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Addio a Jean-Luc Godard, tra i massimi pionieri della storia del cinema

Godard

Jean-Luc Godard è il regista che, insieme agli altri componenti della Nouvelle vague – il movimento che caratterizzò la cinematografia francese sul finire degli anni Cinquanta – ha iniziato una delle rivoluzioni iconografiche più importanti del Novecento e ha cambiato per sempre non solo il modo di fare film e raccontare storie, ma anche il modo di fruirle. In un lasso di tempo relativamente breve, tra il 1960 e il 1967, Godard girò 15 pellicole attraverso cui operò una vera e propria rivoluzione, cambiando i codici stessi del linguaggio cinematografico: un’eredità dalla quale i grandi film d’autore non possono prescindere. Un esempio sono le connessioni stilistiche tra i film di Godard e quelli di Wes Anderson, di Quentin Tarantino o di Xavier Dolan, solo per citarne alcuni.

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‘I due stendardi’, il cult di Rebatet tradotto per la prima volta in italiano segna il ritorno della casa editrice Settecolori

rebatet i due stendardi

Ritorna la casa editrice Settecolori: in arrivo il cult di Lucien Rebatet I due stendardi e il romanzo “La fionda” di Jünger. Fondata da Pino Grillo, è ora guidata dal figlio Manuel. In passato ha pubblicato opere di Nico Perrone, Maurizio Serra, Maurizio Cabona, Alain de Benoist e Alberto Pasolini Zanelli. Un preannunciato ritorno in grande stile, sia pure in pieno lockdown Covid-19, della gloriosa casa editrice fondata nel 1978 da Pino Grillo. In passato, oltre a pubblicare scritti di Stenio Solinas, Grillo ha fatto conoscere in Italia opere di Robert Brasillach, Jean Cau, Langendorf, Maurizio Cabona, Alain De Benoist, Drieu La Rochelle, ha stampato testi di Giuseppe Berto, Alberto Pasolini Zanelli, Nico Perrone e Maurizio Serra (Fratelli separati. Drieu, Aragon, Malraux, 2008. Vincitore Premio Acqui Storia, 2008).

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‘Il filo nascosto’, l’ultimo capolavoro di P.T. Anderson che accosta con rigore narrativo i misteri della creazione artigianale a quelli dei rapporti di coppia

Il filo nascosto

Mentre gli uomini amano svestire le donne, lo stilista Reynolds Woodcock, fulcro della moda britannica, che abbaglia anche la famiglia reale, ama vestirle per trasformarle in feticci privati di una volontà di dominio che le sublima nel momento in cui le imprigiona. Se Day-Lewis con il suo sguardo sfuggente ed enigmatico giganteggia –ancorché non gli giovi l’eccessiva affettazione del doppiaggio italiano- nel ruolo inventato a partire da figure storiche del cinico e anaffettivo protagonista di Il filo nascosto è perché P. T. Anderson gli costruisce attorno, appunto, come con l’ago, il filo e il centimetro, una tela di comportamenti, gerarchie, nevrosi e rituali su cui la cinepresa indaga cercando di scioglierne l’intrinseco rebus. Quasi sempre serrato nelle stanze del lussuoso edificio che riunisce abitazione e atelier del sarto più venerato della Londra anni 50, il film candidato a sei Oscar, ma in ogni caso già iscritto al novero dei cult-movie, utilizza il tema della moda come un mezzo anziché un fine, riuscendo ad avvicinare con una rigorosa strategia narrativa (sino a correre il rischio di estenuare gli spettatori) i misteri della creazione artigianale/artistica a quelli dei rapporti amorosi/morbosi di coppia.

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In morte di Jeanne Moreau, colei che ha ridefinito lo statuto di attrice europea

jeanne moreau

Jeanne Moreau era Jeanne Moreau molto prima della Nouvelle Vague e lo sarebbe stato anche molto dopo. Tuttavia ad oggi ancora la ricordiamo per il contributo che ha dato a quella stagione incredibile del cinema e come, tra la fine degli anni ‘50 e la fine dei ‘60, abbia ridefinito lo statuto di attrice europea, di fatto creando un precedente, delle orme che prima e non esistevano e altre dopo di lei hanno potuto percorrere.

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In morte di Jacques Rivette

Jacques Rivette

Da qualche tempo era affetto da Alzheimer, Jacques Rivette, il raffinato regista esponente della Nouvelle Vague, che si è spento a ottantasette anni il 29 gennaio scorso a Parigi. Nato a Rouen nel 1928, Rivette, si trasferisce a Parigi per studiare presso la Sorbonne ma ben presto sceglie la cinefilia collaborando alla “Gazette du cinéma” e sui celebri “Cahiers du cinéma” (di cui è stato anche direttore nel 1963) e stringendo amicizie registi come Astruc, Godard e Rohmer.

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