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Dacia Maraini
© CRISTIANO LARUFFA/ LAPRESSE 12-06-2003 ROMA CULTURA LA SCRITTRICE DACIA MARAINI RITRATTA ALLA CASA DELLE LETTERATURE

Dacia Maraini: da un tempo all’altro della memoria

Il lungo e travagliato percorso che, a partire dal XIX secolo, ha portato alla progressiva emancipazione sociale delle donne, culminato con la” rivoluzione femminista” degli anni Sessanta-Settanta del Novecento, comprende anche il graduale incremento delle presenze femminili nel panorama letterario del secondo Novecento . Quelle femminili sono opere di riflessione teorica o d’impegno sociale (denuncia, ironia, simbolo), quasi sempre soluzioni orientate al taglio autobiografico ,organizzato secondo prospettive lontane dal modello maschile. “Le ideologie sono quasi tutte scomparse. Non ci resta che la prassi. Rimboccarsi le maniche e fare qualcosa per gli altri. Che importa se siano donne o detenuti, o malati di mente, o senza casa, o immigrati? Sono ai margini di un mondo che ci interpella. Da piccola mi mettevo sempre dalla parte di chi subiva un’ ingiustizia”. Chi parla è Dacia Maraini una delle autrici più amate dei nostri giorni già pubblicista impegnata, autrice di poesie, regista di cinema e teatro negli anni Sessanta e dopo il Sessantotto narratrice e poeta di tipo militante.

“In Sicilia, dove ero nata. La fame e la povertà continuavano a perseguitarci. Papà fece perfino il fotografo per poter campare. La famiglia di mia madre, un tempo ricca, con questo nonno straordinario e sognatore – Enrico Alliata – ci rovinò economicamente. Cosa mi aspettavo? Non lo so. I miei si separarono. Fosco tornò a Roma ai suoi studi di orientalistica. Restai con mia madre. Otto anni a Palermo. Alla fine decisi di raggiungere mio padre a Roma, dove viveva in un miserabile appartamento di piazza Bologna”. L’attività di Dacia Maraini è intensa e multiforme; il centro della sua scrittura è sempre la condizione femminile , ma questo tema affrontato con ottiche e tecniche diversissime: dai ricordi autobiografici che riprendono il modello dell’autocoscienza femminista al teatro sperimentale, dai romanzi di ambientazione contemporanea (“Voci”) a quelli del primo Novecento (“Isolina”) a Marianna Ucria che è addirittura ambientato nel Settecento. Quindi si va da un massimo a un minimo di provocazione tecnica, dal frammento che punta alla mimesi della tradizione orale come unica forma letteraria concessa all’espressività femminile nei secoli di donne in guerra al racconto convenzionale, strutturato in modo organico di Marianna Ucria.

La parola nelle poesie di Donne mie del 1974 si appiattisce nel suo valore essenziale, gnomico, è volutamente disadorna, aderente alla fisicità, alla materialità, sceglie quasi un grado zero di espressività; invece la prosa di Marianna Ucria che pure ha per protagonista una sordomuta è ricca di sfumature, perché vuol rendere un doppio punto di vista, quello della società storica che si muove, agisce parla di e per Marianna e quello di Marianna, che riflette in silenzio e comunica con due canali fisici, concreti, la pagina scritta e l’atteggiarsi del corpo.

Per anni Dacia Maraini ha raccolto le parole degli altri. Scrivere allora è stato un bisogno insopprimibile. Poi è diventato amore. Capacità di cogliere gli odori, i colori, i sapori: «la luce della Sicilia, la neve del Giappone […] la foglia del tè, un biscotto al burro, una cipolla, l’odore, il sapore». In Non chiedermi quando, romanzo per Dacia emerge il mondo di una donna libera e forte con tanta voglia di agire e generosa proprio come in “Donne senza paura”: <<Donne mie che siete pigre, angosciate, impaurite, sappiate che se volete diventare persone e non oggetti, dovete fare subito una guerra dolorosa e gioiosa, non contro gli uomini, ma contro voi stesse che vi cavate gli occhi con le dita per non vedere le ingiustizie che vi fanno>>.

Memorie di una ladra del 1973 (Bompiani, Fratelli Fabbri Editori), nasce da un’inchiesta sulle carceri femminili da Trieste a Palermo che portò l’autrice all’incontro con il mondo di Teresa attraverso cui scaturisce un ritratto della società italiana nei primi anni Settanta. «Dunque tu sei soprattutto una scrittrice realista», scrive Alberto Moravia nell’Introduzione sotto forma di lettera a La vacanza di Dacia Maraini. Ma la nuova realtà dell’Italia rapidamente modernizzata non si è riflessa nella letteratura solo in modi realistici. Fin dagli anni Cinquanta, attraverso l’opera di Calvino, si è manifestata una vena narrativa che affronta questioni attuali in chiave favolistica e simbolica, riprendendo i modi del romanzo filosofico settecentesco o ispirandosi alla fantascienza; la tendenza a riferirsi alla realtà attraverso fantasie, simboli, allegorie, è presente nella produzione di Moravia successiva al 1960 e in vari scrittori di quei decenni.

Negli anni Settanta la Maraini si impegna in prima fila per rivendicare i diritti delle donne, diritti troppo spesso negati e violati. Nei suoi racconti la satira ispirata al femminismo si serve di deformazioni grottesche che rompono i limiti della rappresentazione realistica come nel racconto apparso nella raccolta Mio marito del 1968 ispirata ai temi della riflessione femminista. Il racconto infatti è un apologo satirico sul mammismo; l’atteggiamento protettivo della madre crea un rapporto viscerale di dipendenza reciproca e mantiene l’uomo in una condizione comicamente infantile. Le donne che racconta nei versi di Donne mie (1974), si potrebbe dire, sono le madri dei “ragazzi di vita” di Pasolini, donne ai margini , donne in guerra , donna schierata da sempre in difesa dei diritti delle donne nella società e nel mondo della cultura, portavoce delle problematiche femministe negli anni più duri della contestazione. Estremamente esemplificative sono le pagine finali di Donna in guerra: «Ora sono sola e ho tutto da ricominciare”. Dacia Maraini è una voce consapevole che attinge in dimensioni spesso confessati del suo vissuto per prorompere dalle sue parole con energia e spesso con ricaduta civile mai monolitica e immobile espressione di se stessa.

I dettagli quotidiani e la memoria costituiscono il fulcro della sua produzione letteraria. Ricordare è un’arte, è restituire vita. “La coscienza, in Agostino come in Bergson, è la memoria. La memoria personale si mette in collegamento con la memoria collettiva. Entrambe devono incrociarsi attraverso la lettura”. La descrizione riveste un ruolo centrale all’interno della macchina narrativa della Maraini. La sua è un’attenzione di antica data nella convinzione che anche l’oggetto più umile può essere letto come un libro, e che il descrivere con esattezza può servire a capire qualcosa in più non solo del mondo, ma anche di se stessi. La sua è una scrittura acuta, precisa, e al tempo stessa fluida, ininterrotta, avvolgente. Efficace interprete dei costumi e del tempo , riesce però sempre ad affrancarsi dal mero descrittivismo, trovando la parola fluida che fa da ponte fra il piano del reale e l’orizzonte mentale
Dacia fa rivivere con il ricordo il padre Fosco bellissimo fotografo e straordinario viaggiatore, e Topazia madre aristocratica ma povera.

Ne Il treno dell’ultima notte, romanzo a carattere storico, l’autrice racconta l’olocausto e la guerra visti dagli occhi di uno straordinario personaggio femminile ,aspirante giornalista alla ricerca di Emanuele, l’amico di infanzia disperso ad Auschwitz. Al termine della guerra, la Maraini rientra in Italia con i familiari per stabilirsi dapprima a Bagheria, in Sicilia, presso i nonni materni. Successivamente vive a Roma, dove dall’inizio degli anni Sessanta comincia a dedicarsi alla narrativa e incontra Alberto Moravia, romanziere già affermato che sarà il suo compagno fino al 1983. Sempre negli anni Sessanta la Maraini sviluppa un forte interesse anche per la drammaturgia che la porterà nel 1973 a fondare il Teatro della Maddalena, tutto al femminile, e a comporre più di trenta opere teatrali, tra cui una celebre Maria Stuarda.
«Ieri come oggi, avere coraggio, dice Dacia Maraini, significa per una donna pensare e scegliere con la propria testa, anche attraverso un silenzio nutrito di idee>> in occasione della presentazione del suo libro Chiara d’Assisi. Elogio della disobbedienza.

«Il ricordo è una pianticella da coltivare, crea il cittadino consapevole e non passivo come vuole il mercato. È una resistenza culturale”. (D. Maraini)

 

Fonti: http://www.daciamaraini.com/bibliografia.shtml

 

About Prof.ssa Maria Allo

Poetessa e traduttrice siciliana. Laureata in Lettere classiche, insegna nei Licei. Mi occupo di Islamistica e di Nuove professioni educative. All'attivo diverse pubblicazioni antologiche, quattro sillogi di poesia e “Talenti di donna “ (Onirica edizioni), un progetto di Gloria Gaetano sull’identità femminile, una proposta di scoperta e di approfondimento in ipotesi di seminari di formazione per le donne realizzato da un gruppo di lavoro al femminile. Attraverso lo strumento del digitale, le frequentazioni poetiche, storico e letterarie, soprattutto quelle poetiche, si manifestano, a partire dal blog “Nugae11”o nei siti dove sono ospitata. Alcune mie poesie sono state lette e commentate su Rai Notte nelle trasmissioni “Inconscio, magia e psiche”e su Cinque stelle del prof. Gabriele La Porta.

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