Che cos’è la teoria gender? Esiste davvero o è, come alcuni anticattolici pensano, un’allucinazione della Chiesa per combattere un nemico che non c’è? La teoria del genere esiste eccome e sostiene la convinzione, priva di scientificità, che ogni uomo è libero di scegliere cosa può diventare nel mondo. Più nello specifico, la sua libertà è legata alla distinzione tra cosa siamo alla nascita e cosa diventiamo poi, e si batte contro un processo tassonomico di educazione alla differenza in atto da secoli.
Alle origini della teoria gender
La teoria gender è nata negli anni Cinquanta e da pensiero filosofico attualmente è passata ad essere proposta politica, i cui fondatori sono individuabili in Alfred Kinsey, autore della Relazione sul comportamento sessuale degli americani, e il sessuologo John Money, discepolo di Kinsey, entrambi accaniti sostenitori della pedofilia. Il dottor Money elaborò una teoria secondo cui il sesso biologico di nascita non conta, ma ogni bambino può essere cresciuto indifferentemente come maschio o femmina, ma i suoi studi vennero smentiti dal tragico caso di Bruce, bambino da lui fatto crescere come una bambina, che si tolse la vita. Negli anni del 1960 la femminista Judith Butler teorizzò il sesso fluido o queer: l’uomo può essere davvero libero se ha la capacità di autodeterminarsi, di riservarsi una continua ridefinizione dell’identità sessuale. Altre tappe fondamentali per la teoria gender sono quelle dei Gay and Lesbian Studies, sino ad arrivare ai 58 generi diversi o ai 23 generi ufficialmente riconosciuti dall’Australian human rights commission. Esistono poi centri come il Nordic Gender Institute, per sostenere l’ideologia di genere, acutamente criticato dal documentario girato dal comico norvegese Harald Meldal Eia. La teoria gender dunque non è affatto frutto di un’allucinazione della Chiesa come purtroppo pensano i cattofobi.
Il genere è una sovrastruttura culturale?
La teoria gender sostiene perciò che ogni individuo è libero dalle convenzioni, per cui qualcuno potrebbe dirgli sei uomo mentre lui si sentirà sempre e solo una donna al di là dei suoi connotati. Ma perché si parla proprio ora di questa teoria e cosa ne verrà fuori? Nel passato l’impostazione patriarcale della famiglia e delle società ha fatto sì che ogni uomo rispettasse anche con vigore la sua collocazione, il posto a lui “assegnato”. Così si potevano distinguere bene uomini e donne, e in un angolino in disparte e negletti stavano gli omosessuali, i transessuali. Oggi questa teoria è arrivata a sostenere che non si può decidere cosa sia un uomo prima della sua nascita, o comunque, l’essere uomini è una scelta, una sovrastruttura culturale, come l’esser donna. Questo perché non sussiste una categorizzazione che vincoli gli individui ad identificarsi in un’ imposizione. Il fattore biologico che ha condannato la donna per secoli ad essere sottomessa è stato sconfitto, ma non del tutto ancora. Tuttavia oggi con assoluta fermezza possiamo dire che tra uomo e donna non c’è alcuna discrepanza, né rapporto di sussistenza o subordinazione. La donna è come e volte più dell’uomo. La donna è, l’uomo è. Punto. Per tale motivo la scelta del proprio genere alla domanda: chi sei? diviene un diritto naturale intoccabile. Alt. C’è la chiesa cattolica, la non fautrice della teoria che ovviamente la combatte, e l’Italia più di altri paesi e baluardo di una tradizione secolare che pone i diritti confessionali al disopra di ogni altra rivendicazione. In sintesi, da una parte sono schierati i cattolici convinti che la vita sia prima della vita; ovvero si nasce e dal quel momento l’uomo esiste già come essere pensante e vivente quindi non può decidere cosa sarà, ma è già al momento in cui la madre lo mette al mondo, presa di posizione che si rifà alla corrente filosofica dell’essenzialismo. Dall’altra parte invece si trovano i difensori dell’esistenzialismo: cioè ogni singolo nasce soltanto dopo la sua venuta al mondo. Ovviamente l’universo cattolico si è subito accanito contro i sostenitori della teoria gender e oggi esiste molta confusione anche nella comunità LGBT. Perché un conto è dire che ogni singolo ha il “diritto” di non sentirsi a proprio agio con il proprio sesso biologico, con la propria anatomia, che non coincide con la sua psicologia, un altro è farne un caso politico, propaganda a partire dalle scuole, cercando di indottrinare dei bambini (pochi anni fa in Germania due coniugi sono stati addirittura incarcerati per quaranta giorni perché la figlia, iscritta alle scuole elementari, si era rifiutata di partecipare ai corsi di educazione sessuale previsti dall’istituto, e sei bambini si sono sentiti male dopo che in classe erano state mostrate loro immagini esplicite a sfondo sessuale, nell’ambito di un progetto di educazione alla “diversità di genere”), esaltazione, cercando come al solito nemici nella Chiesa o nei cosiddetti moralisti e denigrando chi la pensa diversamente in nome della formula vuota “i tempi cambiano”. A ciò però si aggiunge un’analisi puramente “clinica” del transgenderismo e del transessualismo e vi sono pareri discordanti con il pensiero politicamente corretto che vuole questi fenomeni frutto di una scelta; alcuni psichiatri come il dottor McHugh hanno affermato che il transessualismo è un “disturbo mentale”, di “presupposizione” che merita trattamento e che il cambiamento di sesso è “biologicamente impossibile”. McHugh ha anche citato un nuovo studio in cui si mostra che il tasso di suicidi tra le persone transgender che si sono sottoposte ad intervento chirurgico di riassegnazione è 20 volte superiore al tasso di suicidi tra le persone non transgender, in paesi, come quelli del nord Europa, gay e transfriendly. Inoltre gli psichiatri che hanno osato mettere in discussione la “normalità” del transgenderismo sono stati messi alla gogna mediatica; della serie c’è posto solo per il pensiero unico.
Tra propaganda e poteri forti
Tuttavia le teoria sulla creazione dell’uomo senza identità suscita reazioni anche nel mondo laico o comunque conservatore, fedele ad una visione tradizionale dell’individuo, inteso come entità in cui caratteri biologici e identità di genere non sono divisi ma sono causa e conseguenza l’uno dell’altro. Alla base del confronto tra queste due differenti visioni dell’individuo vi sono due diverse concezioni dell’esistenza, due diverse filosofie. L’ideologia, in fondo, non è che una personale o collettiva interpretazione di una filosofia. Ma a chi giova questa propaganda? Cosa si nasconde dietro questa pericolosa teoria? Proviamo a fare i “conti in tasca” ad una delle più potenti ed influenti lobby del mondo: dalla Goldman Sachs a George Soros, da JPMorgan alla Rockefeller Foudation, questi i nomi di alcuni poteri finanziari ai quali certamente non dispiace la genderizzazione del mondo. Di recente, ha fatto ha fatto molto discutere negli USA l’atteggiamento tenuto da alcune grandi fondazioni bancarie come Goldman Sachs e JP Morgan che hanno pubblicamente festeggiato alla decisione della Corte Suprema USA favorevole alla legalizzazione dei matrimoni omosessuali. Il miliardario filantropo ebreo George Soros, a capo di “Human Right Watch” e “Amnesty International”, con altri miliardari come Jeff Bezos di Amazon e Bill Gates, ha donato milioni di dollari ai comitati pro-matrimoni gay negli Stati Uniti, toccando anche molti deputati del Partito Repubblicano (il cui elettorato è per il 90% contrario ai matrimoni gay).
Bisogna però chiarire che molti omosessuali sono a loro volta contro la teoria gender, ritenendola portatrice di discriminazioni. Insomma l’ideologia di genere sembra essere un valido “strumento”, che alcuni poteri forti sono pronti ad utilizzare per scopi che vanno oltre le rivendicazioni delle persone dello stesso sesso, ma che mirano, con buona pace di chi pensa che si tratti di ridicolo complottismo, a manipolare la natura stessa dell’uomo, allo scopo di generare un “uomo nuovo”, liberandolo della sua “vecchia” identità, rendendolo più debole, e di conseguenza una società sempre più nevrotica, narcisista, infantile, incapace di riconoscere ciò che è bene e ciò che è male, consumistica che scambia le proprie ossessioni, i propri desideri, le proprie confusioni per diritti. Non meraviglierebbe in questo senso se si arriveranno a considerare anche da noi la pedofilia e l’incesto orientamenti sessuali “normali”, da promuovere, in virtù dell’assenza di differenze, in virtù di un’egualitarismo becero il cui vessillo sventola su ogni individualismo meschino che ne rivendica il trionfo.
L’uomo del futuro sarà davvero un “modello unico”, manifesto del Capitale, del liberismo selvaggio e del relativismo radicale? Relativismo già sostenuto qui in Italia, da Antonio Gramsci nella sua Egemonia Culturale, le cui idee stanno alla base della teoria gender, modificate poi dalla Scuola di Francoforte. E questo sarebbe progressismo? Progressismo non vuol dire sviluppo, come sosteneva il non certamente ultracattolico Pierpaolo Pasolini. Ma poi, se i due sessi non hanno nulla di specifico da rivendicare ma sono intercambiabili, allora possiamo mandare a benedire anni e anni di contestazioni femministe per rivendicare un ruolo proprio per le donne.