Non gli hanno mai perdonato niente e la disparità del metro di giudizio esercitato nei confronti dei suoi film salta agli occhi anche al più accanito dei nemici. Ma il fatto è che Pasquale Squitieri, morto settantottenne lo scorso 18 febbraio notte a Roma per le conseguenze di assortite e gravi malattie, non avrebbe chiesto il perdono neppure a domineddio e tantomeno al microcosmo del cinema italiano di cui ha fatto parte e tuttavia ha sfidato nel corso dell’intera vita. Se è stato definito l’escluso meno docile del ramo, del resto, è proprio perché dal remoto 1969 dell’esordio fino al 2014 della cupa parabola distopica di “L’altro Adamo” l’uomo prim’ancora del professionista ha lottato senza moderare i termini, retrocedere d’un passo o smussare gli spigoli contro un’immagine fuorviante e sbrigativa di se stesso che pure contribuiva paradossalmente a modellare
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