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’Nuns healing hearts’. Al MAXXI la mostra fotografica contro la tratta di esseri umani

Conte

Si terrà martedì 1 marzo 2022 alle 18.00 presso la Sala Graziella Lonardi Buontempo del Museo MAXXI a Roma l'Opening Event della mostra fotografica “Nuns healing hearts” di Lisa Kristine contro la tratta di persone. La mostra è organizzata dall’imprenditrice culturale Claudia Conte in collaborazione con il Global Solidarity Fund a favore dell’Unione Internazionale delle Superiori Generali e di Talitha Kum

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Biennale FOTO/INDUSTRIA 21 BOLOGNA “Food” fino al 28 novembre 11 mostre fotografiche

foto

La Fondazione MAST presenta la quinta edizione di Foto/Industria, la prima Biennale al mondo dedicata alla fotografia dell’Industria e del Lavoro, che si svolgerà a Bologna dal 14 ottobre al 28 novembre, con la direzione artistica di Francesco Zanot: 10 mostre in sedi storiche del centro cittadino e una al MAST. Titolo di Foto/Industria 2021 è FOOD, un tema di fondamentale importanza per il suo inscindibile legame con macroscopiche questioni di ordine filosofico e biologico, storico e scientifico, politico ed economico.

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Matteo Delbò, documentarista e film-maker, tra principio di realtà e verità

Matteo Delbò film-maker

Luoghi, visi, persone, strumenti tecnologici che fanno da tramite tra una realtà e il proprio sguardo, le proprie idee, i propri pensieri. In questo microcosmo si muove il fotografo e film-maker milanese Matteo Delbò che ha girato per il mondo munito di mezzi tecnologici e di onestà intellettuale. Il principio di realtà è alla base del suo lavoro che consiste nel fotografare e nel riprendere situazioni particolari

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Giuseppe la Spada, artista ‘interdisciplinare’: ‘Comprendendo l’acqua forse si comprende il segreto della vita’

Giuseppe la Spada

L’arte dunque non è ciò che è mondo per dirla come Karl Kraus, non si tratta di una questione di gusti, ma di scavalcare orizzonti, compiendo qualcosa di nuovo. In tal senso l’artista “interdisciplinare” Giuseppe La Spada ispirato da natura, poesia e suono, e da sempre interessato alle tematiche ambientali, cerca di operare come fa la natura, riproducendo con tecniche digitali e con la fotografia la sua attività. Protagonista di molti lavori del poliedrico Giuseppe la Spada è l’acqua, elemento usato come pretesto per parlare del rapporto Uomo-Natura, riflettendo su ciò che c’è sotto la superficie, facendo emergere l’indicibile che acquista consistenza in una atemporalità sospesa tra suono e segno.

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La natura in vitro: sette movimenti per raccontare la storia della Terra nell’opera multimediale di Frans Lanting

Natura

Sette movimenti per raccontare la storia dello sviluppo della Terra e della vita su di essa, dalle prime cellule fino agli esseri, al momento, più evoluti. Sette movimenti ispirati a musiche già composte, ma che, insieme, raggiungono una forza emotiva inaspettata, lasciando l’ascoltatore in balia degli elementi naturali e delle creature che popolano e che hanno popolato il mondo. Da Philip Glass non ci si poteva aspettare che questo, un concerto capace di far vibrare ogni molecola del corpo e così sentirsi parte di un cosmo totale e totalizzante. Life: A Journey Through Time, però, non è solo questo. L’opera, concepita come multimediale, non riesce ad esprimersi, se non attraverso la musica, tralasciando quella che in realtà sarebbe dovuta essere la principale protagonista: la fotografia di Frans Lanting.

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Le meraviglie del precinema: il cannocchiale anversano e il diorama nello scrigno, tra arte e letteratura

precinema-diorama

Un mondo sconosciuto agli albori del cinema e della stessa fotografia, ma non meno immaginifico e dinamico di quello inaugurato dai fratelli Lumière. Un universo composto di dettagli, un microcosmo fatto di particolari e finezze che stimolano la fantasia, l’ingegno, il sogno. Certi oggetti (e certi mondi) si scoprono, magari, per caso. Si fa scricchiolare il vecchio parquet di una casa-museo ad Anversa, come potrebbe essere quella del pittore fiammingo Rubens, e si vede spuntare nel mobilio – tra i ritratti, i baldacchini e gli utensìli… – un manufatto unico: si tratta di un grande scrigno di mogano, ancora lucido e intatto, alto e affusolato, con al centro una lente da cannocchiale. Il Seicento è un secolo pieno di cannocchiali, non solo per la fama che ad essi ha dato Galileo, ma perché la loro storia inizia proprio nella vicina Olanda. D’altra parte Emanuele Tesauro, il grande letterato barocco italiano, intitola nel 1654 la sua opera più conosciuta, quasi un “manifesto” del barocco come lo conosciamo, Il cannocchiale aristotelico, dove la metafora, l’acutezza e l’ingegno acquistano per la prima volta nella storia il loro grande prestigio. Il vero problema, tornando al nostro scrigno, è che esso è chiuso. La domanda è: a cosa può mai servire un cannocchiale per vedere all’interno di una scatola chiusa? L’ottica, se lo osserviamo bene, è inversamente proporzionale a quella di Galileo, dove il cannocchiale punta invece verso gli astri, aprendosi all’infinitezza di altri mondi e scoprendo, tra le altre cose, i crateri lunari: qui il cannocchiale – una semplice lente – punta a un interno buio e serrato. Un altro complesso ossimoro dell’età dei riccioli e della meraviglia? Può darsi, ma come in ogni buon ossimoro, dietro c’è una verità.

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Antonia Pozzi, voce “leggera” del Novecento che ha colto l’essenza della vita e del mondo

Antonia Pozzi

Come ha giustamente affermato lo studioso Marco della Torre, «la poesia di Antonia Pozzi rimane, più che mai oggi, una delle voci liriche più sofferte e più pure, più luminosamente illimpidite, della poesia lirica italiana di questo secolo».1 Così scriveva qualche anno fa Dino Formaggio, che frequentò intensamente Antonia Pozzi negli anni universitari. Un commento audace, ma ormai sempre più condiviso. Del resto, già molti anni prima, Eugenio Montale annotava nell’edizione mondadoriana di Parole: «Tecnicamente la sua lirica deriva dal verslibrisme del principio del secolo e da certe esperienze di Ungaretti: voce leggera, pochissimo bisognosa di appoggi, essa tende a bruciare le sillabe nello spazio bianco della pagina […]. Un’aerea uniformità era il suo limite più evidente: la purezza del suono e la nettezza dell’immagine il suo dono nativo».

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Napoli: ‘le stazioni d’arte’ di Francesco Ferone

Napoli-francesco Ferone

Napoli,tra le città più belle e probabilmente tra le più afflitte da stupidi stereotipi al mondo, è l'oggetto della arte del talentuoso fotografo Francesco Ferone, che con il suo lavoro sulle stazioni d'arte partenopee, mette in evidenza l'interazione che si crea tra i viaggiatori delle metropolitane e le rappresentazioni artistiche al loro interno, mostrando come questo rapporto contribuisca ad aggiungere valore alle opere stesse, creando qualcosa di unico.

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