton negli Stati Uniti. Una vicenda che rimanda il lettore alla narrazione di Singer ne La famiglia Karnowski: un affresco familiare che viene narrato attraverso le vicende quotidiane di tre diverse generazioni.
Nel libro di Casartelli la generazione “parlante” è quella dei figli, i tre gemelli che vivono, o meglio cercano di sopravvivere, con una grande ombra a oscurare il loro cuore. La tragica morte dei genitori e l’alone di mistero che la circonda ha condizionato non poco le loro esistenze. La tenacia di Sara porterà i tre a una sorta di rinascita, ingenerata dalla consapevolezza della verità svelata, ristabilendo ordine equilibrio e benessere economico all’intera famiglia, esattamente come accade per Georg Karnowski, il quale incarna il vertice di un percorso di integrazione e ascesa sociale. Percorso poi vanificato dall’indole distruttiva del nipote. Nel libro di Casartelli sarà invece il destino a decidere, ancora una volta, l’interruzione di un percorso appena iniziato.
Il romanzo di Casartelli, anche per le contenute dimensioni, non rientra pienamente nei canoni del genere ma lo ricorda per i tratti caratterizzanti la vicenda e i suoi protagonisti.
Leggendo il libro si configura l’idea che l’autore abbia voluto, raccontando la storia familiare dei Riva, rappresentare un percorso privilegiato per parlare d’altro. Una tendenza che aiuta a meglio comprendere le ragioni di un ritorno del romanzo di famiglia nel panorama letterario italiano del XXI secolo.
In psicoanalisi si definisce romanzo famigliare dei genitori l’insieme delle finzioni che sostengono le ricomposizioni e i malfunzionamenti famigliari di oggi a vantaggio della genitorialità scelta. I figli hanno la tendenza a immaginare genitori diversi, a ricomporre la loro famiglia. Un po’ quello che è accaduto a Giorgio, Enrico e Sara i quali per anni non hanno mai neanche parlato apertamente tra di loro di quanto accaduto ai genitori, alzando dei muri dietro i quali ognuno ha “inventato” le proprie ragioni. Una apparente normalità fortemente voluta per dissimulare la finzione che ha generato un dualismo nelle loro vite, spezzandole. Svelato il mistero sulla morte dei genitori, i tre gemelli possono fare i conti anche con il resto delle loro esistenze, tormentate da incertezze, paure, indecisioni, finzioni e paradossi. In particolare, risulta interessante la figura di Enrico, detto Chicco. Un ragazzo che, contrariamente ai fratelli, non ha compiuto un percorso di studi completo, non ha un ruolo sociale elevato, preferendo lavorare il minimo indispensabile nell’officina dello zio e immaginandosi una vita diversa, alternativa, grazie alla complicità del web e dei social. Posta foto ritoccate o scattate ad uopo per far sembrare, sui social, di essere un benestante che vive a City Life e guida macchine sportive lussuose quando, in realtà, vive in provincia e va in giro con un vecchio motorino.
Questo è un aspetto che invita il lettore a meglio riflettere su quella che è la società oggi. Piuttosto che separare e contrapporre, i media moderni hanno tentato di rendere sempre più flebile la linea di demarcazione tra realtà e rappresentazione, con l’intento di innestare la dimensione immaginaria all’interno di quella materiale. Fin quasi a sostituirla. Ormai tutti sembrano avere una vita perfetta. Ma solo sui social. Chicco ne è un esempio lampante. Solo il ritorno alla vita reale, però, gli restituirà quell’equilibrio necessario a far funzionare la sua esistenza, quella vera.
Enrico sembra aver utilizzato la sua vita social immaginata come rifugio per paure e delusioni di quella reale, esattamente come Giorgio e Sara i quali, pur non trovando un approdo virtuale, hanno egualmente costruito una barriera intorno a sé stessi a protezione di quei sentimenti, di quel dolore che tanto li spaventava.
Sono diversi i temi che Casartelli affronta nel libro, a tratti sembrano esserci anche dei riferimenti a recenti fatti di cronaca che potrebbero, in qualche modo, aver ispirato l’autore in alcuni punti della vicenda, eppure ciò che maggiormente risalta agli occhi del lettore è il costante e pressoché invariato tono narrativo. L’intreccio è molto fitto, gli accadimenti numerosi eppure il ritmo della narrazione rimane, dall’inizio alla fine, ancorato a una modalità che potrebbe essere definita slow motion. Non ci sono scenografici coupe de theatre, litigi violenti o aggressioni verbali o fisiche, i protagonisti mantengono sempre un atteggiamento misto tra l’educazione e la rassegnazione eppure gli accadimenti in più occasioni li mettono a dura prova. Contribuisce a ciò anche lo stile di scrittura adottato dall’autore con un fraseggio breve, dialoghi concisi, riflessioni laconiche e puntuali. Il tutto articolato in numerosi capitoli molto corti, modulati quasi come scene o atti di una rappresentazione teatrale.
Del resto Erving Goffman stesso ha indicato la vita come una rappresentazione teatrale, riprendendo posizioni che già sono state di Shakespeare e Pirandello. In nessun momento di una rappresentazione teatrale il pubblico si convincerà che quella sul palco sia la vita reale eppure osservando la “messa in scena” degli attori esso non potrà non riflettere su quanto di reale vi sia. Egualmente il lettore de I tre gemelli imperfetti in nessun momento penserà che quella sia una storia “vera” eppure sarà proprio la multivalenza degli individui rappresentati che le donerà l’autenticità del realismo che il lettore si aspetta.