Lo scrittore toscano Federigo Tozzi è un classico che gode di una paradossale fortuna: sempre più studiato, ma tutt’ora poco letto; ormai da tempo assurto nel canone (soprattutto grazie a Debenedetti e Baldacci), ma in forme particolarmente mosse e dibattute. Il che, certo, dipende anche dal carattere scorciato ed ellittico delle sue narrazioni, i cui vuoti, disorientanti per il lettore ingenuo, hanno variamente sollecitato la critica. Del resto, se classico è quell’autore che «non ha mai finito di dire quel che ha da dire», Tozzi lo è in modo particolare; anche perché, con lui, più se ne sa, e meno si può concludere; più si guardano da vicino i suoi testi, e più si rivelano nuovi spessori.
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