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Antoon Van Dyck in mostra
Antoon Van Dyck, Ritratto dei tre figli maggiori di Carlo I, 1635, Galleria Sabauda, Torino.

‘Boldini e Van Dyck’: la mostra alla Galleria Sabauda di Torino

Con la mostra Boldini guarda Van Dyck. Bambini nel tempo, inaugurata lo scorso giovedì 29 settembre, lo Spazio Confronti della Galleria Sabauda di Torino ospita il secondo suggestivo «dialogo» tra opere. Dopo il primo appuntamento dedicato ai due dipinti di Botticelli, infatti, questa volta il nuovo confronto è tra due ritratti che, al di là del soggetto, sono davvero «distanti» e non solo nel tempo.

Il primo dipinto rappresenta uno dei capolavori appartenenti alla collezione fiamminga della famiglia Sabauda, I figli di Carlo I d’Inghilterra, olio su tela del 1635, del grande maestro Antoon Van Dyck (Anversa, 1599- Londra, 1641) a confronto con Ritratto del piccolo Subercaseaux, dipinto nel 1891 da Giovanni Boldini (Ferrara, 1842- Parigi, 1931), opera giunta per la prima volta a Torino dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, città natale del pittore.

La ricerca della resa minuziosa della realtà, l’uso dei colori ad olio, il ritratto del viso con la posa di tre quarti sono i caratteri propri di quella pittura definita fiamminga, in quanto originatasi e sviluppatasi nelle Fiandre (attuale Paesi Bassi) nel corso del Quattrocento, e che nel Seicento conobbe uno straordinario sviluppo nel genere del ritratto soprattutto con l’attività del pittore di Anversa Antoon Van Dyck.  È proprio in quella Inghilterra del Seicento che vedeva sul trono Carlo I Stuart che Van Dyck – allievo e amico del pittore Pieter Paul Rubens, altro importante rappresentante della ritrattistica fiamminga – divenne il primo pittore di corte; occupandosi esclusivamente di ritratti di vario formato dei membri della famiglia reale e del suo mecenate raffigurato in pose differenti.

Van Dyck e Boldini: l’infanzia d’élite a confronto

Ritornando alle due opere a confronto in mostra a Torino, è dunque l’infanzia, nelle vere fisionomie dei bambini, come in una moderna fotografia, ad essere fissata sulla tela dai due massimi maestri del ritratto. Il dipinto di Van Dyck, con i principini del re d’Inghilterra: Carlo, Maria e Giacomo, duca di York, rende evidente l’immagine del ritratto ufficiale che il grande maestro fiammingo realizzò nel 1635 su commissione della moglie del re, la regina Enrichetta Maria, come dono da inviare alla sorella Cristina di Francia, moglie di Vittorio Amedeo I di Savoia. Il dipinto di Boldini, invece, ritrae uno dei due figli del diplomatico cileno Ramón Subercaseaux Vicuña e fu realizzato da Boldini intorno al 1880 a Parigi, dove, dopo la frequentazione della cerchia dei Macchiaioli a Firenze, conobbe John Singer Sargent e forse su suggerimento dell’amico commissionò alcuni ritratti, dedicandosi a quella serie fortunata di dipinti di signore e personaggi che egli non abbandonerà mai e che lo renderanno celebre come il pittore alla moda della borghesia parigina.

Accanto alla capacità di ritrarre le fisionomie naturali altro elemento indispensabile in tal genere pittorico che mette in rilievo l’altezza dei due maestri del ritratto è la capacità di indagare l’intimità psicologica dei soggetti la quale emerge, nel caso dei tre principini, dagli sguardi curiosi e vivaci. L’espressività dei bambini, infatti, non sembra rispondere alle esigenze di rappresentazione dinastica richieste dal committente, eccetto lo sguardo penetrante del futuro Carlo II, al pari del piccolo Subercaseaux, nel caso del dipinto di Boldini, dove, però, l’undicenne appare sul divano in una posa non proprio composta, facendo supporre l’insofferenza del fanciullo per le prolungate sedute di posa. Il «dialogo» tra le due opere, infine, si fonde nella resa pittorica di Boldini il quale dimostra qui l’ispirazione per la ritrattistica fiamminga, nell’uso dei colori ad olio nei toni del grigio, del bianco e del nero, dopo un viaggio in Olanda e in Inghilterra.

L’allestimento è visitabile sino all’8 gennaio del 2017.

 

About Alda Scognamiglio

Sono una giovane storica dell'arte napoletana, laureata in Archeologia e Storia dell'arte presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II. Convinta della necessità e dell'utilità dell'arte come specchio per conoscere la realtà, sono alla continua ricerca del modo migliorare di comunicare l'arte. Attualmente scrivo per Novecento Letterario occupandomi della sezione Arte.

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