Nonostante intorno all’opera di Volponi si registri ormai un notevole risveglio di interesse, confermato dalla pubblicazione di due raccolte di letture critiche (Nell’opera di Paolo Volponi, numero monografico di «Istmi» e E Volponi ci manca, numero speciale di «Hortus») e di alcuni scritti inediti, permangono delle zone d’ombra su questioni teorico-letterarie di indubbia importanza, nonché su alcuni aspetti, e non quelli meno significativi, inerenti alla precisazione della sua poetica, soprattutto correlati all’apporto degli intellettuali con i quali lo scrittore urbinate intratteneva costanti scambi culturali; il riferimento è a Leonetti, Roversi, ma anche a Fortini, Pampaloni e Giudici che lavoravano con lui alla Olivetti di Ivrea e, in particolare, a Pasolini che Volponi ha sempre considerato uno dei suoi maestri: «dico sempre – dichiarava in un’intervista rilasciata nel 1988 e pubblicata dopo la sua morte – che ho avuto due maestri nella vita, uno è Pier Paolo Pasolini, l’altro è Adriano Olivetti».
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