Il precario gioca la sua poetica finale, da outsider, come sempre, ma lasciando una scia profonda d’insegnamento ai posteri. Frammenti di un precario (Les Flâneurs Edizioni, 2019), del giornalista barese Giuseppe Di Matteo, già collaboratore de «Il Giorno», Telenorba e «La Gazzetta del Mezzogiorno», rappresenta una carezza sul capo dolente degli Ungaretti, Quasimodo e Saba: la sua poesia pianta nel panorama letterario ultra-contemporaneo un ermetismo 2.0 dallo stile godibile, pervaso d’attualità, che si esprime in schegge pregne di ricordi di viaggio, spinte da pavide emozioni della disillusa generazione “Z” e illuminate da fasci di luce di un lessico mescolato tra classicismo fondante e calembours transalpini.
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