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La donna che visse due volte

Temi e stile in “Vertigo”, di A. Hitchcock

Nel 1958 Alfred Hitchcock, all’acme della sua carriera e già consacrato come uno dei registi più amati di sempre di Hollywood, poco prima dei successi mondiali come Intrigo Internazionale (1959), Psycho (1960), Gli Uccelli (1963) e Marnie (1964), dirige un film poco acclamato dalla critica sul momento, ma rivalutato soltanto in seguito, fino ad entrare nel 1998 nella classifica dei cento migliori film statunitensi di tutti i tempi; si tratta di Vertigo. La donna che visse due volte, tra i film più sperimentali e visionari del maestro del brivido, ritornato al cinema lo scorso anno in alta definizione. Il film, un mix di thriller psicologico, poliziesco e melodramma, è stato prodotto dalla Paramount e diretto dal grande regista basandosi sul romanzo D’entre les morts (1954), scritto da Thomas Narcejac e  da Pierre Boileau.

La trama, “ossessionata” dalla teoria dell’eterno ritorno, si articola in due sezioni ben delineate, secondo uno schema di narrazione che, riprendendo il titolo Vertigo, segue uno svolgimento ciclico, come fosse una spirale. Il tema della vertigine è centrale sia nella storia, infatti il protagonista Scottie Ferguson, (James Stewart), soffre di acrofobia, sia nei dettagli, nell’acconciatura a ricciolo di Madeleine Elster (Kim Novak), sia nelle tecniche di ripresa, per l’utilizzo di una pratica innovativa per quei tempi usando una carrellata avanti e uno zoom indietro per simulare la vertigine del protagonista. La trama parla di un poliziotto in pensione, Scottie Ferguson, costretto a dare le dimissioni a causa di un trauma ricevuto durante un’indagine, che gli ha procurato il disturbo di cui soffre, l’acrofobia. Decide di ritirarsi a vita privata ma un vecchio amico, Gavin Elster, lo assume per una missione personale: pedinare sua moglie Madeleine. La donna, secondo il marito, sarebbe posseduta dal fantasma di una sua antenata, Carlotta Valdes, che si suicidò a 26 anni.

Il signor Elster, temendo per l’incolumità della moglie e intuendo dai suoi strani comportamenti che potrebbe fare del male a sé stessa, chiede in via confidenziale a Scottie di condurre un’indagine segreta. Madeleine compie sistematicamente ogni giorno una serie di azioni apparentemente insensate, sotto lo sguardo attento e invisibile della sua guardia del corpo. Ogni giorno va a comprare un mazzolino di fiori, sempre gli stessi, e va a far visita alla tomba della sua antenata. Dopodiché, si reca alla pinacoteca e siede di fronte a un quadro, sempre lo stesso, osservando l’immagine dipinta. La donna del quadro è Carlotta Valdes. Infine va in un piccolo hotel e trascorre qualche ora chiusa in una delle camere, completamente sola. A fine giornata torna a casa e dimentica quasi del tutto i suoi spostamenti. Scottie segue il mistero dapprima con scetticismo, poi con curiosità, infine con morbosa ossessione, dettata anche dai sentimenti che comincia a nutrire per la donna. Un giorno la salva da un tentato suicidio nella baia di San Francisco e per la prima volta fa conoscenza diretta della donna. Da quel momento i due cominciano a vedersi di nascosto e Scottie cerca di dipanare la matassa del mistero di cui Madeleine sembra sia vittima, si fa raccontare i suoi incubi e la convince a seguirlo nel luogo che tanto la ossessiona, pochi chilometri fuori San Francisco, alla missione di San Giovanni Battista. La donna, appena arrivata lì, corre preda di una strana frenesia su per le scale della torre, per poi gettarsi dal campanile. Scottie non riesce a seguirla fino in cima a causa delle vertigini.

La prima parte del film si conclude qui, con il processo che stabilisce ufficialmente il suicidio di Madeleine Elster per infermità mentale e si conclude anche la componente sovrannaturale della storia. La seconda parte comincia mesi dopo: Scottie,  preda del senso di colpa e di una forte depressione, si rinchiude in una clinica psichiatrica. Appena ne esce incontra per strada una ragazza che somiglia molto a Madeleine e la segue fino all’hotel dove vive. La donna dice di chiamarsi Judy Barton e di essere una commessa, stabilitasi a San Francisco da tre anni. Secondo un’espediente narrativo a questo punto della vicenda viene svelato allo spettatore la soluzione dell’enigma in una scena che nel libro originario non era presente, ovvero  quello in cui Judy scrive una lettera a Scottie, che poi straccerà, in cui gli rivela di essere Madeleine, o meglio una donna assunta dal signor Elster per fingersi sua moglie, in modo tale da ingannare Scottie e renderlo testimone inconsapevole dell’omicidio della vera moglie di Elster, sapientemente camuffato da suicidio.

Quel giorno Judy salì le scale della torre e si incontrò con il signor Elster che lanciò la vera moglie dal campanile. Era certo che Scottie, a causa del suo problema di acrofobia, non sarebbe riuscito ad arrivare fino in cima. La scena della rivelazione fu in dubbio fino alla fine, ma poi fu inserita dal produttore Barney Balaban, capo della Paramount. Scottie,  ossessionato dal ricordo della donna amata comincia una relazione malata con Judy, costringendola a vestirsi e pettinarsi come lei. Ma è solo quando le vede al collo il ciondolo di Carlotta Valdes che capisce che Judy in realtà è Madeleine. Così la porta alla vecchia missione spagnola per costringerla a confessare. Il film termina con la caduta accidentale di Judy giù dal campanile (Hitchcock lascia fare alla natura), nella scena conclusiva della narrazione ciclica cominciata nella prima parte della trama. I temi trattati e gli elementi di fondo sono il marchio di fabbrica delle opere di Alfred Hitchcock: l’ossessione, nella prima parte quella di Madeleine per Carlotta Valdes e nella seconda quella di Scottie per Madeleine; il feticismo, in cui sfocia l’ossessione di Scottie per la donna amata, facendo indossare a Judy lo stesso tailleur grigio di Madeleine e costringendola a tingersi i capelli; il quadro nel quadro, quello di Carlotta Valdes alla pinacoteca chiuso nella cornice immaginaria della ripresa, tecnica già usata dal regista in Rebecca- La prima moglie (1940); la sensualità e il mistero incarnati da una femme fatale bionda:  Kim Novak in Vertigo e Janet Leigh in Psycho .

Anche la città di San Francisco è una componente che contribuisce allo svolgimento della trama, e a suggestionare lo spettatore, con le sue strade diritte e sconfinate, in salita e poi in discesa, creando un gioco di linee e di rimandi alle altre tematiche, come quella del labirinto, del tema del doppio, grazie alla presenza di specchi e del sogno, come la scena degli incubi di cui soffre Scottie, che sottolineano il suo disagio psichico e la sua ambiguità morale (che del resto appartiene anche alla protagonista), attraverso una carrellata di primi piani su sfondi accesi, colorati, dipinti da linee a spirale e ritmo incalzante.

Nel 1959, Vertigo ha avuto due nomination agli Oscar: per la Migliore Scenografia e per il Miglior Sonoro.

About Ornella De Luca

Mi chiamo Ornella De Luca e sono nata il 26 Maggio 1991 a Messina. Sono laureata in 'Editoria e giornalismo', e oltre che per '900 letterario scrivo sul mio blog ornelladelucabooks.wordpress.com/. Sogno di fare la scrittrice e ho anche pubblicato un romanzo per l'Onirica Edizioni: 'La consistenza del bianco'.

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