Il viaggio della speranza. Penso di nuovo a quelle parole che mi sono cadute negli occhi, per caso. Penso a Pietro. La speranza appartiene ai figli. Noi adulti abbiamo già sperato, e quasi sempre abbiamo perso.
Ci sono storie che ascoltiamo di continuo, per quanto drammatiche e moralmente scomode, altre invece che la stampa, il tempo e il corso della Storia hanno contribuito a mettere da parte. Sappiamo tutto o quasi del dramma della Shoah, degli orrori dei campi di sterminio e della politica di concentramento e poi di distruzione del popolo ebraico da parte del Terzo Reich, ma non conosciamo pressoché nulla del secondo olocausto del Novecento, quello consumato nell’assedio di Sarajevo dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996, durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina. Margaret Mazzantini nel suo romanzo Venuto al mondo (Mondadori, 2008 e Premio Campiello 2009) racconta la verità scomoda e urticante di un popolo in ginocchio, osservato dal punto di vista dell’italiana Gemma, partita per Sarajevo prima per fare delle ricerche per la sua tesi di laurea, dopo per aiutare gli amici che vi aveva lasciato. Durante il primo viaggio incontra quelli che saranno insieme a lei i protagonisti della storia: Gojko, poeta burbero, innamorato della sua terra, di sua madre e della sorellina Sabina, che si infatua di Gemma sin dal principio, ma che reciterà la parte del migliore amico fino alle ultime pagine del romanzo; e Diego, fotografo genovese, esuberante, eterno Peter Pan, una personalità hippy che affascina e attrae irrimediabilmente l’animo borghese, pacato e prevedibile di Gemma, che è ormai alle soglie del matrimonio con un uomo che non è certa di amare. Scoppia la passione fra Gemma e Diego, ma il tempo per il loro amore non è ancora arrivato. L’indecisione porta la donna a fare delle riflessioni su se stessa e sulla sua vita:
Pesci, pensai, non siamo altro che pesci… branchie che si gonfiano e si chiudono… poi viene un gabbiano che dall’alto ci prende e mentre ci smembra ci fa volare, forse questo è l’amore.
Gemma, piena di dubbi e contraddizioni, torna a Roma dove sposa il suo fidanzato, cercando di tornare alla sua vita di sempre. Ma il destino vuole che i due si rincontrino tempo dopo e che il matrimonio di Gemma fallisca. Tra Gemma e Diego nasce un rapporto fuori dalle righe, passionale e moderno, i due prendono in affitto un loft e presto vanno a vivere assieme. Gli anni passano e quella che sembrava un’avventura di passaggio si trasforma nell’amore di tutta una vita, ma l’insoddisfazione è sempre dietro l’angolo. Il dramma di Sarajevo farà da cornice a un altro dramma, quello personale di Gemma che vuole diventare madre ma non può. Lei, da donna sterile qual è, non fa che voltarsi e vedere in giro donne arrotondate dalle forme della gravidanza e si sente irrimediabilmente una donna a metà, come si evince da questo passo del libro:
Non ho più il ventre di una madre, è bene che mi ci abitui, sarò un’amante tutta la vita. Una creatura adatta a un sesso senza conseguenze.
Comincia così il lungo travaglio di visite mediche e di speranze disilluse, anche per la possibilità dell’inseminazione artificiale. Il desiderio di Gemma diventa ossessione e, trascinandosi dietro anche Diego, più immaturo e meno pronto di lei, porta alla decisione estrema di una gravidanza surrogata. L’occasione perfetta si presenta a Sarajevo, siamo nel 1992 adesso, otto anni dopo il primo incontro fra Diego e Gemma, quando la disperazione e gli scontri armati portano all’estremo molte donne in cerca di denaro e di una via di fuga dalla città. Una di queste è Aska, una “madonna punk” come viene descritta, che accetta di consumare un rapporto con Diego e di generare un figlio verso il quale non potrà accampare nessun diritto dopo la nascita. Il figlio nasce, Gemma riesce a scappare dall’assedio insieme al piccolo e Diego, ormai cambiato, distrutto dalla guerra e dall’eroina, decide di restare e poco dopo vi troverà la morte. La narrazione si sposta così vent’anni dopo, Gemma dopo essere rimasta vedova si è risposata ed è madre del giovane Pietro, che noi sappiamo non essere davvero figlio suo. Viene contattata dal vecchio amico Gojko per tornare a Sarajevo e assistere all’apertura di una mostra fotografica delle opere di Diego. La donna parte e costringe il figlio a seguirla. Sarà un viaggio di riscoperta della memoria e dei segreti del passato.
La narrazione di Venuto al mondo si articola su tre archi temporali, che vengono alternati grazie a flashback e flashforward, tra il 1984, il 1992 e gli anni 2000, in un gioco che mira a tenere il mistero centrale del libro, ovvero di chi in realtà è figlio Pietro, celato fino alla fine. La prosa molto forte e spesso prolissa, della Mazzantini, cruda e drammatica ed intrisa di struggente lirismo, trova rappresentazione nell’esaltazione di alcune scene e nel carattere bohémien dei personaggi nel film omonimo di Sergio Castellitto del 2012 (non all’altezza del romanzo), che vede una matura e sensibile Penelope Cruz nel ruolo della complicata Gemma, e l’attore statunitense Emile Hirsch nei panni di Diego, che viene rappresentato non come un fotografo genovese ma americano, probabilmente per sottolineare la sua esuberanza e l’incontrollabile e genuina voglia di vivere che attraggono da subito Gemma.